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SGSL e Behavior-Based Safety: una possibile integrazione

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Medico competente

09/07/2010

L’integrazione dei modelli organizzativi con un processo di sicurezza basato sui comportamenti. Dal Quarto Congresso Europeo di Behavior-Based Safety.

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Abbiamo già presentato il quarto Congresso Europeo di Behavior-Based Safety (B-BS) “Behavior-Based Safety: coniugare produttività e sicurezza comportamentale”, congresso che si è tenuto a Venezia dal 14 al 16 aprile 2010.
Nel presentare questo incontro congresso, i cui atti sono pubblicati nel supplemento del numero di gennaio/marzo 2010 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, ci siamo soffermati di recente su alcuni interventi tratti da un simposio dedicato a stress lavoro correlato ed ergonomia.
Affrontiamo ora gli argomenti trattati nel secondo simposio “Certificazione, accreditamento e normativa in tema di SGSL e B-BS”.





Nel primo intervento, dal titolo “La sicurezza basata sui comportamenti come integrazione dei sistemi di gestione della salute e sicurezza sul luogo di lavoro (SGSL)” e a cura di A. P. Bacchetta (AARBA), si indica che un processo di sicurezza basato sui comportamenti (Behavioral Safety Process), che venga a essere integrato in un SGSL, riesce a “implementare in azienda un processo di cambiamento culturale che elevi la sicurezza a valore fondamentale per il gruppo sociale dei lavoratori, generando un ampio e pieno coinvolgimento di tutti nelle attività di sviluppo del processo di sicurezza”.

Secondo l’autore le difficoltà nel diminuire sensibilmente gli incidenti sul lavoro in Italia non sono spiegabili dicendo solo che “le aziende non fanno nulla” o che “mancano i controlli”.  Entrambe le spiegazioni “considerano la tutela della salute e sicurezza sul luogo di lavoro ancora qualcosa da imporre alle aziende, secondo una concezione prescrittiva degli obblighi di sicurezza a carico dei singoli datori di lavoro”. Inoltre molto spesso il “sistema dei controlli si attiva solo dopo che l’incidente si è verificato e a questo punto è la ricerca delle colpe l’unico obiettivo su cui si focalizza l’attenzione degli organi di controllo, ponendo in secondo piano la ricerca delle reali cause che hanno generato l’incidente”.

In questi anni si è accentuata anche la sollecitazione alle aziende per l’adozione di “condizioni organizzative e di sicurezza basate sull’implementazione di sistemi organizzativi efficaci ed efficienti all’interno delle realtà aziendali”. Questi sistemi avrebbero dovuto consentire la drastica riduzione del numero infortuni registrati annualmente nel nostro paese.  Ma i dati mostrano “che il risultato è ancora lontano”.
Da anni, la comunità scientifica internazionale suggerisce inoltre “di focalizzare l’attenzione dei processi di sicurezza verso la gestione degli aspetti comportamentali, ovvero a operare in modo da riportare l’attenzione sul singolo lavoratore e sui suoi comportamenti”.
Infatti i livelli di sicurezza ottenuti “attraverso le modifiche tecniche di impianti e attrezzature e le migliori pratiche operative” sono spesso “vanificati dal comportamento dei singoli addetti”.

Dunque una migliore prevenzione non può che “basarsi sulle migliori e recenti evidenze scientifiche validate a livello internazionale in tema di Organizational Behavior Management”: protocolli che “possono fornire un insieme organico di strumenti manageriali che, tenuto conto sia dei modelli d’analisi delle interazioni tra il soggetto e il suo ambiente (behavior analysis), sia degli strumenti per la predisposizione delle circostanze ambientali in grado di modificare i comportamenti (behavior management), sono in grado indirizzare i singoli lavoratori verso l’adozione spontanea di comportamenti sicuri”.  In questo modo è “possibile rendere effettivo quanto previsto dalle istruzioni e specifiche operative predisposte nell’ambito della cultura organizzativa propria dei sistemi di gestione, così da poter ottenere risultati misurabili”.
E uno dei “principali protocolli diffusi a livello internazionale, organicamente strutturato per integrarsi sinergicamente con i Sistemi di Gestione per la Salute e Sicurezza sui Luoghi di Lavoro (SGSL) e per il quale vi è un’ampia casistica di applicazioni e una rilevante mole di ricerche sperimentali, è la Behavior-Based Safety (B-BS)”.
Con la B-BS ogni lavoratore “viene a trovarsi integrato all’interno di un sistema che prevede il reciproco sostegno tra colleghi e la consapevolezza della mutua tutela/responsabilità sui temi della salute e sicurezza sul luogo di lavoro”.
 
