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La Cassazione sullo stato di salute dei lavoratori e i compiti in azienda

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Lavoratori

09/12/2008

Per ottemperare all’obbligo normativo di tenere conto dello stato di salute dei lavoratori, nell’affidare i compiti in azienda, il datore di lavoro deve fare riferimento alla figura insurrogabile del medico competente. A cura di G. Porreca.

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Commento a cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).
 
L’art. 4 comma 5 lettera c) del D. Lgs. n. 19/9/1994 n. 626, oggi sostituito con l’art.  18 comma 1 lettera c) del D. Lgs. n. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, disponeva fra gli obblighi generali del datore di lavoro, di tenere conto, nell’affidare i compiti ai lavoratori in azienda, delle loro capacità nonché  delle loro condizioni in rapporto alla loro salute e sicurezza.
 

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Con questa sentenza la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che tale verifica, preventiva alla attività lavorativa, deve essere affidata alla figura del medico competente quale definito ed individuato nell’art. 2 comma 1 lettera d) dello stesso D. Lgs. n. 626/1994 (ora art. 38 del D. Lgs. n. 81/2008), professionista dotato di specifica qualificazione e che non può essere assolutamente surrogato da altri medici. Viene, altresì, indicato che il reato corrispondente alla violazione di cui all’obbligo sopraindicato è di natura permanente e non istantanea e cessa nel momento in cui il datore di lavoro provvede ad effettuare i dovuti accertamenti anche dopo l’inizio della attività lavorativa e ciò in coordinamento con quanto stabilito dall’art. 16 dello stesso D. Lgs. n. 626/1994 (ora art. 41 del D. Lgs. n. 81/2008) sulla sorveglianza sanitaria in base al quale il controllo dello stato di salute e della presenza di eventuali controindicazioni all’attività svolta è di natura continua essendo previsto dalle disposizioni di legge sia una visita medica preventiva all’affidamento delle mansioni che un controllo periodico durante lo svolgimento delle stesse finalizzate a verificare il perdurare delle condizioni di idoneità.
 
Il caso riguarda la condanna da parte di un Tribunale alla pena della ammenda di euro 1.600,00 del Presidente del Consiglio di Amministrazione e consigliere di una cooperativa, contravvenzionato per avere omesso, nell'affidare i compiti ai lavoratori indicati sul libro matricola, di tenere conto delle loro capacità in rapporto alle loro condizioni di salute, non segnalando al medico di lavoro competente per gli accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro da assegnare gli stessi lavoratori assunti e ciò in violazione appunto dell’art. 4 comma 5 lettera c) del D. Lgs. n. 626/1994 oggi sostituito con l’art.  18 comma 1 lettera c) del D. Lgs. n. 81/2008.
 
Avverso tale decisione l’imputato ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione sostenendo che la previsione normativa in esame non prevede un obbligo specifico di segnalare al medico del lavoro i lavoratori assunti ma quello di accertarsi che l'affidamento dei compiti e delle mansioni sia stato preceduto da altre forme di verifica di compatibilità, quale ad esempio, non dovendosi necessariamente ricorrere al medico del lavoro, la verifica dell’esistenza di accertamenti medici effettuati dallo stesso lavoratore. Il ricorrente contestava, altresì, la natura permanente del reato invocando la prescrizione di esso.
 
La Corte di Cassazione ha però ritenuto il ricorso infondato e controribattendo le motivazioni addotte nel ricorso stesso ha formulato delle considerazioni che rappresentano certamente delle utili indicazioni per una corretta applicazione delle disposizioni dettate in materia dall’allora  D. Lgs. n. 626/1994 ed ora dall’attuale D. Lgs. n. 81/2008.
 
Per quanto concerne la prima questione posta dal ricorrente il Collegio ha osservato che tra le innovazioni più significative introdotte dal D. Lgs. n. 626/1994 vi è stata senz'altro quella di aver definito, nel solco già tracciato dal D. Lgs. n. 277/1991, sia il ruolo che i requisiti, le responsabilità, i compiti e le funzioni del medico competente, figura del resto questa già presente in precedenti testi normativi quali il D. P. R.  303/1956 (articolo 33).
 
