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Inidoneità dei docenti: le patologie che la determinano

Inidoneità dei docenti: le patologie che la determinano
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Istruzione

23/09/2015

I rischi del lavoro da insegnante. Burnout e patologia psichiatrica le principali cause di inidoneità e allontanamento dal lavoro.

 
In relazione ai rischi correlati al lavoro da insegnante e al rischio di inidoneità, riportiamo l'approfondimento dal titolo “Inidoneità dei docenti: le patologie che la determinano” pubblicato sulla Newsletter dell’Inca CGIL - Numero 5/2013.
 

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Inidoneità dei docenti: le patologie che la determinano
[…]
Lo studio curato da Lodolo D’Oria e pubblicato nel mese di ottobre 2012 ha esaminato le diagnosi formulate dai Collegi Medici per determinare l’inidoneità all’insegnamento per motivi di salute.
 
Lo studio dimostra che l'inidoneità degli insegnanti è causata da patologie psichiatriche in oltre il 60% dei casi (il 70% delle quali appartengono all'area ansioso-depressiva), mentre le " disfonie" sono appena il 13% (5 volte di meno).
 
L’età media dei 158 docenti che hanno partecipato alla ricerca è di 54,7 anni, mentre l’anzianità di servizio media è pari a 29,2 anni così ripartiti: 18,9 anni quelli trascorsi in cattedra e 10,3 anni quelli trascorsi in altre mansioni (biblioteca, progetti del POF, segreteria scolastica, Provveditorato etc
 
Non ci sono differenze sostanziali tra le varie zone d’Italia: al Nord il 37%; al centro il 30%; Sud e Isole 33%.
 
In quasi tutti i casi analizzati (94%) il provvedimento assunto dai Collegi Medici è stata la permanente inidoneità all’insegnamento, mentre nel restante 6% si è trattato della temporanea inidoneità all’insegnamento: ciò sta a indicare la scarsa modificabilità della prognosi, stante l’alto grado di severità della maggior parte delle patologie osservate. Inoltre il
70% dei provvedimenti di permanente inidoneità all’insegnamento è stato assunto solamente a seguito di più visite mediche collegiali, servite per accertare l’immodificabilità della prognosi dei pazienti osservati.
 
Poiché non tutti i Collegi Medici si sono avvalsi del DSM IV TR ai fini della formulazione delle diagnosi psichiatriche, sono state riconosciute tre aree ai fini della stratificazione dei risultati.
 
La prima area contempla l’asse ansioso-depressivo e interessa 88 docenti; la seconda area circoscrive i disturbi di personalità e riguarda 5 insegnanti; la terza area include le psicosi e racchiude 8 professionisti.
 
Per meglio descrivere il gruppo più consistente, si dà di seguito lo spaccato delle diagnosi pervenute:
Sindrome Ansioso-Depressiva (30);
Disturbo da Attacchi di Panico (13);
Depressione Maggiore (12);
Disturbo Bipolare (12);
Sindrome Depressiva (6);
Disturbo d’Ansia Generalizzato(5);
Disturbo dell’Adattamento (5);
Disturbo Ossessivo Compulsivo (4);
Disturbo Post Traumatico da Stress (1)
Diagnosi otorinolaringoiatriche: 21 insegnanti (13%) hanno riportato diagnosi di disfonia cronica, tra cui 17 (11%) come prima diagnosi e 4 (3%) come seconda.
Inoltre in 11 docenti (7%) è stata diagnosticata una condizione di otopatia con ipoacusia, tra cui 9 (6%) docenti come prima diagnosi e 2 (1%) come seconda.
Diagnosi oncologiche: 12 docenti donna (8%) hanno riportato affezioni neoplastiche (8 seno; 1 tiroide; 1 stomaco; 1 Leucemia Mieloide Cronica; 1 linfoma NH).
Diagnosi cardiovascolari: 14 docenti (9%) hanno riportato affezioni cardiovascolari (7 ipertensione; 2 valvulopatie; 3 cardiopatie; 2 aneurismi).
Diagnosi ortopediche: 18 docenti (11%) hanno riportato patologie ortopediche (11 discopatie ed ernie discali con lombalgie; 5 esiti di trauma; 1 coxartrosi; 1 tendinopatia degenerativa).
Miscellanea delle restanti diagnosi: infine 6 docenti hanno riportato patologie neurologiche, infettive, autoimmuni, oculistiche, endocrinologiche, dermatologiche.
 
Mettendo a confronto le due diagnosi più numerose si vede che le disfonie (che sono considerate le patologie più classiche per questa categoria di lavoratori) rappresentano solo il
17% mentre le psichiatriche raggiungono una percentuale dell’83%.
 
