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Benefici previdenziali per gli esposti all’amianto
Al 2 ottobre 2002 sono quasi 180mila le domande presentate in tutta l’Italia presso l’INAIL per l’ottenimento dei benefici previdenziali concessi ai lavoratori esposti per più di 10 anni all’amianto. Per 82mila lavoratori è stata riconosciuta l’esposizione al rischio amianto (dei quali 59mila per un periodo superiore a 10 anni e 23mila per un periodo inferiore). Coloro cui è stato negato il riconoscimento dell’esposizione sono 67mila, mentre quelli la cui domanda risulta ancora in istruttoria sono 29.600.
I dati in questione sono stati illustrati in un dossier pubblicato dall’Inail che ripercorre il cammino dei provvedimenti a salvaguardia dei lavoratori esposti e presenta le difficoltà attuali e le prospettive future.
I benefici, inizialmente previsti solo per i lavoratori della aziende del settore (estrazione, produzione e commercializzazione dell’amianto), sono stati estesi dalla legge del 4 agosto 1993, n. 271, a tutti gli operai che avessero lavorato nel settore amianto a prescindere dalle caratteristiche dell’impresa di cui erano stati dipendenti.
L’elevata quantità di domande per benefici previdenziali agli esposti all’amianto ha determinato una serie di contestazioni sfociate in massiccio contenzioso amministrativo e giurisdizionale.
Si pensi ad esempio alla questione riguardante i dipendenti delle ferrovie dello Stato esposti all’amianto che una sentenza della Corte Costituzionale ha ritenuto inclusi nelle agevolazioni.
I dati riguardanti le controversie sulla certificazione amianto “raffrontati al numero delle richieste amministrative fanno emergere che il maggior numero di cause in assoluto si registra in Campania, e che in Calabria si ha la percentuale più alta di conflittualità, con riguardo alle richieste in totale e a quelle respinte.”
I prepensionamenti hanno avuto gravi ripercussioni economiche nelle casse di Inail ed Inps.
“L’INPS stimò infatti il costo medio di un pensionamento anticipato dell’epoca intorno ai 400 milioni di lire, ai quali andava sommata la messa in circolazione di mano d’opera qualificata a spese dei giovani disoccupati e il calo di livello tecnologico della produttività delle aziende, private dei dipendenti con più esperienza.”
Nell’aprile 2002 il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha istituito un’apposita Commissione tecnica, presieduta da Giuliano Cazzola per risolvere la questione delle compatibilità di spesa delle disposizioni delle leggi che riconoscono tali benefici previdenziali. La Commissione Cazzola ha raccolto i suoi lavori in uno schema di disegno di legge composto di otto articoli.
“Il documento “ridefinisce” la normativa sulla materia proponendo l’abrogazione delle leggi in corso ed utilizzando le indicazioni della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, cui all’inizio si è accennato, nonché l’elaborazione e la sintesi dei disegni di legge già presentati in Parlamento.”
Il testo integrale del dossier è disponibile qui.
I dati in questione sono stati illustrati in un dossier pubblicato dall’Inail che ripercorre il cammino dei provvedimenti a salvaguardia dei lavoratori esposti e presenta le difficoltà attuali e le prospettive future.
I benefici, inizialmente previsti solo per i lavoratori della aziende del settore (estrazione, produzione e commercializzazione dell’amianto), sono stati estesi dalla legge del 4 agosto 1993, n. 271, a tutti gli operai che avessero lavorato nel settore amianto a prescindere dalle caratteristiche dell’impresa di cui erano stati dipendenti.
L’elevata quantità di domande per benefici previdenziali agli esposti all’amianto ha determinato una serie di contestazioni sfociate in massiccio contenzioso amministrativo e giurisdizionale.
Si pensi ad esempio alla questione riguardante i dipendenti delle ferrovie dello Stato esposti all’amianto che una sentenza della Corte Costituzionale ha ritenuto inclusi nelle agevolazioni.
I dati riguardanti le controversie sulla certificazione amianto “raffrontati al numero delle richieste amministrative fanno emergere che il maggior numero di cause in assoluto si registra in Campania, e che in Calabria si ha la percentuale più alta di conflittualità, con riguardo alle richieste in totale e a quelle respinte.”
I prepensionamenti hanno avuto gravi ripercussioni economiche nelle casse di Inail ed Inps.
“L’INPS stimò infatti il costo medio di un pensionamento anticipato dell’epoca intorno ai 400 milioni di lire, ai quali andava sommata la messa in circolazione di mano d’opera qualificata a spese dei giovani disoccupati e il calo di livello tecnologico della produttività delle aziende, private dei dipendenti con più esperienza.”
Nell’aprile 2002 il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha istituito un’apposita Commissione tecnica, presieduta da Giuliano Cazzola per risolvere la questione delle compatibilità di spesa delle disposizioni delle leggi che riconoscono tali benefici previdenziali. La Commissione Cazzola ha raccolto i suoi lavori in uno schema di disegno di legge composto di otto articoli.
“Il documento “ridefinisce” la normativa sulla materia proponendo l’abrogazione delle leggi in corso ed utilizzando le indicazioni della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, cui all’inizio si è accennato, nonché l’elaborazione e la sintesi dei disegni di legge già presentati in Parlamento.”
Il testo integrale del dossier è disponibile qui.
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