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Sui requisiti dell’autonomia del lavoratore autonomo

L’affidamento in appalto ad un lavoratore autonomo è tale se lo stesso è fornito delle attrezzature e dell’organizzazione necessarie per svolgere il proprio lavoro in assoluta autonomia e senza alcuna ingerenza da parte del committente. Di G.Porreca.

 
 
 
Commento a cura di Gerardo Porreca.
 
Il lavoratore autonomo è tale se è fornito delle attrezzature e della organizzazione necessarie per assumere il lavoro in appalto e svolgerlo in assoluta autonomia in mancanza della quale lo stesso è da considerarsi sostanzialmente quale lavoratore che opera alle dipendenze del committente. E’ quanto emerge dalla lettura di questa sentenza della Corte di Cassazione penale la quale precisa anche, nel ribadire quanto già spesso sostenuto nella giurisprudenza consolidata, che nel caso di un appalto il committente è sollevato dai relativi obblighi soltanto ove i lavori siano appaltati per intero cosicché non possa esservi nessuna ingerenza da parte dello stesso committente nei confronti dell’appaltatore.
 

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Il caso e l’imputazione
Il Tribunale ha ritenuto il coordinatore per la sicurezza nonché progettista e direttore dei lavori per quanto riguarda la costruzione di un capannone nonché il legale rappresentante dell’impresa appaltatrice colpevoli del delitto di lesioni personali colpose gravi commesse, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di un subappaltatore e li ha condannati, rispettivamente, alla pena di un mese e di due mesi di reclusione ed al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita. La Corte di Appello ha successivamente confermata la sentenza del Tribunale.
 
Era successo che l’infortunato nell'eseguire lavori di impermeabilizzazione e di coibentazione della copertura di un capannone, parte dei quali gli erano stati affidati in subappalto, era precipitato da un'altezza di circa 12 metri, passando attraverso un lucernario esistente sulla copertura, riportando gravi lesioni. Secondo l'accusa, condivisa dai giudici del merito, i due imputati, in cooperazione tra di loro, avevano cagionato al lavoratore le gravi lesioni per colpa generica e specifica, quest'ultima costituita, secondo quanto risulta dal capo d'imputazione, dalla violazione dell’articolo 5, comma 1, lettera b) del D. Lgs. n. 494/1996 e dell’articolo 68 del D. P. R. n. 164/1956, non avendo gli stessi provveduto a munire e/o a vigilare affinché le aperture presenti sulla copertura, in particolare quella attraverso la quale era precipitato il lavoratore, fossero munite di parapetto e tavola ferma piede.
 
Il ricorso e le motivazioni
Avverso tale sentenza della Corte di Appello i due imputati hanno fatto ricorso alla Corte di Cassazione chiedendone l’annullamento. Il coordinatore direttore dei lavori, in relazione al comportamento dell’infortunato che non aveva fatto uso nella circostanza di cintura di sicurezza, ha posto in evidenza che lo stesso lavorava in cantiere non come lavoratore subordinato ma di prestatore d’opera autonomo, Analogamente il rappresentante legale della ditta appaltatrice ha contestata una erronea applicazione nella circostanza della legge penale non avendo la Corte di Appello tenuto conto dell’esistenza di un regolare contratto di appalto tra la ditta appaltatrice ed il lavoratore infortunato con il quale erano stati regolati i rapporti tra le parti. Lo stesso ha fatto notare, altresì, che anche l’infortunato aveva sostenuto nella fase dibattimentale di essersi reso autonomo per guadagnare di più e di aver lavorato in tale veste sia per l’imputato che per altri committenti.
 
