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Legionellosi: tecniche di trattamento delle acque e torri evaporative

Legionellosi: tecniche di trattamento delle acque e torri evaporative

Un documento riporta linee di indirizzo per la prevenzione della diffusione della legionella. Focus sulle tecniche di trattamento dell’acqua, sui problemi delle torri evaporative e sulle azioni correttive negli impianti esistenti.

 

Milano, 28 Feb – Torniamo a parlare di rischio biologico, ma non con riferimento, in questo caso  al nuovo coronavirus. Ci soffermiamo sulla legionella e in relazione al rilevante aumento dei casi di legionellosi avvenuti in questi ultimi anni.

Se si vuole incidere sulla riduzione dei casi o quantomeno impedirne l’aumento, “a fianco della continua attenzione nei settori tradizionali occorre una rinnovata attenzione sui settori sinora lasciati unicamente alla gestione di rimedio e non di prevenzione”.

 

E si ritiene indispensabile che in ogni Regione “venga istituito il catasto delle torri di raffreddamento ad umido e dei condensatori evaporativi, con il contributo dei comuni che, tramite specifiche ordinanze, dovranno provvedere alla raccolta dei dati del proprio territorio su modulistica predisposta dalla Regione, invitando al contempo i gestori di tali impianti alle corrette pratiche di manutenzione e di gestione. Alcune Regioni hanno già provveduto in tal senso con apposita normativa”.

 

A fornire queste informazioni per migliorare la prevenzione delle malattie causate dalla legionella è il documento “Linee di indirizzo per la prevenzione della diffusione della Legionella” prodotto da un Gruppo di Lavoro della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione ( CIIP), uno “strumento di condivisione di conoscenze tra operatori del mondo della prevenzione e tecnici della climatizzazione” in riferimento al rischio legionella.

 

Riprendiamo dal documento un’immagine relativa alla distribuzione percentuale dei casi per potenziale esposizione all’infezione (Rapporto annuale ISS sulla legionellosi in Italia nel 2018 – novembre 2019):

 

 

Dopo aver riportato, in un precedente articolo del giornale, indicazioni utili per minimizzare il rischio di contaminazione da legionella, ci soffermiamo oggi su altri aspetti:


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Le tecniche di trattamento delle acque

In relazione alle strategie di prevenzione e disinfezione, nel documento - a cura di Francesca Romana d'Ambrosio, Luisa Biazzi, Norberto Canciani, Susanna Cantoni, Luca Alberto Piterà, Katia Razzini e Francesco Santi – si descrivono le tecniche di trattamento dell’acqua.

 

Si indica che il trattamento dell’acqua destinata a uso lavaggio e sanificazione “può essere effettuato con metodi fisici e chimici”. In generale, “i metodi fisici non sono inquinanti, sono facilmente attivabili e controllabili, ad esempio con un monitoraggio del valore della temperatura, e garantiscono l’efficacia del trattamento se opportunamente effettuati. I metodi chimici prevedono l’uso di sostanze chimiche, spesso difficili da dosare e tenere sotto controllo, il che può creare problemi in termini di rispetto delle caratteristiche organolettiche, fisico-chimiche e microbiologiche definito dalle norme in vigore; inoltre, l’attivazione e il controllo del trattamento sono più complessi e l’efficacia del trattamento non è sempre garantita”.

 

I metodi di trattamento - trattamenti fisici e trattamenti chimici - possono “essere effettuati in continuo, quando il trattamento viene eseguito per tutto il periodo di funzionamento dell'impianto idraulico, o sotto forma di trattamento d'urto, o shock, normalmente utilizzato in seguito al rilevamento di una concentrazione del batterio della  legionella nell’impianto oltre certi valori di soglia, compreso tra 1000 e 10.000 CFU/l e che può essere utilizzato solo per una breve durata e ripetuto dopo poche settimane”.

 

Nelle linee di indirizzo per ogni metodologia sono indicati:

  • vantaggi
  • eventuali svantaggi
  • limitazioni all’uso
  • congruità dei costi

 

Ci soffermiamo, a titolo esemplificativo, su un trattamento fisico.