Il secondo intervento, dal titolo “B-BS e normativa italiana in tema di salute e sicurezza sul lavoro” e a cura di V. Manni (Ispesl),  vuole invece fare un raffronto tra i dettami delineati dal Decreto legislativo 81/2008 e l’applicazione di protocolli di B-BS in azienda, mettendo in evidenza criticità ed eventuali punti di contatto.
Riportiamo in breve alcuni dei punti di contatto evidenziati: 
- “l’applicazione di Modelli di organizzazione e di gestione;
- la formazione e l’addestramento dei lavoratori alla salute e sicurezza e l’utilizzo della B-BS come protocollo di formazione/addestramento dei lavoratori ai comportamenti sicuri;
- il coinvolgimento, la partecipazione e la motivazione dei lavoratori come contributo alla tutela della salute e sicurezza nell’ambiente di lavoro;
- la sanzione penale come stimolo per il soggetto contravventore all’adozione di comportamenti finalizzati alla rimozione del pericolo o, qualora questo si sia già concretizzato in una lesione, alla riparazione del danno”.
 
Infine il terzo intervento, dal titolo  “La B-BS nei sistemi di gestione per la sicurezza: la certificazione dei SGSL” a cura di G. Calabrese e G. Candura (CiS - Comportamenti in Sicurezza). In questo intervento viene fatta una puntuale analisi dei costi sociali derivanti dalla mancata sicurezza nei luoghi di lavoro (circa il 2,8% del PIL)  e dei problemi a cui si possono ricondurre gli incidenti.

Secondo gli autori e secondo i dati raccolti sui punti deboli del sistema di prevenzione degli incidenti sul lavoro, si può affermare che:
- “la distribuzione storica delle cause di infortunio mette in evidenza che sono i comportamenti errati dei lavoratori a determinare gli infortuni, piuttosto che le macchine e le attrezzature utilizzate”; 
- la percezione del pericolo imminente o del rischio (fisico o psicologico) al quale è sottoposto il lavoratore è scarsa; accade anche che, a fronte di evidenze chiaramente percepite e conosciute, il lavoratore assuma uno stato psicologico tipico denominato ‘negazione’, che consiste nel non percepire ciò che si vede o essere insensibili verso ciò che si conosce;
- il livello di preparazione dei lavoratori indotto dalla formazione è insufficiente alla prevenzione del rischio, degli incidenti e degli infortuni;
- le organizzazioni sono poco reattive riguardo le prescrizioni di legge e gli adempimenti formativi e informativi”.
Dunque assistiamo a una “presenza limitata di azioni sistemiche (sistemi di gestione per la sicurezza, promozione della cultura della sicurezza, orientamento alla premiazione piuttosto che alla sanzione, ecc.)” e a un “inadeguato addestramento del lavoratore”.
Le soluzioni ai problemi irrisolti possono essere l’implementare adeguati Modelli di Organizzazione e di Gestione per la Salute e Sicurezza nei luoghi di Lavoro e l’adottare idonei protocolli basati sull’analisi dei comportamenti dei lavoratori.

Purtroppo il panorama attuale “evidenzia un approccio prevalentemente formale nell’attuazione dei Modelli di Organizzazione, certamente correlato alle attuali forme di controllo che non premiano i risultati prestazionali e/o l’evoluzione degli stessi”. 
Se i Modelli di Organizzazione o i Sistemi di Gestione sono una soluzione per la riduzione degli oneri derivanti dagli infortuni, “l’attuale sistema di certificazione non ne garantisce l’efficacia e la maggior parte delle aziende italiane, nonostante gli standard siano disponibili da parecchi anni, non li adottano”.
In realtà tali modelli organizzativi “dovrebbero essere adottati, sia dalla direzione aziendale sia dalla base dei lavoratori, in modalità assolutamente volontaria, con l’esclusione di qualsiasi forma di incentivo, la cui presenza sarebbe fattore determinante per intraprendere un approccio formale”. Anzi gli incentivi “potrebbero essere concessi solo dopo aver constatato, attraverso evidenze certificate, l’effettiva efficacia (monitorando, ad esempio, indicatori prestazionali sulla sicurezza, quali aumento del grado di applicazione della sicurezza, riduzione di incidenza e gravità degli infortuni, ecc.)”.
I Modelli di Organizzazione devono insomma “nascere in un clima di promozione della cultura della sicurezza, dove la stessa è considerata alla stregua di un valore e non un semplice adempimento, conseguenza di una prescrizione sanzionatoria”. Anche gli RLS “dovrebbero e potrebbero includere l’attuazione di Modelli Organizzativi efficaci come una delle rivendicazioni, nelle contrattazioni sindacali interne”.

L’intervento si conclude indicando e mostrando nel dettaglio che un Sistema di Gestione per la Sicurezza trova “nell’applicazione della Behavior Based Safety (B-BS) uno strumento di straordinaria funzionalità per conseguire la propria finalità ed assicurare la conformità ad uno standard di riferimento quale la OHSAS 18001”.



Gli atti del quarto Congresso Europeo di Behavior-Based Safety (B-BS), il secondo simposio dal titolo “Certificazione, accreditamento e normativa in tema di SGSL e B-BS”, (formato PDF, 429 kB), in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXII - N. 1/suppl.A, Psicologia, gennaio/marzo 2010



Tiziano Menduto



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