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Lo sapevi che – Il profilo di responsabilita' del lavoratore

Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: Lavoratori

17/07/2009

Sicurezza sul lavoro e dei lavoratori: l'obbligo di correttezza e di buona fede contrattuale del lavoratore e gli aspetti penali conseguenti alla sua condotta. A cura di Rolando Dubini, avvocato in Milano.

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1. L'obbligo di  correttezza e di buona fede contrattuale del lavoratore 
Il principio della correttezza e della buona fede contrattuale ex art. 1375 cod. civ., esige che, quando per la tutela dell'integrità fisica e della personalità morale del prestatore è necessario anche un suo comportamento, questi, dando la propria collaborazione diretta alla propria stessa tutela, effettui tale comportamento.
 
 
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L'omissione della dovuta collaborazione da parte del prestatore costituisce pertanto violazione dell'obbligo di correttezza e buona fede (ex artt. 1175 e 1375 cod. civ.). Poiché la collaborazione del lavoratore è diretta ad evitare l'evento, la violazione del predetto obbligo costituisce comportamento colpevole che concorre (potenzialmente) alla determinazione dell'evento stesso. L'obbligo del dipendente a tale comportamento presuppone l'adempimento dell'obbligo datorile. L'indicata violazione da parte del dipendente esclude la responsabilità del datore solo ove sia stata (ex art. 41 cod. pen.) causa di per sé sola sufficiente a determinare l'evento. Ed è onere del datore dare di ciò la prova [Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza 03.07.2008 n. 18376].
 
2. Aspetti penali 
La condotta del lavoratore realizzata in violazione delle disposizioni prevenzionistiche che lo riguardano ha particolare rilievo  pertanto sotto un duplice profilo:
1) fonte possibile di responsabilità penale per l'infortunio occorso ad un altro lavoratore;
2) esonero della responsabilità del datore di lavoro nel caso che sia egli stesso l'infortunato.
 
In tal senso la Suprema Corte ha affermato che “... in tema di evento colposo per infortunio sul lavoro, il giudice penale è tenuto a valutare sia la condotta del datore di lavoro, il quale deve attuare in modo efficiente tutte le misure stabilite dalle apposite norme, sia quella del lavoratore, che deve collaborare alla tutela della propria incolumità, evitando di esporsi senza necessità a situazioni di evidente pericolo, e mantenendo un atteggiamento prudente  di fronte a impreviste evenienze ...”(Cass. Sez. IV, ud. 30.1.1979 in causa Rettondini).
 
La giurisprudenza della Cassazione ritiene da tempo che “l'imprudenza del lavoratore, di per se, non determina l’esclusione della responsabilità dell'imprenditore, a meno che non possa considerarsi una causa sopravvenuta, sufficiente da sola a determinare l'evento” (vedi Cass., Sez. IV, 7.11.1977 in causa Legnazzi); e ciò in considerazione del fatto che: “...le norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro mirano ad eliminare i rischi.... compresi quelli conseguenti ad una eventuale imprudenza, disattenzione o imperizia dei lavoratori, la cui incolumità è da tutelarsi sempre e in ogni caso..” (Cass. Sez. III, 21.6.1983, in causa Cordioli).
 
Secondo la giurisprudenza consolidata della Cassazione, vige la regola secondo cui "In materia di normativa antinfortunistica e, in particolare, ai fini della responsabilità del datore di lavoro, deve ritenersi che la condotta del lavoratore volontariamente violatrice delle disposizioni impartite dal datore di lavoro ai fini della sicurezza, eziologicamente collegata all'evento, elide il collegamento causale tra l'eventuale inosservanza di disposizioni da parte del datore di lavoro e l'evento stesso, proprio perchè questo è da riferirsi alla prima e immediata condotta" (Cass. pen. Sez. IV, 25 settembre-10 dicembre 2001, n. 44206, Pres. Lisciotto, PG conforme, Intrevado ed altri).
 
Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro “perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine ad incidenti derivanti da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, pertanto, una condotta dell’infortunato così caratterizzata non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento quando è comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore e all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. Quest’ultimo è però esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo, e alle direttive organizzative ricevute” (Trib. Varese, comp. Monocr. - sent. 6 marzo 2001 dr. Capozzi). La responsabilità dei superiori del lavoratore viene meno quando siano allo stesso forniti strumenti idonei ed adeguati: “non può ravvisarsi una colpa specifica a carico del legale rappresentante e del capo reparto della ditta, nel caso in cui siano messi a disposizione dell’operaio gli strumenti idonei ed adeguati per eseguire correttamente l’operazione, quando la stessa venga eseguita in modo improprio da quest’ultimo” (Corte App. Milano – sez. II – 05.06.97 n. 2422 – Pres. Chiarolla – Est. Nunziata).
 
La professionalità del lavoratore e la chiara segnalazione del rischio possono scriminare la responsabilità dei superiori gerarchici: “un operaio, in presenza di cartelli che indicavano le modalità per l’esecuzione delle operazioni in sicurezza, aveva subito lo schiacciamento del piede per la caduta di una pompa dallo stesso non correttamente imbracata (…). Il lavoratore “sapeva (o era tenuto a sapere in ragione della sua professione) che per evitare sinistri l’area entro la quale la macchina operava doveva essere delimitata e che nell’impossibilità di segnalare la mancanza di tale delimitazione al datore di lavoro o al suo preposto doveva astenersi dal lavoro per prevenire infortuni.” (Cass. pen. Sez. III n. 5893 13.2.2001).
 
Rolando Dubini, avvocato in Milano.


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