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La Cassazione: le responsabilita' in caso di conformita' delle macchine

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Datore di lavoro

21/06/2010

Non vi è un automatismo fra la presenza della dichiarazione di conformità CE di una macchina e l’esenzione da responsabilità da parte del datore di lavoro utente per un infortunio occorso in carenza di sicurezza della macchina stessa. A cura di G.Porreca.

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Cassazione Sezione IV Penale - Sentenza n. 7294 del 23 febbraio 2010 (u. p. 3/2/2010) -  Pres. Morgigni – Est. Marinelli – P.M. (Conf.) Mura - Ric. C. W.  

Commento a cura di G. Porreca (www.porreca.it).





Non appaiono del tutto condivisibili le conclusioni alle quali è pervenuta questa volta la Corte di Cassazione penale specie se raffrontate con gli indirizzi assunti in precedenza sull’argomento dalla stessa Corte da ultimo con la sentenza n. 36889 del 22/9/2009 Sez. IV con la quale la Suprema Corte era pervenuta alla conclusione che la marcatura CE di conformità serve a rendere lecita la produzione ed il commercio delle macchine e ad attestare la loro rispondenza ai requisiti essenziali di sicurezza ma non esonera comunque il datore di lavoro dal rispondere alle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro nel caso della presenza di vizi palesi delle macchine stesse. In questa sentenza la Corte di Cassazione ha ribadita tale responsabilità del datore di lavoro nel caso di vizi palesi di una macchina anche se in presenza di una dichiarazione di conformità “CE” ma fa riferimento a dei vizi che lo stesso costruttore aveva messo in evidenza nella stesura del documento di valutazione dei rischi della macchina, rischi che in fondo lo stesso costruttore avrebbe dovuto eliminare o ridurre al minimo nell’ambito della sua valutazione e per i quali si sarebbe dovuto chiamare a rispondere.

Il caso
Il legale rappresentante di una società è stato tratto in giudizio davanti ad un Tribunale per rispondere del reato di cui all’articolo 35 comma 1 del D. Lgs. n. 626 del 1994 e di cui all’articolo 590 c.p. per avere provocato ad un dipendente della società per colpa un infortunio sul lavoro in conseguenza del quale lo stesso ha subito delle lesioni personali gravi consistite nello schiacciamento della mano destra e nella successiva amputazione del secondo, terzo e quarto dito della stessa mano. Il lavoratore era addetto all'utilizzo di una macchina che serviva a produrre i piani di lavoro delle cucine componibili e durante lo stesso, mentre effettuava una operazione di pulizia della tramoggia di carico al fine di sostituire la colla in grani utilizzata per l'operazione di incollaggio, per poter recuperare una penna caduta nel contenitore inseriva,  istintivamente, la mano destra sul fondo dello stesso per cui veniva schiacciata tra il pistone in avanzamento e la struttura interna del contenitore.  A seguito delle indagini la tramoggia di carico era risultata essere sprovvista all’imbocco di un dispositivo di protezione che è stato invece sistemato solo successivamente all'incidente in esame.

Il Tribunale ha dichiarato il legale rappresentante della società responsabile dei reati di cui all’imputazione e lo ha condannato alla pena di euro 309,00 di multa in relazione al reato di lesioni colpose e di euro 1100,00 di ammenda in relazione alla contravvenzione di cui all’articolo 35, comma 1, del D. Lgs. n. 626/1994 per non avere messo a disposizione dei lavoratori attrezzature di lavoro idonee ai fini della sicurezza.

