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La ricollocazione dei lavoratori divenuti inabili alle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Lavoratori

25/05/2006

Disponibile on line uno studio sull’applicazione della Legge 68/99.

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La legge 12 marzo 1999, n. 68, recante “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, ha dettato un’apposita normativa anche a tutela dei lavoratori divenuti fisicamente incapaci allo svolgimento delle proprie mansioni dopo l’assunzione.

A pochi anni dalla sua entrata in vigore, due ricercatrici dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale hanno verificato lo stato di applicazione di tali disposizioni, raccogliendo quanto emerso in una pubblicazione, ora disponibile on line.

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La legislazione prevede che i dipendenti divenuti definitivamente inidonei all’espletamento delle loro consuete attività a seguito di malattia o infortunio, devono, se possibile, essere ricollocati in altre mansioni, anche inferiori, con diritto alla retribuzione originaria, potendo essere licenziati solo nell’eventualità in cui in azienda non siano reperibili mansioni compatibili con il loro attuale stato di salute.

Per agevolare le imprese, essi potranno essere computati, inoltre, se la riduzione della loro capacità lavorativa è superiore al 33% (infortunio o malattia professionale), oppure pari o superiore al 60% (infortunio o malattia extraprofessionale), nelle cosiddette quote di riserva, destinate ai disabili da assumere obbligatoriamente attingendo dall’apposita graduatoria tenuta dagli uffici provinciali competenti, in modo da ridurne il numero.
I lavoratori inidonei licenziati, invece, previo accertamento delle capacità residue, potranno essere avviati, sempre a cura degli uffici provinciali competenti, ad altre aziende, senza inserimento nella graduatoria dei disabili disoccupati, e con diritto di precedenza rispetto a questi ultimi.

Lo svolgimento dell’indagine sullo stato di applicazione di queste disposizioni ha incontrato numerosi ostacoli, in primo luogo la difficoltà a conoscere le autentiche dimensioni del fenomeno.

Permangono, inoltre, difficoltà interpretative; “sarebbe anche utile – rilevano le autrici - […] che il Ministero del lavoro confermasse o annullasse il contenuto della circolare di chiarimento n. 4/00, nella parte in cui - equiparando, in maniera errata, lo stato di “disabilità” alla condizione di “inabilità allo svolgimento delle proprie mansioni” - ha favorito, e continua a favorire una prassi ormai consolidata presso parecchi uffici provinciali del lavoro, ma, a nostro avviso, del tutto illegittima, non solo precisando esattamente quali lavoratori divenuti disabili dopo l’assunzione debbono essere computati nelle quote di riserva, ma anche specificando, nel caso in cui in esse debba essere conteggiati soltanto quelli sostanzialmente incapaci di svolgere le proprie mansioni:
a) se gli uffici provinciali competenti, prima di includerli nelle predette quote, abbiano il dovere di verificare la loro effettiva inidoneità all’espletamento delle precedenti attività, oltre che la reale sussistenza in azienda di mansioni compatibili con le loro nuove condizioni di salute, e l’avvenuta ricollocazione;
b) quali organismi, sanitari e non, debbano essere deputati a tali accertamenti.
Secondo quanto emerso, infatti, dalla nostra ricerca, oggi, salvo qualche eccezione, questa indagine preventiva non viene effettuata, visto che, per legge, i Comitati tecnici, sulla base dell’accertamento della disabilità operato dalle Commissioni di accertamento delle Asl, o dalle équipes multidisciplinari dell’Inail, devono occuparsi esclusivamente dei disabili da avviare in nuove aziende, e non anche degli inidonei da ricollocare.”

Concludono la pubblicazione duecomplementi, uno normativo ed un altro giurisprudenziale.

 

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