Se si scorpora il gruppo di docenti con diagnosi psichiatriche (101) e lo si confronta con quello costituito da tutti i rimanenti insegnanti con patologie non psichiatriche, si nota che i dati anagrafici e lavorativi dei due gruppi sono praticamente sovrapponibili. Infatti i primi presentano un’età media di 55 anni con un’anzianità di 29, di cui 19 trascorsi in cattedra e 10 in altre mansioni. I secondi hanno un’età media di 54 anni con un’anzianità di servizio di 30, di cui 19 trascorsi in cattedra e 11 in altre mansioni.
 
Se poi confrontiamo il gruppo degli “psichiatrici” con quello dei “disfonici” (che è il secondo più numeroso con 20 presenze), ci accorgiamo ancora una volta che le differenze sono minime. Questi ultimi presentano infatti un’età media lievemente superiore (56,6 anni) e una anzianità di servizio di 31 anni, di cui 20,6 trascorsa in cattedra e 10,4 utilizzati in altre mansioni.
 
Gli insegnanti con diagnosi psichiatrica provengono, come esemplificato nelle figura sottostante, dalle elementari (35); superiori (30); medie (24); materna/infanzia (12), quasi a
sottolineare che nessun ordine scolastico è risparmiato dalla usura psicofisica.
 
Figura 10
 
Dati analoghi si ritrovano anche all’estero a conferma che l’usura si riferisce al lavoro, i professori sono la categoria a maggior rischio suicidio in Francia (39 casi ogni 1000.000 lavoratori secondo il sindacato) mentre in Inghilterra il rischio di suicidi è al 40%. In Baviera uno studio mostra come la maggior parte dei pre-pensionamenti per malattia fra i professori sia dovuta a disturbi psichiatrici.
 
Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti
La sindrome del burnout, come è noto, si configura come un fenomeno dotato di caratteristiche peculiari, la più importante delle quali è il suo manifestarsi con maggiore frequenza all'interno di particolari realtà operative, proprie di ambienti lavorativi specifici, dette helping profession, cioè: professioni d'aiuto, che contengono implicitamente nel loro mandato una finalità di aiuto, basata sul contatto interumano, e che fanno leva sulle capacità personali in misura spesso più consistente rispetto alle abilità tecnicoprofessionali.
Il burnout degli insegnanti è un argomento di valenza internazionale da oltre vent’anni come dimostrano gli studi condotti negli USA, Gran Bretagna, Israele, Australia, Canada, Norvegia ecc.
Fra gli studi si segnalano, in particolare, quelli di Anderson e Ivanicki: “Teacher motivation and its relationship to burnout”; Beck e Gargiulo: “Burnout in teachers of retarded and nonretarded children”; Belcastro: “Burnout and its relationship to teachers/somatic complaints and illnessses”, Iwanicki e Schwab: “Across-validation study of the Maslach Burnout Inventory”; Schwab e Iwanicki: “Who are the burned out teachers?”, Kyriacou: “Teacher stress and burnout an international review” ed infine Malasch che nel suo studio del 1986 indica il burnout degli insegnanti come risultante di tre elementi principali quali: emotional exhaustion and fatigue, depersonalisation and cynical attitude, lack of personal accomplishment.
 
Su questo tema sono stati condotti, anche, studi comparativi tra sistemi scolastici di differenti paesi ma anche fra situazioni scolastiche e sociali differenti.
Lo studio Getsemani, partendo dall’analisi degli accertamenti sanitari per l’inabilità al lavoro, svolta dai Collegi Medici della ASL Città di Milano nel periodo 1/92 – 12/01 per un totale di 3.049 casi clinici, ha operato un confronto tra quattro macrocategorie professionali di dipendenti dell’Amministrazione Pubblica (696 insegnanti, 596 impiegati, 418 personale sanitario, 1340 operatori). In controtendenza con gli stereotipi diffusi nell’opinione pubblica, i risultati dimostrano che la categoria degli insegnanti è soggetta a una frequenza di patologie psichiatriche pari a due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quella del personale sanitario e tre volte quella degli operatori. Pur non essendo a tutt’oggi contemplata nel DSM-IV (classificazione internazionale delle patologie psichiatriche) è verosimile ritenere che la sindrome del burnout, quando trascurata, possa costituire la fase prodromica della patologia psichiatrica franca. Lo studio Getsemani approfondisce inoltre cause, fattori predisponenti, reazioni di adattamento individuale, aspetti sociali, ipotesi d’intervento nella classe docente, stratificata per livello d’insegnamento (scuola materna, elementare, media, superiore). Viene rilevata la necessità di ulteriori approfondimenti epidemiologici, affiancati da contestuali interventi operativi volti a contrastare tempestivamente la sindrome del burnout negli insegnanti. Si ritiene necessaria l’apertura di un dibattito che coinvolga istituzioni, parti sociali, amministrazioni scolastiche, associazioni di categoria, studenti, famiglie e comunità medico-scientifica, in ragione della portata e della multidimensionalità del problema che interessa gli ambiti sanitario, sociale, culturale, economico e istituzionale.
 
