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Morti bianche in aumento

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Normativa

02/08/2007

Pubblicato il Rapporto annuale Inail 2006. Una lettura critica dei dati, per uscire dai luoghi comini. Le previsioni per il 2007.

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Uscire dai luoghi comuni nella lettura del fenomeno infortunistico. E’ quanto ha cercato di fare il Presidente dell’Inail, Vincenzo Mungari, presentando la pubblicazione del Rapporto Annuale Inail con i dati definitivi relativi al 2006.


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Il dato che in assoluto desta più preoccupazione è, però, quello delle morti bianche, tornate a crescere nel 2006 del 2,2 per cento, in contrasto con la tendenza al ribasso registrata nell'ultimo quinquennio (-11,9 per cento). I 1.302 casi mortali del 2006, infatti, sono 28 in più di quelli dell'anno precedente..

L’attuale attenzione sul problema della sicurezza sul lavoro ha fatto sì che l’Inail fornisse, negli ultimi dodici mesi, dati sugli infortuni sul lavoro ed elementi di conoscenza con continuità.
Il “Rapporto annuale  - afferma Mungasi - si pone, quindi,  non come rivelatore dei più recenti trend infortunistici ma piuttosto come una visione organica della situazione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali per aiutare sia gli addetti ai lavori sia l’opinione pubblica ad uscire dalla fase della “indignazione” per assumere quella della “reazione”.”

Le cifre.
Nel 2006 sono state 927.998 le denunce di infortuni pervenute all’inail:  circa 12.000 casi in meno del 2005, pari ad una flessione dell’1,3%.
“Il calo – afferma Mungasi - assume maggior rilievo se si tiene conto che nel 2006 il numero degli occupati è cresciuto del 1,9%.”
Il calo infortunistico è risultato più consistente in Agricoltura (-5,2%) e nell’Industria (-2,2%), mentre nei Servizi si assiste ad un lieve incremento (+0,2%).
Sono in crescita gli infortuni in itinere, passati complessivamente dai circa 89.000 casi del 2005 a quasi 91.000 del 2006 (+ 1,8%).

A fronte della riduzione del numero di infortuni, nel 2006 si è assistito ad un aumento del 2,2% dei casi mortali: dai 1.274 del 2005 ai 1.302 del 2006.
Circa il 50% degli infortuni mortali sono causati dalla circolazione stradale (compresi quelli occorsi nell’esercizio di un’attività lavorativa e quelli in itinere).
“Gli infortuni mortali avvenuti in occasione di lavoro- osserva l’Inail - , nonostante il trend in controtendenza del 2006, fanno comunque registrare una diminuzione nell'ultimo quinquennio del 3,2 per cento, e quelli in itinere sono scesi a loro volta dai 396 casi del 2002 ai 255 dell'anno scorso (-35,6 per cento). L'Estrazione di minerali si conferma il settore con la più elevata frequenza di casi mortali, seguito da Trasporti e Costruzioni”

Extracomunitari e lavoratori atipici. A fronte della flessione generale del numero degli infortuni denunciati, spiccano i dati in controtendenza dei lavoratori atipici ed extracomunitari. Parasubordinati e interinali, infatti, nel 2006 hanno fatto registrare i maggiori incrementi in termini di infortuni (+19 per cento circa per entrambe le categorie), mentre l'incremento del numero dei lavoratori extra-Ue assicurati all'INAIL, che hanno superato quota due milioni, si è riflesso anche in termini di infortuni, in crescita del 3,7 per cento rispetto all'anno precedente (116mila denunce contro le 112mila del 2005).

Dove.
Più del 60 per cento degli infortuni è concentrato nel Nord industrializzato.
La riduzione degli infortuni ha riguardato praticamente tutte le regioni; si distingue il Sud con un calo del 2,9%, seguito dal centro (-1,3%) e dal Nord Ovest (-1,1%). Oltre il 60% degli infortuni è concentrato nell’industrializzato Nord Italia.


Lettura dei dati.
Per una migliore comprensione dell’andamenti infortunistico, l’Inail elabora opportuni indicatori di rischio, utilizzando rigorosi criteri statistici e facendo riferimento ad un periodo triennale con dati assolutamente consolidati (nel nostro caso 2002-2004).

In termini di valori assoluti la Regione con maggior numero di infortuni risulta essere la Lombardia;  “e non potrebbe essere diversamente  - ha affermato Mungasi - in considerazione della sua più alta concentrazione di occupazione”.
La regione con più elevata frequenza di accadimento degli infortuni risulta invece l’Umbria, per la quale si è rilevato un indice maggiore di quasi il 47% rispetto alla media nazionale, comunque in calo rispetto a quello del precedente triennio.