 

Si parla, ad esempio, di shock termico.  

Il metodo “consiste nell'aumentare la temperatura dell'acqua calda sanitaria fino a valori compresi tra 70-80°C, continuamente per 3 giorni, erogando per 30 - 60 minuti e verificando che la temperatura dell’acqua nei punti di erogazione sia pari o superiore a 60-65°C. La procedura da impiegare è la seguente:

  • aumentare la temperatura dell'acqua calda a 70 °C per almeno mezz'ora;
  • aprire completamente i rubinetti nei punti da verificare;
  • verificare che la temperatura di tali punti è infatti 70 °C per almeno cinque minuti e che non scenda sotto i 60°C”.

Queste alcune indicazioni presenti nelle tabelle:

  • Vantaggi
    • buona efficienza in reti di distribuzione ben isolate e con biofilm di piccolo spessore.
    • assenza di apparecchiature particolari;
    • possibilità di attivazione immediate;
    • caratteristiche dell’acqua invariate;
    • assenza di impatto ambientale, grazie al mancato uso di prodotti chimici;
    • facilità di esecuzione;
    • a temperature superiori a 60 ° C circa il 90% delle colonie attive presenti nelle reti di distribuzione idrica vengono distrutte.
  • Limitazioni all’uso
    • non può essere utilizzato se tubazioni e serbatoi sono in acciaio zincato;
    • negli impianti in cui non sia possibile garantire un valore di temperatura pari a 60 °C ai terminali di erogazione, è necessario suddividere la rete di distribuzione in circuiti più piccoli e applicare lo shock termico a rotazione in ciascun circuito.
  • Costi
    • costi energetici elevati. 

 

Queste le altre metodologie presentate nel documento:

  • Pastorizzazione
  • Radiazione Ultravioletta (UV)
  • Filtri terminali estraibili 
  • Clorazione e iperclorazione
  • Trattamento con diossido di cloro
  • Ionizzazione con ioni di rame e argento
  • Trattamento con perossido di idrogeno e sali di argento

 

I problemi delle torri evaporative

Il documento indica poi che le torri evaporative, con le reti idriche, “sono gli impianti maggiormente a rischio da legionella, come ampiamente dimostrato dai numerosi casi in cui sono state responsabili di epidemie, generalmente dovute a mancanza di manutenzione dell’impianto e al fatto che le torri evaporative si trovano all’aperto e quindi l’aerosol in esse prodotto viene diffuso in atmosfera”.

 

Ed è quindi “molto importante, nella progettazione delle torri e degli edifici che si trovano in loro prossimità, tener conto della direzione prevalente del vento e posizionare correttamente le prese d’aria e le aperture degli edifici. Bisogna anche valutare la qualità dell’aria, soprattutto in termini di particolato e di materie organiche in sospensione nell’aria, che possono partecipare allo sviluppo di microrganismi favorevoli alla proliferazione della Legionella”.

 

Senza voler entrare nel merito dei criteri progettuali di una torre di raffreddamento e agli interventi attuabili in torri di raffreddamento esistenti – continua il documento – “è evidente che la necessità di ridurre il rischio da legionella comporta un’attenta progettazione della rete idrica, con particolare focus sui seguenti componenti:

  • sistema di distribuzione dell’acqua;
  • pacchi/superficie di scambio;
  • bacini di raccolta acqua raffreddata;
  • protezione sull’aspirazione dell’aria;
  • accessibilità delle zone critiche in generale attraverso botole d’ispezione;

con speciale riferimento a:

  • lo scarico, che deve essere posizionato nel punto più basso del bacino di raccolta dell’acqua fredda;
  • i possibili punti di ristagno dell’acqua, che devono essere eliminati, - lo sportello di accesso al livello della parte superiore del riempimento, che deve permettere l’accesso anche al sistema di spruzzo;
  • i separatori di gocce, che devono essere resistenti alla corrosione, pulibili e ben installati;
  • i deflettori, che nel caso di torri a tiraggio indotto devono impedire l’aspirazione di inquinanti dall’ambiente, eliminare la fuoriuscita di spruzzi d’acqua dal bacino e mantenere nell’oscurità l’acqua nel bacino per sfavorire l’eventuale crescita di alghe o di altri microrganismi;
  • la scelta dei materiali, secondo quanto esposto ai punti precedenti.

