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Quali sono le responsabilità dei lavoratori in materia di sicurezza?

Quali sono le responsabilità dei lavoratori  in materia di sicurezza?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Lavoratori

22/07/2015

Un saggio di Olympus si sofferma sul ruolo, sugli obblighi e le responsabilità del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro. Focus sui casi di assenza di responsabilità, di responsabilità concorrente o di responsabilità esclusiva del lavoratore.

Urbino, 22 Lug – Se in questi anni il legislatore ha dato rilevanza al ruolo del lavoratore, al suo essere soggetto attivo della sicurezza, in tema di responsabilità gli inadempimenti del lavoratore vengono ora a determinare una inevitabile ricaduta sugli altri soggetti obbligati e incidono sulla imputazione e ripartizione delle responsabilità in ordine all’evento dannoso.
 
Ad affrontare il tema della responsabilità del lavoratore, con particolare riferimento agli orientamenti giurisprudenziali e al  Decreto Legislativo 81/2008, è un Working Paper - pubblicato daOlympus nel mese di giugno 2014 - dal titolo “ L’individuazione e le responsabilità del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro” e a cura di Mariantonietta Martinelli (Avvocato del Foro di Trani, Specialista in Diritto del Lavoro e Sicurezza Sociale presso l’ Università di Bari). Un Working Paper  su cui PuntoSicuro si è già soffermato in passato sia con riferimento al  ruolo attribuito dalla normativa al lavoratore sia in relazione agli  obblighi generali e specifici sanciti dall’articolo 20 del D.Lgs. 81/2008.

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Affrontiamo il tema della responsabilità, partendo dalla possibilità di assenza di responsabilità del lavoratore.
 
Il breve saggio ricorda innanzitutto che “condizione necessaria e sufficiente per la configurabilità di responsabilità in capo al lavoratore inadempiente agli obblighi di sicurezza è che il datore di lavoro abbia, a sua volta, adempiuto agli obblighi, soggettivi e oggettivi, posti dalla legge a suo carico”, in particolare, degli “obblighi di prevenzione tecnica e organizzativa, di informazione e formazione e, infine, di vigilanza e controllo”.
E dunque “secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale”, il datore di lavoro è “sempre considerato responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non avendo alcun effetto esimente, per l’imprenditore che abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative prescrizioni, l’eventuale concorso di colpa del lavoratore”. In poche parole l’inosservanza delle norme prevenzionali  - da parte di datore di lavoro, dirigente e preposto- ha “valore assorbente rispetto al comportamento del lavoratore, la cui condotta, pertanto, può assumere rilevanza, solo dopo che da parte dei soggetti obbligati, siano state adempiute le prescrizioni di loro competenza”.
E dunque  non potrà essere ascrivibile alcuna responsabilità al lavoratore “dal momento che tale evento lesivo è da ricondurre proprio alle omissioni e/o alle mancate o insufficienti misure e cautele approntate dal datore di lavoro e dai suoi collaboratori”, e “nessuna rilevanza, in tali condizioni, assume il comportamento del lavoratore che, per quanto negligente o persino assurdo, non risulti imprevedibile, ad es., perché già ripetutamente tollerato in precedenza” ( Cass. pen., sez. IV , 31 maggio 2012, n. 21205).
 
Sono segnalate, tuttavia, alcune pronunce che, riguardo alla responsabilità civile, “hanno evidenziato, pur in caso di inadempimento all’obbligo di sicurezza da parte dello stesso datore di lavoro, l’importanza di un’indagine preventiva sul nesso di causalità in presenza di un concorso di cause colpose o di cooperazione colposa del lavoratore, giungendo, in tali casi, a ridurre proporzionalmente, ma non a escludere, la misura della responsabilità datoriale”.
 
In ogni caso i risultati raggiunti dalla giurisprudenza - ai fini della individuazione della responsabilità  e della colpa del datore di lavoro - attribuiscono in sostanza “rilevanza decisiva all’elemento della prevedibilità e della evitabilità dell’evento dannoso verificatosi, con l’ordinaria diligenza professionale, richiesta al datore di lavoro ai sensi del d.lgs. n. 81/2008 (Cass. civ., sez. lav., 11 aprile 2013, n. 8861).
 
