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Infortuni in itinere e interruzioni
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La disposizione di legge che esclude dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gli infortuni in itinere in caso di interruzione non necessitata del normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro è costituzionalmente legittima. La definizione di “interruzione” deve essere comunque interpretata in armonia con la giurisprudenza in materia, secondo la quale una breve sosta, che non alteri le condizioni di rischio per l’assicurato, non integra l’ipotesi dell’”interruzione”.
Lo ha precisato l’ordinanza n.1/2005 della Corte Costituzionale alla quale il Tribunale di Trento aveva sottoposto la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), aggiunto dall'art. 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).
Al Tribunale di Trento si erano rivolti i superstiti di un lavoratore deceduto nel percorso luogo di lavoro-casa. L'assicurato si era fermato per non più di cinque minuti presso un esercizio di ristoro situato sul tragitto lavoro-casa senza deviazione alcuna e, ripreso il percorso verso la propria abitazione con la propria autovettura, era uscito di strada, rimanendo vittima di un incidente mortale.
Secondo il Giudice di Trento, la giurisprudenza aveva escluso l'indennizzabilità dell'infortunio solamente quando l'interruzione elettiva del percorso casa-lavoro (e viceversa) avesse avuto caratteri tali da determinare una situazione di rischio diversa da quella occasionata dallo svolgimento delle mansioni lavorative, mentre al contrario l'art. 2, terzo comma, del d.P.R. n. 1124 del 1965 escluderebbe dalla tutela assicurativa gli infortuni in itinere in ogni caso di interruzione non necessitata del normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro.
Ribadendo la legittimità costituzionale del contrario l'art. 2, terzo comma, del d.P.R. n. 1124 del 1965, aggiunto dall'art. 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, ha precisato che tale disposizione esclude dalla tutela assicurativa il caso di interruzioni o deviazioni a condizione che esse non siano affatto dipendenti dal lavoro o che, comunque, non siano necessitate, tuttavia prima ancora di verificare la sussistenza di questa condizione negativa perché l'infortunio non sia indennizzabile, “occorre che la soluzione di continuità nel tragitto compiuto dal lavoratore dalla propria abitazione al luogo di lavoro, e viceversa, abbia la connotazione e la consistenza di una vera e propria “interruzione”, per definire la quale occorre tener conto della giurisprudenza ordinaria, tanto più che il legislatore delegato (art. 55, comma 1, lettera u), della legge n. 144 del 1999, cit.) ha posto, come specifico criterio direttivo per disciplinare l'infortunio in itinere, proprio il recepimento dei princìpi giurisprudenziali consolidati in materia”.
L'esigenza del rispetto di tale criterio di delega (art. 76 della Costituzione) “richiede di interpretare la disposizione censurata, posta dal legislatore delegato, in modo che sia in armonia con la giurisprudenza in materia, secondo la quale una breve sosta, che non alteri le condizioni di rischio per l'assicurato, non integra l'ipotesi dell'“interruzione””.
Il Giudice di Trento, affermando un'assoluta equiparazione tra breve sosta e interruzione, muove quindi da un erroneo presupposto interpretativo.
Il testo completo dell’ordinanza è consultabile in Banca dati.
La disposizione di legge che esclude dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gli infortuni in itinere in caso di interruzione non necessitata del normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro è costituzionalmente legittima. La definizione di “interruzione” deve essere comunque interpretata in armonia con la giurisprudenza in materia, secondo la quale una breve sosta, che non alteri le condizioni di rischio per l’assicurato, non integra l’ipotesi dell’”interruzione”.
Lo ha precisato l’ordinanza n.1/2005 della Corte Costituzionale alla quale il Tribunale di Trento aveva sottoposto la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), aggiunto dall'art. 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).
Al Tribunale di Trento si erano rivolti i superstiti di un lavoratore deceduto nel percorso luogo di lavoro-casa. L'assicurato si era fermato per non più di cinque minuti presso un esercizio di ristoro situato sul tragitto lavoro-casa senza deviazione alcuna e, ripreso il percorso verso la propria abitazione con la propria autovettura, era uscito di strada, rimanendo vittima di un incidente mortale.
Secondo il Giudice di Trento, la giurisprudenza aveva escluso l'indennizzabilità dell'infortunio solamente quando l'interruzione elettiva del percorso casa-lavoro (e viceversa) avesse avuto caratteri tali da determinare una situazione di rischio diversa da quella occasionata dallo svolgimento delle mansioni lavorative, mentre al contrario l'art. 2, terzo comma, del d.P.R. n. 1124 del 1965 escluderebbe dalla tutela assicurativa gli infortuni in itinere in ogni caso di interruzione non necessitata del normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro.
Ribadendo la legittimità costituzionale del contrario l'art. 2, terzo comma, del d.P.R. n. 1124 del 1965, aggiunto dall'art. 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, ha precisato che tale disposizione esclude dalla tutela assicurativa il caso di interruzioni o deviazioni a condizione che esse non siano affatto dipendenti dal lavoro o che, comunque, non siano necessitate, tuttavia prima ancora di verificare la sussistenza di questa condizione negativa perché l'infortunio non sia indennizzabile, “occorre che la soluzione di continuità nel tragitto compiuto dal lavoratore dalla propria abitazione al luogo di lavoro, e viceversa, abbia la connotazione e la consistenza di una vera e propria “interruzione”, per definire la quale occorre tener conto della giurisprudenza ordinaria, tanto più che il legislatore delegato (art. 55, comma 1, lettera u), della legge n. 144 del 1999, cit.) ha posto, come specifico criterio direttivo per disciplinare l'infortunio in itinere, proprio il recepimento dei princìpi giurisprudenziali consolidati in materia”.
L'esigenza del rispetto di tale criterio di delega (art. 76 della Costituzione) “richiede di interpretare la disposizione censurata, posta dal legislatore delegato, in modo che sia in armonia con la giurisprudenza in materia, secondo la quale una breve sosta, che non alteri le condizioni di rischio per l'assicurato, non integra l'ipotesi dell'“interruzione””.
Il Giudice di Trento, affermando un'assoluta equiparazione tra breve sosta e interruzione, muove quindi da un erroneo presupposto interpretativo.
Il testo completo dell’ordinanza è consultabile in Banca dati.
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