 

Le azioni correttive relative agli impianti esistenti

Il documento riporta poi alcune azioni correttive negli impianti esistenti.

 

Rimanendo sempre sui criteri generali “va ricordato che gli interventi che riguardano la sostituzione dei separatori di gocce, degli ugelli di spruzzo, dei pacchi di scambio e dei deflettori di ingresso dell’aria rientrano nella normale conduzione e manutenzione dell’impianto”.

 

Infine alcuni altri interventi che possono incidere sul rischio da legionella sono:

  • “l’aumento della portata di acqua in circolo, che può determinare una modifica della distribuzione dell’acqua calda e anche del tipo di separatore di gocce fino alla distruzione parziale o totale del pacco di scambio e a un accrescimento del tasso di trascinamento delle goccioline;
  • la variazione della potenza di ventilazione, che può modificare il campo di velocità dell’aria all’interno del separatore di gocce e causare un trascinamento di goccioline superiore a quello previsto;
  • l’aumento della potenza termica dissipata, che porta a una maggiore evaporazione;
  • l’aggiunta di deflettori di ingresso aria sulle torri a flusso indotto e quella di paraventi nelle grosse celle industriali, che riducono la possibilità di trascinamento dal bacino a causa di vento trasversale;
  • l’aggiunta di passerelle di accesso all’interno delle celle industriali, per facilitare interventi di ispezione e pulizia su separatori di gocce, ugelli di spruzzo e pacchi di scambio e aggiunta di coperchi per canali o bacini di distribuzione di acqua fredda per minimizzare ulteriori rischi di trascinamento, derivanti dalla parte superiore dei separatori di gocce;
  • la garanzia dell’inclinazione del bacino in torri esistenti con l’inserimento, all’interno del bacino esistente, di una pannellatura aggiuntiva in metallo o vetroresina;
  • l’aggiunta di una cuffia direzionale per l’aria in ingresso per impedire l’aspirazione di aria calda e sporca, scaricata da altri impianti, e di una cuffia sulla mandata per impedire il flusso di aria umida verso finestre o in altre direzioni eventualmente critiche;
  • la modifica dell’involucro e di eventuali canali di ingresso e di uscita dell’aria per assicurare la presenza di idonei accessi per una facile ispezione e pulizia, soprattutto dei separatori di gocce e della distribuzione dell’acqua;
  • l’eliminazione di bracci morti che, se presenti o non rimovibili, dovrebbero essere spurgati frequentemente, cosi come le tubazioni di bilanciamento nel caso di torri in parallelo; Infine, sarebbe buona regola marcare i punti di prelievo utilizzati durante le analisi”.    

 

Concludiamo segnalando che il documento CIIP, che vi invitiamo a leggere integralmente, si sofferma anche su vari altri aspetti inerenti le criticità degli impianti, la legislazione e gli esempi di casi di studio.

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione, “ Linee di indirizzo per la prevenzione della diffusione della Legionella”, documento prodotto dal Gruppo di Lavoro CIIP coordinato da Francesca Romana d'Ambrosio (AiCARR) e composto da Luisa Biazzi (ANPEQ), Norberto Canciani (Ambiente & lavoro), Susanna Cantoni (CIIP), Luca Alberto Piterà (AiCARR-cocoordinatore), Katia Razzini (UNPISI), Francesco Santi (AIAS) (formato PDF, 1.61 MB). 

 

 

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Rispondi Autore: Crispino Mario - likes: 0
28/02/2022 (12:41:42)
Ottimo approfondimento. Chiedo: c'è l'obbligo di controllo della presenza della legionella negli ambienti di lavoro (docce, rubinetti sanitari, ecc.)?Se si quale disposizione di legge bisogna seguire?). Grazie e cordiali saluti

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