Al secondo posto nella graduatoria troviamo il Friuli Venezia Giulia, con un indice di poco superiore al 40% rispetto alla media nazionale, anch’esso diminuito di quasi un punto percentuale rispetto al precedente triennio di osservazione.
Segue l’Emilia Romagna, con 5 punti in meno rispetto alla precedente rilevazione.
Le Marche sono passate dal quarto al settimo posto con un miglioramento dell’indice di quasi il 10%, “segno – afferma Mungari - che probabilmente, in questa regione, le iniziative adottate in termini di prevenzione stanno dando gli effetti sperati. “
All’ultimo posto, come nella precedente rilevazione, si conferma ancora il Lazio (-33% rispetto alla media nazionale) .

”Per una più attenta lettura di tale classifica  - ha rilevato Mungasi - occorre ricordare che nel Lazio è significativa la presenza, soprattutto nella capitale, di uffici della pubblica amministrazione centrale e di molteplici imprese che operano nei servizi e nel terziario avanzato, settori notoriamente a basso rischio. Per la “rischiosità” dell’Umbria invece si deve considerare che in tale Regione operano imprese che sono per lo più di piccole dimensioni e a carattere artigianale e c’è una maggiore presenza, rispetto al complesso nazionale, dei settori delle Costruzioni edili e delle Lavorazioni di materiali per l’edilizia e produzione di ceramica: tutto ciò rende il tessuto produttivo della regione particolarmente rischioso. Inoltre una orografia particolare e l’uso di numerose macchine agricole, non sempre al passo con le più recenti e sicure tecnologie, sono fattori che determinano nella Regione un tasso elevato di infortuni nel settore agricolo.”
La seconda posizione del Friuli Venezia è attribuita invece sia a  un elevato numero di lavoratori extracomunitari e sia al forte peso delle industrie della Lavorazione dei Metalli e del Legno, tra le più rischiose del comparto manifatturiero.

Settori a rischio.
L’analisi degli indici del triennio 2002-2004 evidenziano che benché nel settore delle Costruzioni si registri un elevato numero di infortuni mortali, non è il settore che produce il più alto numero di infortuni in generale.

”Possiamo infatti confermare – ha osservato il presidente dell’Inail - che i settori con indice di frequenza nettamente più elevato (dal 69% al 92% in più rispetto alla media dell’Industria e Servizi) sono la Lavorazione dei Metalli (acciaio e ferro, tubi, strutture, utensili, etc…), la Lavorazione dei Minerali non metalliferi (materiali per l’edilizia, vetro, piastrelle, ceramica, etc…), la Lavorazione del Legno e, al quarto posto, le Costruzioni.
Si tratta di produzioni di tipo industriale manifatturiero in cui è particolarmente richiesto l’intervento manuale del lavoratore in fasi del processo produttivo, per cui è inevitabile il contatto fisico tra lavoratore e “fattore di rischio” proprio dell’ambiente di lavoro (strumenti, macchinari, materiali, scarti della lavorazione, polveri e schegge, alte temperature, etc…).
Per gli infortuni mortali, il settore con più elevata frequenza è sempre l’Estrazione di Minerali, con un valore molto alto (0,37): si tratta di un settore caratterizzato da un numero di morti relativamente molto limitato (una decina di casi l’anno) ma con un rapporto morti/addetti elevato; seguono, per livello di rischiosità mortale, i settori dei Trasporti e delle Costruzioni (entrambi con indici pari a 0,20). Agli ultimi posti della graduatoria, troviamo il settore della pesca in acque interne e l’Intermediazione finanziaria, in cui il fenomeno è praticamente assente.

Seguono i settori della Chimica e del Petrolio, che hanno sempre fatto registrare bassi indici di frequenza, essendo caratterizzati da rigide norme di prevenzione, di sicurezza e di pronto intervento, data la pericolosità intrinseca di ogni impianto e procedura di lavorazione, sia per il rischio di infortunio per i lavoratori, sia in termini di disastro ambientale.

Un discorso a parte merita l’Agricoltura, che presenta ancora un rischio molto elevato, con un indice di frequenza generale maggiore di quasi il 75% rispetto alla media dell’Industria e Servizi, collocandosi ai primi posti tra i settori più rischiosi sia in termini di frequenza generale sia per quanto riguarda gli infortuni con postumi permanenti e mortali.”
 
Proiezioni sull’andamento infortunistico 2007. Le prime stime, con dati non consolidati,  indicano un calo complessivo degli infortuni nel primo quadrimestre 2007 valutabile nell’ordine del 2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.


Rapporto annuale Inail 2006


 

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