Il legislatore, afferma la Suprema Corte, richiedendo che la figura del medico competente sia individuata sulla base di specifici parametri (specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica, o in tossicologia industriale, o in igiene industriale, o in fisiologia ed igiene del lavoro, o in clinica del lavoro ed altre specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro della Sanità di concerto con il Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica) e nel richiedere contestualmente anche una comprovata esperienza professionale del medico designato, ha inteso evidentemente individuare la figura di un medico di qualificata professionalità, in grado di diventare il collaboratore del datore di lavoro e del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione aziendale.
 
Ed è a questa figura che il datore di lavoro deve rapportarsi per le finalità indicate dall'articolo 4, comma 5, lettera c)”, prosegue la Sez III, “come si rileva dalla formulazione dell'articolo 16 che, dopo avere premesso al comma 1 che la sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente, inequivocabilmente stabilisce al comma successivo che la sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica".
 
Tutto ciò, afferma ancora la Corte, fermo restando naturalmente che la presenza del medico competente nell'azienda è obbligatoria a termini di legge solo nei casi in cui sussista l'obbligo della sorveglianza sanitaria, circostanza questa non contestata nella specie.
 
E’ chiaro, dunque, l'intento del legislatore di anticipare la tutela del lavoratore stesso sanzionando con l'articolo 89, lettera b) l'inadempimento dell'obbligo indipendentemente dalla idoneità effettiva del lavoratore a rivestire la mansione specifica o a svolgere la tipologia dei compiti assegnatigli. E dunque, nei casi in cui è richiesta, la funzione del medico competente non può essere altrimenti surrogata”.
 
In merito alla seconda motivazione del ricorso riguardante la natura del reato di cui all’art. 4 comma 5 lettera c) del D. Lgs. n. 626/1994, ritenuto dall’imputato istantaneo e non permanente, il Collegio ha dissentito anche da questa interpretazione considerandolo invece di natura permanente “e ciò in quanto, l'interesse dello Stato alla effettiva assunzione delle misure di salvaguardia della salute del lavoratore non è limitato alla fase che precede l'assegnazione dei compiti ma perdura per l'intero rapporto”.
 
La disposizione di cui all’art. 4 comma 5 lettera c) del D. Lgs. n. 626/1994, secondo la Sez. III, “contempla senza limitazione temporale alcuna l'obbligo per il datore di lavoro di affidare i compiti ai lavoratori tenendo conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza”. Inoltre tale disposizione “va evidentemente coordinata con quella dell'articolo 16 che ai fini della valutazione della idoneità alla mansione specifica dei lavoratori prevede che la sorveglianza sanitaria si eserciti non solo mediante accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati (articolo 16 comma 2, lettera a), ma anche attraverso gli accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica (articolo 16, comma 2, lettera b)”.
 
Secondo l’articolo 16 del D. Lgs. n. 626/1994, infatti, ribadisce la Corte, la sorveglianza sanitaria a carico del medico competente, va effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente e comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
 
Appare evidente, pertanto”, conclude la Suprema Corte, “che la sorveglianza sanitaria non è circoscritta alla fase che precede l'assegnazione alle mansioni del dipendente. Si deve, pertanto, necessariamente concludere, a parere del Collegio, per la natura permanente del reato perdurando l'obbligo della sorveglianza sanitaria anche nel corso dello svolgimento delle mansioni e, quindi, la condotta lesiva dell'interesse protetto sino a quando il datore di lavoro non ottemperi all'obbligo di procedere agli indicati accertamenti”
 
Per le considerazioni sopra esposte la Corte di Cassazione ha quindi ritenuto il reato addebitato all’imputato non prescritto nè all'epoca della decisione impugnata nè alla data della sentenza, così come del resto aveva correttamente affermato il giudice di merito.
 
 
 
 




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