Veniamo ora alla situazione di responsabilità concorrente del lavoratore.
 
Se dunque “i principali soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza abbiano adempiuto ai propri doveri/obblighi di informazioni, formazione, preparazione e cooperazione, può assumere rilevanza, nella imputazione e ripartizione delle responsabilità, il comportamento inadempiente agli obblighi di sicurezza del lavoratore, che se pur non esonera il datore di lavoro da responsabilità, ben può cooperare colposamente a causare l’evento dannoso”. Infatti la prestazione resa dal lavoratore senza l’osservanza delle prescrizioni per la tutela e la salute della sicurezza del lavoro “pone, infatti, in essere una condotta inadempiente che pur non essendo sufficiente a far venir meno la responsabilità del datore, concorre con essa. Si determina, in tal caso, un concorso di cause colpose”. E la condotta colposa del lavoratore “dovrà essere valutata in relazione alla violazione e alle mancanze del datore di lavoro e degli altri soggetti obbligati”.
 
Se, come abbiamo visto in precedenza, il lavoratore ha “diritto di aspettarsi che il datore di lavoro lo metta nelle condizioni migliori per lavorare, il datore di lavoro ha, da parte sua, il corrispondente diritto di attendersi, una volta compiuto quanto gli spetta, che il lavoratore faccia quel che deve; ha, insomma diritto di fare affidamento sull’esatto adempimento da parte del lavoratore del proprio dovere”.
 
Ricordiamo che il datore di lavoro è chiamato a “vigilare e controllare il lavoratore nell’espletamento della sua prestazione. Egli dovrà verificare, in particolare, che i lavoratori rispettino la normativa e le disposizioni impartite, utilizzino i mezzi e i dispositivi di protezione ricevuti in dotazione e sfuggano alla tentazione, sempre presente, di compiere atti o manovre rischiose, ovvero instaurino prassi di lavoro non corrette, potendo il medesimo datore, non essere chiamato a rispondere, ancorché in concorso con il lavoratore, solo ove dimostri di aver vigilato attivamente sul suo operato, ovvero rimanendone corresponsabile, ove il lavoratore, intenzionalmente, sia venuto meno al suo obbligo formativo”.
 
Ma fino a che punto deve spingersi l’attività di controllo e di vigilanza del datore di lavoro?
Una recente sentenza ( Cass. civ., sez. lav., 22 novembre 2012, n. 20597) ha affermato “che l’obbligo di vigilanza non implica un controllo costante su ogni lavoratore né il dovere di assicurare la presenza del preposto dietro ogni lavoratore o di organizzare il lavoro in modo da moltiplicare verticalmente i controlli fra dipendenti, richiedendosi, solo, una diligenza rapportata al concreto lavoro da svolgere e, cioè, alla ubicazione del medesimo, all’esperienza e specializzazione del lavoratore, alla sua autonomia, alla prevedibilità della sua condotta, alla normalità della tecnica di lavorazione”. Condivisibile è il ragionamento di chi ha sostenuto “che l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro debba essere interpretato tenendo conto del livello di competenza acquisita dal lavoratore anche grazie alla formazione ricevuta”.
 
Se in definitiva “con la sua condotta avventata, disattenta ovvero negligente, imprudente o imperita, il lavoratore adeguatamente informato e formato abbia determinato o contribuito a causare l’evento dannoso, ne risponderà in termini di concorso di colpa e il datore di lavoro che resta il principale soggetto obbligato (sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e non vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente), vedrà una proporzionale riduzione delle sue responsabilità”.
 
Rimandando ad un lettura integrale del breve saggio, ricco di riferimenti a sentenze e pronunce in materia di responsabilità, concludiamo con alcuni cenni al caso della responsabilità esclusiva del lavoratore.
 
