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Procedure standardizzate: i nuovi supporti per le aziende e le criticità
Bologna, 15 Nov– Con il 31 maggio 2013 si è conclusa la possibilità dell’autocertificazione della valutazione dei rischi per le aziende fino a 10 dipendenti e si è aperta la nuova epoca delle procedure standardizzate.
Come indicato dal Decreto Interministeriale del 30 novembre 2012 sulle procedure standardizzate, infatti i datori di lavoro di imprese che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 29 comma 5, del D.Lgs. n. 81/2008. E anche le imprese che occupano fino a 50 lavoratori possono - nei limiti previsti dall’art. 29, comma 7 del D.Lgs 81/2008 - avvalersi delle procedure standardizzate per la valutazione dei rischi.
Fin qui tutto sembrerebbe chiaro. Ma non mancano tuttavia continue richieste di chiarimento sull’uso dei vari moduli correlati alle procedure, sulle attività che possono o non possono ricadere in questa formula valutativa. E sono diverse le faq prodotte dal Ministero e le risposte dei nostri esperti alle domande che arrivano su questo tema.
Ad aumentare confusione e dubbi è poi intervenuta la legge di conversione n. 98/2013 del decreto-legge “del fare” che prevede un futuro modello ministeriale per una valutazione semplificata per le attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali.
Di fronte a questi dubbi, ci è parso interessante intervistare su questi temi, nella cornice di Ambiente Lavoro di Bologna, Diego De Merich ricercatore del Dipartimento Processi Organizzativi dell’area Ricerca Inail, che da diverso tempo si occupa di procedure standardizzare, di profili di rischio e di supporti per il processo di valutazione.
Lo intervistiamo ai margini del convegno Inail del 17 ottobre 2013, a cui partecipava come relatore, dal titolo “Le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi - artt. 6 e 29 del D.Lgs 81/08 e s.m.i.”
Ai nostri microfoni viene presentata la procedura standardizzata che, secondo De Merich, “è una metodologia e insieme una modulistica che dovrebbe dare la possibilità al valutatore di sintetizzare il suo percorso di valutazione”.
Si sofferma inoltre sui “primi modelli di supporti all’applicazione della procedura standardizzata. Supporti di tipo informativo e valutativo”: una serie di strumenti di supporto alla valutazione “che saranno poi il fulcro dell’applicazione della procedura”. Di questi supporti e strumenti De Merich presenta diversi esempi, sia in termini di comparti, che in termini di strumenti e metodologie, ad esempio con riferimento all’importanza delle “soluzioni” e della prevalutazione.
Non potevamo poi non riportare alcune criticità presentate da alcuni consulenti alla fine del convegno sulle procedure standardizzate e “chiedere conto” a De Merich del futuro modello semplificato ministeriale, previsto dall'articolo 29 comma 6 ter del D.Lgs. n. 81/2008, per le attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali. Come sarà questo modello?
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di vedere l’intervista o di leggere ampi stralci della sua trascrizione.
(...)
Le procedure standardizzate, che comprendono una modulistica e delle procedure, in realtà nascondono una complessità. E sicuramente il lavoro per realizzarle non sarà stato semplice.
Diego De Merich: Sicuramente, ci sono stati quasi due anni e mezzo di lavoro nel gruppo del Comitato 2 della Commissione Consultiva Permanente. Ma in realtà noi non ci siamo mossi al di fuori del solco metodologico della valutazione dei rischi. La procedura segue la metodologia che fu delle linee guida europee, che furono impostazioni prima della 626 poi dell’81.
Cos’è la procedura? E’ uno strumento, fondamentalmente. Quindi il concetto è indirizzare e aiutare il valutatore e semplificargli il percorso proprio grazie a dei supporti informativi, che lui potrà utilizzare nei vari step della valutazione, per far sì che arrivi a un documento di valutazione che sia sintetico. Cioè lui riuscirà attraverso quei moduli, soprattutto il modulo finale, il numero 3, a sintetizzare il suo percorso. Dopo di che il lavoro di valutazione lo farà attraverso i documenti di lavoro che saranno i supporti che lui utilizzerà. Quella sarà la documentazione cosiddetta di lavoro. Poi il DVR è il documento cogente che lui dovrà firmare. Ma per arrivare a quella sintesi potrà utilizzare dei supporti che saranno resi disponibili. Che in molta parte sono già disponibili.
