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Come coinvolgere i lavoratori che formiamo?

Come coinvolgere i lavoratori che formiamo?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Interviste e inchieste

18/12/2015

Spesso si confonde la comunicazione con l’informazione. E le tecniche di comunicazione possono favorire il coinvolgimento di chi viene formato. Ne parla ai nostri microfoni l’ing. Michele Buonanno, dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Torino.

Milano, 18 Dic  – Quando informiamo e formiamo i lavoratori siamo sufficientemente attenti anche agli aspetti comunicativi e al loro coinvolgimento? E, ad esempio, verifichiamo la chiarezza e comprensibilità dei nostri messaggi?
 
Chiarezza e comprensibilità che è richiesta anche dal  Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro che, nel comma 4 dell’articolo 36 “Informazione ai lavoratori”, ricorda che il contenuto della informazione “deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo”.
Ma gli aspetti comunicativi riguardano solo la comprensibilità e chiarezza del messaggio? Quanto è importante nel mondo del lavoro conoscere le  tecniche di comunicazione per poter favorire il coinvolgimento dei lavoratori e il miglioramento della tutela di salute e sicurezza?
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Per rispondere a queste domande abbiamo intervistato durante il “II Forum Sicurezza”, organizzato il 28 ottobre scorso a Milano da Ipsoa-scuola di formazione, l’ingegnere Michele Buonanno, Coordinatore Commissione Sicurezza Industriale dell’ Ordine degli Ingegneri della Provincia di Torino, che è intervenuto nel workshop pomeridiano dal titolo “Nuove prospettive per comunicare la sicurezza in modo efficace”.
 
L’intervento dell’ing. Buonanno, dal significativo titolo “Comunicazione e formazione: dalla cattedra alle persone, dalla forma alla funzione”, ricorda quanto spesso ci sia il rischio di confondere comunicazione e informazione e come le tecniche di comunicazione possano servire a “mettere in gioco” le persone che formiamo...
 
La prima domanda non poteva che partire proprio da questi aspetti...
 
Quanto è importante la comunicazione nella formazione? Si dà abbastanza attenzione all’aspetto comunicativo? Quali sono le carenze che si possono riscontrare?
 
Il relatore non solo sottolinea che è necessario ridare importanza al tema della comunicazione”, ma ricorda che già il decreto DM 16 gennaio 1997 relativo all’individuazione dei contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro che possono svolgere direttamente i compiti propri del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, faceva riferimento nel primo articolo, punto c), all’importanza delle tecniche di comunicazione...
 
Cosa e come può migliorare la comunicazione all’interno di una formazione? Cosa può invece ostacolarla?
 
In particolare l’ingegnere ci ha segnalato, a microfoni spenti, come sia importante dedicare una parte degli incontri formativi alla comunicazione in uno scambio continuo con l’aula. Durante questi corsi i discenti e il “docente, che diventa in questo caso un facilitatore, devono insieme formare un concetto, un’idea, una responsabilità per poi ridistribuirsela tra di loro”.
 
Quanto spesso la comunicazione è chiara? Non c’è il rischio di dare per scontato nelle formazioni che la comunicazione arrivi? Si assiste ad un’attenzione maggiore in questi anni alla comunicazione? Come cambia la comunicazione in questo periodo di evoluzione tecnologica?
 
E infine che la comunicazione sia un aspetto importante per tutti gli attori della sicurezza la sicurezza, Buonanno lo ricorda indicando che anche un caposquadradeve essere molto abile a comunicare considerando che la comunicazione comprende il saper dare bene gli ordini e assicurarsi che nella sua squadra tutti abbiano compreso”...
 
 
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di ascoltare integralmente l’intervista e/o di leggerne la trascrizione.
 
 
 
 
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
 
 
Quanto è importante la comunicazione nella formazione? Si dà abbastanza attenzione all’aspetto comunicativo? Quali sono le carenze che si possono riscontrare?
 
Michele Buonanno: (...) In effetti ci troviamo in questo momento a colmare quello che io ritengo un gap che si è creato negli ultimi anni. Perché già nel lontano 1997, a ridosso della normativa 626/1994, il legislatore aveva emanato il decreto ministeriale del 16 gennaio nel quale veniva specificato quale fosse il contenuto della formazione, anche con riferimento alla formazione dei lavoratori.
E nel terzo punto dell’articolo 1 di questo decreto veniva sottolineata l’importanza – soprattutto a livello di contenuti da curare nella formazione - delle tecniche di comunicazione interpersonali ai fini della sicurezza. Insomma già nel 1997 si riteneva che era necessario valorizzare questo strumento, quello della comunicazione.
Adesso stiamo recuperando. Fino ad adesso forse è stato infatti fatto poco, almeno da parte di molte organizzazioni che hanno puntato su altri aspetti della sicurezza, altrettanto importanti, ma un po’ zoppi perché mancava la cura relativa alla comunicazione (...), 
 
 
Come si può migliorare la comunicazione all’interno di una formazione? Cosa può invece ostacolarla?
 
