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Danni per fumo passivo sul luogo di lavoro

Si è aperta una nuova fase della vicenda giudiziaria che ha coinvolto un'agenzia bancaria milanese, i cui due dirigenti nel marzo scorso sono stati condannati in primo grado a 3 mesi con la condizionale per omicidio colposo, essendo stati riconosciuti colpevoli della morte di una dipendente, colpita da una crisi respiratoria favorita dalla prolungata esposizione al fumo passivo nell'ambiente di lavoro.

La donna era affetta da asma allergico cronico fin dall'infanzia, con frequenti riacutizzazioni che avevano portato al riconoscimento dell'invalidità civile nella misura del 45%.
Addetta al centralino, aveva segnalato in piu' occasioni il peggioramento delle sue condizioni a causa del fumo di sigaretta respirato nella sua postazione di lavoro, ed aveva chiesto di essere trasferita presso un diverso ufficio o che venisse rispettato il divieto di fumo nella reception.

I dirigenti sono stati condannati in primo grado per non avere adottato le misure preventive necessarie e per non aver preteso l'applicazione del divieto di fumo nelle zone comuni come quella dove la donna lavorava.

Ora gli avvocati dei familiari della bancaria hanno presentato l'istanza di risarcimento di un milione e mezzo di euro per i danni morali subiti dal marito e dal figlio, per il danno biologico alla donna per la sofferenza patita tra l'insorgere della crisi e la morte, e per danni patrimoniali.

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