La banca dati di cui mi occupo da molti anni, quella dei profili di rischio per comparto, costituisce già una bagaglio di conoscenze che molti RSPP e consulenti utilizzano da anni.
Noi con questi supporti vogliamo dare delle indicazioni ancora più sintetiche, più semplici da utilizzare. Secondo un sistema che dalla scheda di profilo di rischio per comparto, attraverso degli ipertesti, porta il valutatore ad utilizzare strumenti di livello sempre più crescente. (...)
Oggi ho presentato la scheda di profilo dei panificatori. All’interno di questa scheda, che è una tabella di sintesi di quel ciclo, in termini di rischi, ci sono dei link a strumenti successivi: check list, schede macchine, buone pratiche validate dalla Commissione, etc (...).
La semplificazione non è nella metodologia, che resta quella.
La valutazione dei rischi resta quella, gli step non sono semplificabili e poi corrispondono a degli obblighi di legge. La semplificazione sta nel fornire informazioni utili a percorrere gli step in modo più conforme e più efficace.
Per la fase di standardizzazione è utile fornire strumenti adatti al comparto che si vuole valutare?
DDM: Sì, se il principio di standardizzazione è uno dei principi basilari che abbiamo seguito, l’approccio per comparto ci aiuta intanto a organizzare le informazioni per gruppi omogenei. dobbiamo considerare che noi abbiamo quasi 4,5 milioni di piccole e imprese: alcune di queste operano in attività a rischio non significativo, altre invece sono coinvolte in infortuni mortali (...).
È importante creare degli indirizzi per gruppi omogenei che diano delle risposte in relazione alla priorità dei rischi presenti. Dunque c’è il concetto di partenza del comparto, dopodiché nella procedura è espresso un principio di elasticità: cioè il valutatore, a sua scelta, può pensare di iniziare la valutazione rispetto alle fasi di lavoro, oppure rispetto alle mansioni, oppure anche rispetto ai fattori di rischi specifici. È lasciato alla libera scelta del valutatore l’approccio, l’ambito di valutazione. (...)
La standardizzazione (...) ci permette non solo di integrare le conoscenze che abbiamo sviluppato in questi anni non solo sulla valutazione dei rischi, ma anche sui sistemi di sorveglianza. Abbiamo l’opportunità di integrare i dati che ci vengono dagli indicatori di sorveglianza, e parlo di infortuni e malattie professionali, e i dati relativi al supporto alla valutazione dei rischi.
Ecco il valore aggiunto di questa operazione che l’Inail sta svolgendo su mandato del Ministero: creare un sistema condiviso di supporti per l’applicazione della valutazione dei rischi, primariamente per le procedure standardizzate – quindi con attenzione per le microimprese – ma in realtà (...) [creare] anche un sistema di cui possono avvalersi anche le imprese di dimensioni maggiori.
(...)
Sono state fatte ricerche per verificare la correttezza nell’uso delle procedure da parte delle aziende? E comunque quali sono le difficoltà principali nel applicare le procedure standardizzate?
DDM: Noi abbiamo già effettuato delle prove prima dell’uscita, e quindi ci siamo resi conto delle prime difficoltà nell’interpretazione dei moduli. (...) Difficoltà facilmente superabili. (...)
Ci sono tuttavia delle criticità più profonde, ed è qui che entra in ballo la valenza dei supporti.
Noi dobbiamo aiutare prima di tutto le piccole imprese e le dobbiamo aiutare dandogli un percorso che gli chiarisca il nesso che c’è tra il pericolo, il rischio conseguente e le misure, le soluzioni che devono essere adottate. C’è questo concetto della soluzione, molto pragmatico, che è compreso soprattutto dalla piccola impresa in modo più diretto. Abbiamo anche eliminato dalla procedura certe concettualità (ad esempio il calcolo della stima per probabilità, per gravità, ...) per evidenziare il rapporto diretto tra il rischio e la soluzione.(...)