In uno studio simile al Getsemani effettuato nell’ottobre 2002 nella ASL di Torino su circa 600 accertamenti di inabilità al lavoro di insegnanti emergono analogie significative in quanto la percentuale di motivazioni psichiatriche alla base delle domande è del 49,9% con una netta prevalenza delle forme secondarie.
 
Oltre allo Studio Getsemani, in tema di burn-out in ambito scolastico vale la pena di ricordare il lavoro di Di Nuovo et al., che ha focalizzato come le “correlazioni significative tra dimensioni del burnout e aspetti sociodemografici siano abbastanza limitate”.
Gli studi di Cafaro et al. sottolineano invece come sia “confermata l’ipotesi del ruolo predominante dei problemi organizzativi e di quelli inerenti alle caratteristiche dell’utenza, nell’insorgenza dei fenomeni di stress e malessere psicologico degli operatori sanitari”.
Tutti li Autori sottolineano come nel determinismo del burnout sia importante più del numero di ore la qualità dell’insegnamento. Infatti lo stesso numero di ore di lezione pesa sul docente in modo differente a seconda dell’interesse/attenzione suscitata del discente.
 
Se poi nell’analisi si introduce il fattore geografico si rilevano profonde differenze fra aree urbane e rurali e soprattutto fra le diverse zone cittadine. Infatti il misehaviour degli studenti è più frequente negli istituti della periferia, dove le condizioni socioeconomiche sono più basse, rispetto a quelli che afferiscono alle aree del centro.
 
Non si può, infine, non citare lo Studio "Golgota" condotto da Lodolo d'Oria che prosegue e approfondisce l'analisi iniziata nello Studio "Getsemani", inerente al rischio di patologia psichiatrica per la categoria professionale degli insegnanti. Si tratta di una ricerca sulla gestione del disagio mentale professionale (DMP) degli insegnanti da parte di 265 dirigenti scolastici (DS) del nordest d'Italia. I risultati sono i seguenti:
- più del 50% dei DS hanno incontrato uno o più casi di DMP dei docenti nel corso della loro carriera di dirigenti (50% dei DS con anzianità di servizio inferiore a 10 anni);
- solo il 25% dei DS sanno che i docenti sono i più esposti a patologie psichiche e tumorali
[- solo il 25% dei DS sanno come istruire la pratica d'invio del docente in collegio medico di verifica (CMV) e come stilare la relazione di accompagnamento;
- solo il 25% dei DS ripongono fiducia nei medici della CMV;
- solo il 50% dei DS sono al corrente del rischio di denuncia per mobbingda parte del docente che ha diritto a richiedere copia della documentazione inviata dal DS in CMV;
- l'80% dei DS ritengono di dover effettuare azione di prevenzione del DMP ai sensi del D.Lgs. n. 626/1994 attraverso informazione/formazione del corpo docente;
- il 100% dei DS considerano indispensabile la preparazione in merito al DMP e su come gestirlo e prevenirlo.
 
Abbiamo poi una indagine condotta dalla ASL di Olbia, nell’anno scolastico 2009/2010 nelle scuole medie inferiori e superiori del comune di Olbia, su un campione di 413 insegnanti (il 72% degli insegnanti presenti in città).
Dall’indagine è emerso che il 6% degli intervistati (25 soggetti di cui 16 donne) è colpito da burnout, il 48% dell’intero campione (196 insegnanti) invece è risultato a rischio, colo il 46% del campione non sembrerebbe colpito dalla patologia. Il fenomeno maggiore si registra all’interno dei licei dove, su un campione di 11 insegnanti, il 9% è risultato essere colpito da burnout ed il 51% risulta invece a rischio.
Uno studio condotto su 2.100 insegnanti di circa 400 diversi istituti scolastici francesi indica nel 17% gli insegnanti che soffrono una condizione di burnout a fronte di un dato pari all’11% nelle altre professioni.
 
Nel novembre us sono stati presentati i risultati di uno studio condotto dall’Università di Bordeaux che ha seguito per tre anni un gruppo di insegnanti al loro primo incarico rilevando
che già al termine del primo anno di insegnamento in ben il 9,14% di loro erano presenti segni di esaurimento emotivo.
 
 



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Rispondi Autore: Massimo Zucchiatti - likes: 0
23/09/2015 (21:54:25)
...si deve dire che 158 insegnanti su 1.000.000 in Italia rappresentano lo 0,015%....ha veramente significato ??

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