M.B.: (...) Quello che io sottolineerò nella mia relazione è la differenza tra la comunicazione come può essere utilizzata al’interno di un sistema di gestione della sicurezza e come deve essere utilizzata in generale in aula.
Noi dobbiamo curare di più la comunicazione perché abbiamo sofferto in questi anni di alcuni “problemi”. Ad esempio abbiamo confuso comunicazione con informazione. Il cartello affisso alla parete dove c’è scritto il piano di gestione e emergenza è un’informazione, la comunicazione fatta in aula rimane una pura informazione... La comunicazione deve invece riprendere il suo ruolo.
La comunicazione è quello strumento grazie il quale riusciamo a modificare comportamenti.
Ma come lo facciamo? Lo facciamo quando riusciamo a mettere in gioco le persone con le quali comunichiamo. In realtà è sempre stato un processo a due vie. Non c’è una persona che comunica verso delle persone... (...)
Nell’intervento cercherò di dimostrare come si può fare, anche con semplici tecniche, a veicolare dei messaggi relativamente alla sicurezza. Messaggio che poi noi tecnici, noi professionisti della sicurezza, ci troviamo veicolare in due direzioni: verso i lavoratori e verso chi ci chiama o ci delega ad assolvere i vari compiti (datore di lavoro, dirigente dell’azienda, ...). (...) Lo si può fare cercando di coinvolgere le persone direttamente (“dalla cattedra alle persone”). Ma una volta coinvolte le persone dobbiamo passare alla fase successiva (“dalla forma alla funzione”): le persone vanno delegate e responsabilizzate. (...)
Uno degli obiettivi principali deve essere quello di far partecipare attivamente le persone allo sviluppo di una tematica e alla individuazione di una soluzione.
È solo così – comunichiamo e individuiamo il problema e troviamo insieme una soluzione – che chiudiamo il processo di comunicazione e riteniamo che il lavoratore – o anche il datore di lavoro se la comunicazione va anche in quella direzione – possa assumersi la responsabilità di iniziare ad attuare delle nuove misure e quindi eventualmente adottare un nuovo comportamento. E poi bisogna verificare che la comunicazione sia stata efficace...
 
 
Quanto spesso la comunicazione è chiara? Non c’è il rischio di dare per scontato nelle
Cerchiamo di capire se si assiste ad un’attenzione maggiore in questi anni alla comunicazione in una fase in cui cambia la tecnologia che è alla base della comunicazione?
 
M.B.: (...) La comunicazione non è mai completa se non abbiamo un feedback dal ricevente. Dobbiamo cercare di chiudere questo cerchio coinvolgendo le persone e scindendo la comunicazione dall’informazione.
Faccio un esempio. Il lancio di una campagna potrebbe essere un buon sistema di comunicazione. Ma la comunicazione rimane tronca se la campagna non prevede un momento di raccolte del feedback dell’utente.
Se comunichiamo ad esempio un nuovo modo di comunicare i mancati incidenti, dobbiamo però anche progettare gli strumenti per raccogliere le segnalazioni e dare un riscontro di quanto questa campagna ha migliorato l’azienda e il sistema di comunicazione... (...)
 
 
 

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Rispondi Autore: enzo raneri - likes: 0
18/12/2015 (06:07:03)
Buongiorno. nel testo dell'articolo ho notato una certa "intercambiabilità" fra i termini informazione e formazione.
Sembra che non si sia distinto il carattere della "monodirezionalità" che è tipico della formazione (opuscoli, poster, video, ecc., dalla "bidirezionalità", che è tipica della formazione (le riunioni, i corsi, ecc - peraltro tutti con verifica di efficacia).
Cosa ne pensate ?
Rispondi Autore: Michele Buonanno - likes: 0
18/12/2015 (12:28:58)
Ciao Enzo,
Mi fa piacere che tu sia interessato all'argomento. L'oggetto dell'intervista è relativo alla comunicazione in materia di sicurezza e solo in parte alla formazione e informazione. Detto questo, condivido con te alcuni aspetti ma conosciamo le differenze tra informazione, formazione e addestramento...e tutti noi, "professionisti della sicurezza", riteniamo utile tenerle distinte almeno in fase di implementazione di quanto previsto dalla normativa. Altra cosa invece è la comunicazione che in tutte queste fasi può e deve essere utilizzata e sviluppata. Inoltre, preciso che la formazione NON dovrebbe essere caratterizzata dall'aspetto di "monodirezionalità" come tu scrivi, ma sarei contento, se lo ritieni, di proseguire l'approfondimento in privato. Puoi contattarmi tramite linkedin.
Un caro saluto,
Michele
Rispondi Autore: enzo raneri - likes: 0
18/12/2015 (13:29:51)
Chiedo scusa, per un mio errore ho digitato "monodirezionalità che è tipico della formazione", invece che "monodirezionalità che è tipico della informazione"
Rispondi Autore: SR - likes: 0
20/01/2016 (16:11:10)
Bellissimo articolo... che non dice e insegna nulla.

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