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Benessere lavorativo: vivere nel proprio spazio di lavoro

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Luoghi di lavoro

26/11/2013

Un ambiente di lavoro ben progettato, in grado di rispondere alle specifiche esigenze di chi ci lavora, influisce positivamente sul benessere lavorativo: coordinamento, arredi e lay-out.

 
Un ambiente di lavoro ben progettato, in grado di rispondere alle specifiche esigenze di chi ci lavora, influisce positivamente sul benessere lavorativo, influenzando la produttività del singolo e del gruppo, favorendo rapporti di qualità sia all’interno del gruppo che con i clienti. Ciò implica coordinare varie attività, dall’individuazione degli arredi alla predisposizione del lay-out, partendo da un’analisi della singola azienda che consideri tutti i suoi aspetti, quantitativi e qualitativi.
 
Vivere nel proprio spazio di lavoro
Di Lucia De Antoni
 
Un’adeguata progettazione degli ambienti di lavoro ricopre un importante ruolo nel garantire elevati livelli di benessere organizzativo anche in termini di produttività e di performance.
In che modo l’ambiente fisico di lavoro può influire sulla salute fisica dei lavoratori è abbastanza chiaro. Se una persona lavora a contatto con sostanze tossiche, per esempio, il collegamento fra ambiente fisico e potenziali conseguenti problematiche di salute non necessita di approfondimenti.
Meno evidente è verificare le influenze a livello psicologico, ambito in cui il dato principale è come i lavoratori interpretano le caratteristiche di questi spazi, e quindi i risvolti sui loro comportamenti, considerando che probabilmente ciò che incide non è solo un elemento, ma la combinazione di vari elementi, la configurazione totale di varie caratteristiche.
 


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Comfort funzionale: quale legame con soddisfazione lavorativa e produttività
Gli aspetti ambientali del posto di lavoro includono elementi quali, per esempio, il rumore, l’ illuminazione, la qualità dell’aria, il comfort dal punto di vista della temperatura, la disposizione degli arredi e l’ergonomia, gli aspetti legati ai processi come la possibilità di partecipare alla progettazione, ma anche agli obiettivi organizzativi.
Se le condizioni ambientali non sono adeguate ciò si ripercuote negativamente sul senso di soddisfazione lavorativa ma anche sulla produttività. Maggiormente collegato ancora alla soddisfazione e alla produttività è il concetto di comfort funzionale, secondo il quale le persone necessitano di più che “semplicemente” un ambiente di lavoro salutare e sicuro; necessitano di un ambiente in grado di sostenere le attività da loro svolte. Questo va oltre al tradizionale concetto di comfort basato sulla misurazione delle reazioni dei lavoratori alla variazione di condizioni ambientali, come temperatura, umidità, ventilazione e illuminazione. Il concetto di comfort funzionale collega gli aspetti psicologici positivi e negativi dell’ambiente dei lavoratori con misure concrete relative al miglioramento delle prestazioni nei compiti e all’efficacia del team.
Il modo in cui un ambiente di lavoro è progettato, il suo lay-out, influisce infatti anche sulla prestazione lavorativa, sull’impegno dei lavoratori, sulla sviluppo di nuove competenze nell’organizzazione e sulla crescita del “capitale umano”, aspetto intangibile dell’organizzazione che, assieme al capitale organizzativo e a quello relazionale, costituisce il capitale intellettuale e fa parte del patrimonio “immateriale” di un’azienda. E’ rappresentato, infatti, dal fattore umano, più precisamente dagli elementi non fisici peculiari delle persone, come il sapere, le competenze, le esperienze e in genere le qualità personali e umane messe in campo.
In questo contesto il termine “comportamento” assume un significato molto ampio che comprende non solo le azioni e le reazioni, ma anche le attitudini, i sentimenti, le aspettative, i valori e le credenze di chi lavora. La relazione tra chi utilizza l’ambiente di lavoro e l’ambiente stesso è qualcosa di dinamico e interattivo, e parte dell’esperienza di chi utilizza un dato ambiente fino a includere le conseguenze dei suoi comportamenti. Chi utilizza un ambiente non è solo un rigido contenitore passivo di esperienze; la sua esperienza dell’ambiente è, a sua volta, trasformata dalle attività che si possono svolgere in quel dato spazio.
Ciò significa concentrarsi sulle caratteristiche fisiche osservabili, ma anche sugli atteggiamenti che le persone hanno verso un particolare ambiente, ed è quindi importante il loro livello di soddisfazione percepita. Da alcune ricerche emerge che la soddisfazione è influenzata da elementi quali la luce indiretta, i sistemi di ventilazione, l’accesso alla luce naturale, gli arredi e il livello di partecipazione ai processi decisionali rispetto a questi elementi. La soddisfazione ambientale è quindi una misura implicita non solo dell’efficienza dell’ambiente di lavoro, ma anche della soddisfazione del lavoro.
Il concetto di comfort funzionale collega la valutazione ambientale dei lavoratori ai requisiti delle attività che devono svolgere e questo significa andare oltre al giudizio di “mi piace” o “non mi piace”. Mentre il comfort fisico cerca di andare incontro ai bisogni umani di base, come sicurezza, igiene e accessibilità, il comfort funzionale viene considerato come un supporto allo svolgimento dei compiti e alle attività del lavoratore.
 