Il ricorso e le decisioni della Cassazione
Contro la decisione del Tribunale il responsabile legale della società ha fatto dapprima ricorso alla Corte di Appello che ha confermata però la sentenza di condanna e quindi alla Corte di Cassazione alla quale ha chiesto l’annullamento della sentenza stessa. Fra le varie motivazioni addotte l’imputato ha fatto osservare di essersi attenuto nella circostanza alle norme di diligenza e di perizia specifiche e che comunque l'infortunio non si sarebbe potuto evitare attraverso la puntuale osservanza di tali norme di diligenza in quanto lo stesso era da ricondurre piuttosto ad una condotta anomala ed eccezionale del lavoratore rispetto ad un rischio del macchinario non individuabile da parte del datore di lavoro. L’imputato ha messo altresì in evidenza di essersi affidato ragionevolmente ad un corretto comportamento da parte della ditta venditrice dell'apparecchiatura presso la quale è successo l’infortunio fondato essenzialmente sulla rispondenza della macchina stessa alle disposizioni di legge in materia di sicurezza, come attestato dalla dichiarazione di conformità CE che la accompagnava.

La Corte di Cassazione ha ritenuto, invece, inammissibile il ricorso presentato dall’imputato ed ha confermata la sua condanna. La stessa Corte ha ribadite le osservazioni già fatte dai giudici della Corte di Appello ponendo in evidenza che il grave infortunio si era verificato a causa della condotta dell'imputato che avrebbe dovuto prendere tutte le iniziative possibili al fine di garantite agli addetti al macchinario utilizzato dall’infortunato di lavorare in condizioni di sicurezza. Poneva in evidenza, altresì, che anche le indicazioni fornite dal costruttore-venditore del macchinario in oggetto avevano evidenziata la possibilità del rischio del verificarsi di accadimenti quali quello occorso all’infortunato, rischio che poteva essere facilmente eliminato con le precauzioni che sono state poi effettivamente prese successivamente all'infortunio allorquando a protezione della tramoggia era stata apposta all’imboccatura dal datore di lavoro una griglia fissa.

La Corte, pur prendendo atto che l’imputato aveva acquistato un prodotto marcato CE e munito della relativa certificazione di conformità, ha affermato in merito che “ non vi è automatismo tra la presenza di una dichiarazione di conformità CE del macchinario e l'esenzione di responsabilità da parte del datore di lavoro allorquando, come nella fattispecie di cui è processo, il ‘vizio’ del macchinario, lungi dall'essere occulto e invisibile, era addirittura correttamente evidenziato nelle indicazioni fornite dal costruttore-venditore che richiamava l'attenzione del datore di lavoro-acquirente, con ciò mostrando una grande serietà, sulla possibilità, in considerazione delle caratteristiche strutturali del macchinario, del rischio, peraltro facilmente eliminabile, del verificarsi di eventi pericolosi”.

In merito alla condotta dell’infortunato ritenuta dall’imputato imprudente e negligente e che si sarebbe inserita in un contesto anomalo ed eccezionale, comunque tale da interrompere il nesso di causalità, la Sez. IV ha fatto rilevare invece che l'attività della persona offesa serviva ad individuare la colla meglio rispondente alle esigenze della lavorazione e che quindi anche la manovra da cui è derivato l'evento lesivo, posta in essere dal lavoratore e tesa a recuperare una penna caduta all'interno del contenitore, pur imprudente, non poteva certo essere ritenuta estranea alle mansioni al medesimo affidate, così da poter essere definita abnorme e/o imprevedibile. “D'altronde”, conclude la Suprema Corte, “il datore di lavoro ha l'obbligo di prendere tutte le misure necessarie per consentire al suo dipendente di lavorare in condizioni di sicurezza, proteggendolo quindi anche da comportamenti imprudenti che egli può porre in essere nell'esercizio delle sue mansioni”.


Corte di Cassazione - Sezione IV Penale - Sentenza n. 7294 del 23 febbraio 2010 (u. p. 3/2/2010) -  Pres. Morgigni – Est. Marinelli – P.M. (Conf.) Mura - Ric. C. W.  - Non vi è un automatismo fra la presenza della dichiarazione di conformità CE di una macchina e l’esenzione da responsabilità da parte del datore di lavoro utente per un infortunio occorso in carenza di sicurezza della macchina stessa.







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