La semplificazione di cui si parla tanto e che è richiesta a gran voce (...) sta proprio in questo: a fronte di un’offerta di informazione da parte istituzionale (...) di strumenti operativi, si facilita il percorso della valutazione.
A seguito della legge di conversione n. 98/2013 del decreto-legge “del fare”, la valutazione dei rischi potrà essere effettuata anche utilizzando il futuro modello ministeriale per le attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali. Che modello sarà?
DDM: (...) Il Decreto del Fare ha introdotto il concetto di classe di rischio, di indice di rischio che certamente, nell’ambito di un principio di semplificazione e sburocratizzazione (...), è importante.
Che cosa succederà? Il Decreto deve uscire e le classi di rischio verranno indicate sulla base di dati oggettivi. Quali dati oggettivi? Quelli dei sistemi di sorveglianza: flussi informativi, sorveglianza mortali, mal prof (...). È già partito in Inail un gruppo di lavoro e si arriverà da questi dati oggettivi ad una classificazione che contempli una classe a rischio basso per la quale il decreto dirà quali sono le ulteriori semplificazioni.
Per quanto ci riguarda il modello della procedura già contempla una semplificazione, perché è insito nel ciclo lavorativo. Se io ho un negozio che fa vendita al dettaglio i pericoli saranno cinque, in un’industria meccanica saranno 30. Il concetto di semplificazione è già insito nella descrizione dell’analisi del ciclo. Il modello di cui parla il decreto noi non sappiamo quale sarà... Fatto sta che poi si dice che le aziende a rischio basso avranno la facoltà di utilizzare le procedure standardizzate. (...)
Nella costruzione dei modelli che oggi abbiamo presentato, abbiamo già immaginato che ci possa essere una ulteriore semplificazione per quelle attività che hanno rischi solo trasversali....(...). Non andrei a pensare ad un ulteriore modello. Il modello potrebbe essere un modulo della procedura che lui utilizza e che, attraverso la famosa dichiarazione, dichiara di avere di avere effettuato la valutazione dei rischi in base alle procedure standardizzate...
Intervista a cura di Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: gianluca angelini - likes: 0 | 15/11/2013 (06:51:18) |
Il fatto di stabilire a tavolino la classe di rischio di un'azienda com fatto per la formazione è un'assurdità giuridica e in termini. Come si fa a tabilire a priori che unadata azienda è a rischiobasso(o medio o alto)? E rispetto a quali rischi lo è? Ma non si è sempre sostenuto (a ragione) che ogni azienda deve essere valutata in concreto? E poi cosa facciamo, leghiamo l'appartenenza ad una data classe di rischio al codice ateco come per la formazione (una delle cose più assurde ma fatte in questo campo: un negozio di piadine viene classificato come a rischio ALTO/industria alimentare, un officin metalmeccanica a rischio BASSO se artigiana!!!)? Continuiamo così, facciamo sempre più confusione e men chiarezza!!! |
Rispondi Autore: enzo raneri - likes: 0 | 15/11/2013 (18:32:20) |
Gianluca, concordo perfettamente ! Io farei una classificazione basata non sui settori ATECO, bensì sui rischi individuati. Ad esempio Rischio chimico: 12 ore se alto, 8 ore se medio e 4 ore se basso. Rischio vibrazioni: 6 ore se basso, 4 se medio, 2 ore se basso. Rischio vdt: in qualsiasi caso 2 ore. ecc. |
Rispondi Autore: Maurizio Aurigi - likes: 0 | 18/11/2013 (10:12:43) |
Vi volevo solo informare che secondo recente interpello le procedure standardizzate non possono essere utilizzate se il rischio chimico è non irrilevante o non basso quindi in pratica per capire se le posso usare (in una azienda agricola ad esempio) prima si deve valutare il rischio chimico. |
Rispondi Autore: Gabriele Brion - likes: 0 | 18/11/2013 (13:59:18) |
L'interpello n. 14/2013 parla anche di rischio biologico. Buon lavoro! |