Secondo l’orientamento della giurisprudenza, è ravvisabile una responsabilità esclusiva del lavoratore, “in caso di dolo – che in questa materia si identifica con l’autolesionismo – o di c.d. rischio elettivo, da lui posti in essere” (un rischio ravvisabile ad esempio quando l’attività svolta non sia relazionabile con la prestazione lavorativa o si spinga ben oltre i limiti della stessa).
E anche lo svolgimento di attività potenzialmente rischiose “può determinare una sua condotta gravemente colposa che, se ha avuto efficacia determinante, nella causazione dell’evento, determina il sorgere di responsabilità esclusiva a suo carico”: “il lavoratore deve rispettare l’obbligo di adottare le modalità che si appalesino, in concreto, le meno pericolose, ovvero deve astenersi dallo svolgimento delle stesse”.
Ed è ravvisabile una sua responsabilità esclusiva “quando il suo comportamento, per il carattere anomalo o esorbitante, rispetto alle sue mansioni o alle procedure aziendali e/o alle direttive organizzative ricevute, risulti del tutto imprevedibile e, come tale, inevitabile, nonostante la corretta e puntuale attuazione in azienda del sistema prevenzionale voluto dalla legge”.
 
Come più volte ricordato dal nostro giornale per assumere i connotati di unica causa efficiente dell’evento il lavoratore deve mettere in atto un comportamento abnorme e, dunque, fuori da qualsiasi controllo da parte delle persone preposte: “deve essere stato posto in essere, ad es., del tutto autonomamente e al di fuori delle mansioni attribuitegli (e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro), ovvero deve essere consistito in qualcosa di assolutamente imprevedibile da parte del datore di lavoro, ovvero pur rientrando nelle mansioni che gli sono proprie, sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte che il lavoratore potrebbe compiere nella esecuzione del lavoro, ovvero, infine, deve essere stato realizzato dal lavoratore con dolo, cioè con la consapevolezza di violare le cautele impostegli”.
 
In definitiva  è necessario, dunque, “che il lavoratore abbia posto nel nulla situazioni di pericolo create dal datore di lavoro o eliminandole o modificandole in modo tale da non poter essere più a quest’ultimo attribuite: in tal caso, pur essendo la condotta del datore di lavoro (o degli altri suoi collaboratori responsabilizzati dalla normativa) colposa e, persino, di per sé idonea a causare l’evento dannoso, essendo intervenuto, successivamente, un comportamento del lavoratore assolutamente eccezionale, esorbitante e imprevedibile, quella condotta datoriale non assume efficienza causale rispetto all’evento, restandone il lavoratore l’unico responsabile”.
 
 
 
Olympus - Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro, “ L’individuazione e le responsabilità del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro” e a cura di Mariantonietta Martinelli (Avvocato del Foro di Trani, Specialista in Diritto del Lavoro e Sicurezza Sociale presso l’Università di Bari), Working Paper di Olympus 37/2014 inserito nel sito di Olympus il 26 giugno 2014 (formato PDF, 402 kB).
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 
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Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
25/07/2015 (12:07:55)
Significativa è anche la recente sentenza della Cassazione Penale sez. IV, n° 31229 del 17 luglio 2015.

Il caso riguardava una lavoratrice di una ditta di pulizie investita da un carrello all'interno del magazzino "prodotto finito".
Oltre al dirigente delegato condannato in primo e secondo grado, il ricorso in cassazione è stato rigettato anche per il lavoratore carrellista investitore della dipendente dell'impresa di pulizia con le seguenti motivazioni:

"In tema di infortuni sul lavoro, deve ritenersi concorrente nel delitto, per la violazione delle norme di prudenza, diligenza e di prevenzione degli infortuni, il lavoratore dipendente che - alla guida di un mezzo privo di idoneo posto di manovra e senza la presenza di incaricati alle segnalazioni, in condizioni di precaria visibilità e, quindi, di estrema pericolosità - investe una persona causandogli lesioni. Il lavoratore dipendente, infatti, pur non potendo ingerirsi nell'organizzazione aziendale, ha l'obbligo di rifiutarsi di operare in simili condizioni di estremo rischio per la sicurezza collettiva, con la conseguenza che l'accettazione del rischio connesso all'esecuzione, in tali condizioni, della propria prestazione comporta l'inevitabile associazione dello stesso lavoratore alla responsabilità per gli eventi lesivi in concreto provocati."

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