Adattabilità degli spazi, motivazione al lavoro e creatività
Quanto un ambiente può essere considerato supportante e quanto no? La differenza tra un ambiente che supporta e uno che non supporta si valuta dal grado in cui chi lo occupa può conservare le sue energie e le sue risorse attentive per svolgere i suoi compiti, piuttosto che spenderle per fronteggiare condizioni ambientali avverse quali l’illuminazione, la ventilazione e il rumore, condizioni che causano stress e che hanno quindi conseguenze negative sulla produttività. Quindi il comfort fisico caratterizzato anche da illuminazione appropriata, arredi ergonomici, disponibilità di spazi definiti per riunioni e lavori di gruppo aiuta indubbiamente nell’assicurare un comfort funzionale.
Altro elemento importante è l’adattabilità degli spazi. Uno spazio di lavoro non può essere progettato per essere definitivo e sostenere qualsiasi attività o compito, in maniera indifferenziata, ma piuttosto deve essere adattabile e negoziabile. Deve possedere caratteristiche tali da consentire ai lavoratori di adattarsi con successo, al di là del tempo e al di là dei cambiamenti nei compiti richiesti, al fine di ottimizzare il comfort e gestire con successo lo stress.
Avere la possibilità di adattare il proprio spazio di lavoro incide anche su un aspetto molto importante rispetto al benessere lavorativo: la motivazione. La motivazione è la spinta sostanziale che muove la persona all’azione. La dedizione al lavoro e la disponibilità ad affrontare i sacrifici, in termini sia di investimento di energie sul lavoro sia di organizzazione della propria vita privata, sono tra gli aspetti più significativi del fatto che i dipendenti vivano positivamente l’ambiente e l’organizzazione del lavoro. Se la persona arriva al lavoro felice di iniziare una nuova giornata, alla ricerca di nuovi traguardi, ciò risponde al suo bisogno di autorealizzazione, ma contemporaneamente incide sulla qualità delle sue prestazioni lavorative e quindi sulla produttività. Il concetto di motivazione implica anche il sentirsi riconosciuti e riconoscersi nel proprio ambiente di lavoro, anche fisico. Quali caratteristiche dell’ambiente possono favorire ciò? L’utilizzo di uno spazio, anche quello di lavoro, è da considerarsi soddisfacente se, oltre a servire per lo scopo per il quale è stato progettato, lascia all’individuo uno “spazio di gioco”, in qualche modo, uno spazio all’immaginazione del singolo. L’eccesso di funzionalità può ostacolare una “crescita” nella persona che frequenta quel dato ambiente e renderla in qualche modo prigioniera dell’utilizzo specifico. Più gli ambienti sono flessibili e permettono alle persone di adattarseli, più si prestano a una gestione poliedrica della propria immagine, più contribuiscono a un’attività di rielaborazione creativa, indirizzata verso bisogni espressi e inespressi. Sostengono l’autovalutazione del singolo circa la propria capacità di autodeterminarsi, di compiere atti “creativi” e “responsabili”, di adeguarsi ai tempi attivamente.
Ciò è collegato anche al concetto di “controllo sull’ambiente”, alla percezione di controllo da parte del lavoratore, che si sviluppa sostanzialmente su due livelli: un controllo meccanico-strumentale e uno di responsabilizzazione. Favorire il controllo sull’ambiente evidenzia effetti positivi, anche attraverso, per esempio, la scelta di determinati tipi di arredi e sistemi di illuminazione per il cui utilizzo il lavoratore viene adeguatamente informato. Un’altra forma di controllo ambientale è la responsabilizzazione, favorendo le possibilità del lavoratore di partecipare al processo di decisione su come realizzare un determinato spazio di lavoro. L’accesso a queste opportunità aiuta la persona a gestire le richieste ambientali e la incoraggia a individuare nuove strategie per risolvere i problemi, evitando di incorrere nel rischio di sviluppare demotivazione e senso di impotenza appresa.
 
Lo spazio fisico come “mezzo di comunicazione”
Queste considerazioni non possono tralasciare l’importanza che lo spazio fisico riveste nell’interscambio comunicativo e collaborativo tra i membri di un’azienda. Spazio quindi inteso in quanto “mezzo di comunicazione” che deve conciliare il bisogno di privacy del singolo, il processo cioè con cui ogni individuo si rende più o meno accessibile agli altri, con l’esigenza di incrementare e facilitare la comunicazione tra i lavoratori, i rapporti sociali e collaborativi. Ciò richiede un’analisi che tenga in considerazione aspetti e bisogni diversi, individuali e collettivi, tra loro in relazione dinamica in quanto lo spazio personale del singolo si modifica proprio secondo le relazioni instaurate con gli altri nei vari contesti.
 
 
 
 
 


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