Le decisioni della suprema Corte di Cassazione
Entrambi i ricorsi sono stati rigettati dalla Corte di Cassazione la quale, con riferimento alla posizione del lavoratore infortunato, ha fatto osservare che la Corte di Appello  aveva negata l'esistenza di un vero e proprio contratto di subappalto tra l'imputato e l'operaio infortunato avendo considerato lo stesso un prestatore d'opera del tutto parificabile ad un lavoratore dipendente. A tale conclusione la Corte territoriale era pervenuta alla stregua delle risultanze probatorie acquisite in atti, dalle quali era emerso:
a) che l’infortunato era titolare di un'impresa individuale priva di dipendenti nonché, secondo quanto accertato dall'ispettore che ha compiuto le indagini, del tutto privo delle attrezzature necessarie per assumere il subappalto e svolgere il proprio lavoro in assoluta autonomia, circostanza che ha trovato anche conferma con quanto riferito dall'operaio infortunato che ha dichiarato di avere avuto dall’appaltatore le attrezzature ed il materiale necessario all'esecuzione dei lavori;
b) che in una nota inviata al committente dall’appaltatore imputato lo stesso ha chiarito la natura del rapporto intercorrente tra lo stesso ed il lavoratore autonomo il quale è stato chiamato d'urgenza non ad assumere in prima persona la responsabilità dei lavori a lui commissionati bensì ad affiancarsi ad esso nell'esecuzione degli stessi, nota nella quale gli stessi giudici hanno ravvisato una ulteriore conferma della posizione di lavoratore dipendente sostanzialmente ricoperta, nell'occasione, dall’infortunato;
c) che il contratto sottoscritto dalle due parti, prodotto in atti, risalente all'anno precedente, riguardava un altro cantiere ed altre lavorazioni, e dunque non poteva essere riferito ai lavori ed al cantiere oggetto del procedimento per cui allo stesso non si poteva attribuire alcun valore.
In caso di subappalto”, ha affermato la Sez. IV, “il subcommittente è sollevato dai relativi obblighi soltanto ove i lavori siano subappaltati per intero, cosicché non possa più esservi alcuna ingerenza da parte dello stesso nei confronti del subappaltatore", condizione quest'ultima non riscontrata nel caso in esame. Pur volendo ritenersi esistente un regolare contratto di subappalto, ha proseguito la suprema Corte, già solo il chiaro contenuto della nota inviata dall’appaltatore al committente, con l'espresso riferimento dell'affiancamento del subappaltatore all'impresa appaltatrice, e la stessa interdipendenza dei lavori svolti dagli stessi hanno indicato la condizione di subordinazione dell’infortunato all'imputato, quantomeno sotto il profilo organizzativo il che ha implicato necessariamente una ingerenza dell’appaltatore nella complessiva organizzazione e nell’esecuzione dei lavori eseguiti dall’infortunato facendo assumere quindi all’appaltatore una precisa posizione di garanzia nei suoi confronti. Anche la presenza del resto di un formale contratto di subappalto, ha ancora sostenuto la Sez. IV, non avrebbe consentito comunque all'imputato di eludere le proprie responsabilità potendo una tale esclusione “configurarsi solo nel caso in cui al subappaltatore fosse stata affidata l'esecuzione di lavori, pur determinati e circoscritti, da svolgersi in piena ed assoluta autonomia organizzativa e dirigenziale rispetto all'appaltatore sub committente”.
 
In definitiva, ha concluso la suprema Corte, al titolare della ditta, che aveva in parte subappaltato al lavoratore infortunato i lavori di impermeabilizzazione e coibentazione del capannone, spettava di intervenire per mettere in sicurezza il luogo di lavoro a garanzia dell'incolumità di tutti i lavoratori intenti a svolgere le mansioni loro affidate. La presenza dell'apertura sul tetto ove erano in corso i lavori subappaltati era, peraltro, immediatamente percepibile, così come il forte rischio che qualcuno, intento al proprio lavoro, potesse finirvi dentro e precipitare al suolo e quindi all'imputato, titolare della ditta che aveva subappaltato i lavori in corso sul tetto spettava, in prima battuta, di intervenire per mettere in sicurezza l'apertura verso il vuoto.
 
 
 
 
 


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