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La Cassazione sulla tutela dei lavoratori dall'esposizione all'amianto

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Lavoratori

06/07/2009

La protezione dei lavoratori dal rischio amianto, oltre alle tipiche attività di utilizzazione, trasformazione e smaltimento, va attuata per qualunque altra attività lavorativa che comporti l’esposizione al rischio specifico. A cura di G. Porreca.

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Commento a cura di G. Porreca (www.porreca.it).
 
 
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L’insegnamento che discende da questa sentenza della Corte di Cassazione, una delle prime dopo l’applicazione del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, è che le norme emanate a tutela dei lavoratori contro la esposizione alla polvere di amianto si applicano qualunque sia l’attività lavorativa alla quale vengono adibiti i lavoratori e non solo nei casi di utilizzazione, trasformazione o smaltimento di amianto. Quella che conta, in sintesi, sostiene la Corte di Cassazione, è la effettiva esposizione dei lavoratori al rischio amianto in presenza del quale sussiste comunque a carico del datore di lavoro l’obbligo di informare i dipendenti sui rischi specifici, di consentire agli stessi di verificare mediante i loro rappresentanti l’applicazione delle misure di tutela e di sicurezza sul lavoro, di fornire ai dipendenti i necessari dispositivi di protezione connessi al rischio specifico al quale sono esposti, di provvedere ad uno specifico addestramento circa l’uso degli stessi dispositivi di protezione individuale nonché di pretendere l’osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal D. Lgs. n. 81/2008.
 
Nel caso in esame il responsabile legale di una società era stato condannato dal Tribunale alla pena di euro 4.000,00 di ammenda (pena interamente condonata) per il reato di cui agli articoli 5 lettera b), c), d), e) e g) del D. Lgs. n. 277/1991 in materia di protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto (disposizioni ora riportate negli articoli 257, 258 e 259 del D. Lgs. n. 81/2008)  per aver fatto svolgere ai propri dipendenti una attività lavorativa in tre capannoni forniti di copertura in cemento amianto ed adibiti a ricovero di macchinari e/o attrezzi agricoli oltre che a ricovero di animali di allevamento. Più in particolare all’imputato era stato contestato di aver omesso, in violazione dei citati articoli:
1. di informare i dipendenti circa i rischi specifici dovuti all'esposizione all'amianto;
2. di consentire ai dipendenti di verificare, mediante i loro rappresentanti, l'applicazione delle misure di tutela e di sicurezza sul lavoro;
3. di fornire ai dipendenti i necessari mezzi di protezione connessi al rischio specifico ai quali erano esposti;
4. di provvedere ad un adeguato addestramento dei dipendenti circa l'uso dei mezzi individuali di protezione;
5. di pretendere da parte del medico competente (mai nominato) l'osservanza degli obblighi previsti dalla citata normativa.
 
Il responsabile legale della società ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione chiedendo alla stessa l’annullamento del provvedimento affermando a proposito che nei capannoni “non veniva svolta attività lavorativa” e sostenendo pertanto “la conseguente non applicabilità della normativa di cui al Decreto Legislativo n. 277 del 1991” nella parte attinente alla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione ad amianto durante il lavoro. La Corte di Cassazione ha ritenuto però il ricorso infondato affermando che “va disatteso l'assunto difensivo principale secondo cui - trattandosi di capannoni ove non si svolgeva attività di utilizzazione, trasformazione o smaltimento di amianto - non si applicava la normativa di cui al Decreto Legislativo n. 277 del 1991 nella parte attinente alla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione ad amianto durante il lavoro” ed ha sostenuto ancora “che nella materia de qua, sono soggette a protezione tutte le attività lavorative nelle quali vi è il rischio di esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto”.
 
La Suprema Corte ha quindi concluso ribadendo che “in dette attività sono comprese non solo quelle in cui avvengono le lavorazioni dell'amianto, ma anche quelle che si svolgano con modalità tali da comportare rischi di esposizione alle polveri di amianto o di materiale contenente amianto; come nella fattispecie in esame”.



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