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Interpello: cosa si deve intendere per RSPP interno?

Interpello: cosa si deve intendere per RSPP interno?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Interpelli

11/11/2014

Un interpello pone un chiarimento sul tema degli RSPP interni e esterni. L’RSPP interno deve essere necessariamente un dipendente del datore di lavoro o può essere anche un professionista in possesso dei requisiti di legge?

 
Roma, 10 Nov – Un nuovo interpello interviene sul tema del servizio di prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro, dopo altri interpelli passati che hanno dato chiarimenti su vari aspetti. Ad esempio sulla possibilità di utilizzare un unico servizio di prevenzione e protezione (SPP) in aziende con più unità produttive ( Interpello n. 1/2012) o sul budget del SPP interno all’azienda ( Interpello n. 22/2014) o, ancora, sulla formazione degli RSPP e ASPP ( Interpello n. 18/2013).
 
Tuttavia il recente interpello n. 24/2014 del 4 novembre 2014 in risposta ad un quesito della Confcommercio affronta un aspetto particolarmente delicato, l’interpretazione dell'art. 31 del D.Lgs. n. 81/2008 e la definizione di cosa si debba intendere per RSPP interno.
 
Ricordiamo infatti che proprio sul tema degli RSPP interni e esterni il nostro paese è stato sottoposto in passato dalla Commissione Europea ad una procedura d’infrazione; la procedura richiamava il nostro Paese ad un più corretto recepimento delle direttive europee circa l’ordine di preferenza nella scelta fra servizio interno ed esterno.
Procedura risolta poi attraverso le novità introdotte dal Decreto del Fare-Legge n. 98/2013 e le modifiche all’art. 31 del D.Lgs. 81/2008: orail datore di lavoro (art. 31, comma 1) deve organizzare il SPP “prioritariamente” all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva.


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Inoltre anche sul comma 6 dell’articolo 31 - relativo agli ambiti in cui l’istituzione del SPP interno all’azienda è comunque obbligatoria - sono sorti in questi anni alcuni dubbi interpretativi, ad esempio su cosa si dovesse intendere precisamente per “ azienda industriale”.
 
Veniamo dunque all’istanza di interpello inviata da Confcommercio per conoscere il parere della Commissione Interpelli, prevista dall’articolo 12 comma 2 del D.Lgs. 81/2008, sulla corretta interpretazione dell'art. 31, comma 6, del D.Lgs. n. 81/2008.
 
In particolare viene chiesto “[...] se in caso di servizio di prevenzione e protezione istituito necessariamente all'interno dell'azienda - nei casi di cui all'articolo 31, comma 6, del d.lgs. n. 81/2008 - il Responsabile del servizio debba essere necessariamente un dipendente del datore di lavoro o possa essere anche un professionista in possesso dei requisiti di legge”.
 
Per rispondere alla domanda la Commissione ricorda che con la modifica introdotta dal Decreto Legge n. 69/2013 - convertito in Legge n. 98/2013 – si “pone in capo al datore di lavoro l'obbligo di organizzare il SPP prioritariamente all'interno”.
 
Appare dunque evidente che il legislatore “abbia voluto sottrarre al datore di lavoro la facoltà di optare liberamente fra servizi esterni ed interni favorendo la scelta di quest'ultimo”. A norma poi del comma 4 dell’articolo 31 si indica che ‘il ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unita produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32”.
 
Inoltre la Commissione ricorda quanto previsto dal legislatore nel disciplinare l'istituzione del servizio di prevenzione e protezione con riferimento all'articolo 31, comma 6. E indica che tale previsione è “ovviamente motivata dalla necessità di assicurare una presenza costante e continuativa del servizio prevenzione all'interno dell'azienda”.
 
Riportiamo integralmente il comma 6 e il comma 7 dell’articolo 31:
 
Articolo 31 - Servizio di prevenzione e protezione
(...)
6. L’istituzione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni; e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.
7. Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del servizio di prevenzione e protezione deve essere interno.
(...)
 
Ciò premesso la Commissione fornisce le seguenti indicazioni.
 
La Commissione “ritiene che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) si considera interno quando - a prescindere dalla tipologia contrattuale che lega tale soggetto al datore di lavoro, in linea con il dettato dell'art. 2, comma 1, lettera a) del D.Lgs. n. 81/2008 - egli sia incardinato nell'ambito dell'organizzazione aziendale e coordini un servizio di prevenzione e protezione interno, istituito in relazione alle dimensioni ed alle specificità dell'azienda. Pertanto, sarà cura del datore di lavoro rendere compatibili le diverse tipologie dei rapporti di lavoro e la durata della prestazione di lavoro con le esigenze che il RSPP deve tenere presenti per portare a termine pienamente i compiti che è chiamato a svolgere”.
 
Infatti – continua l’interpello – il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione, proprio in virtù della peculiarità dei compiti da svolgere, “deve necessariamente avere una conoscenza approfondita delle dinamiche organizzative e produttive dell'azienda, conoscenza che solo un soggetto inserito nell'organizzazione aziendale può possedere”.
 
Come intendere dunque in tale quadro normativo il termine “interno”?
 
Il termine "interno" – secondo la Commissione - non può intendersi equivalente alla definizione di "dipendente", ma “deve essere sostanzialmente riferito ad un lavoratore che assicuri una presenza adeguata per lo svolgimento della propria attività”.
 
 
 
 
 
 
Tiziano Menduto
 


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Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
10/11/2014 (10:01:52)
Sarei curioso di sapere sulla base di quali parametri sarà definita, in caso di reato d'evento, l'adeguatezza o meno della presenza del RSPP esterno in azienda.
In altre parole, a fattaccio accaduto, saremo di nuovo in ballo con le varie interpretazioni di UPG, PM e compagnia bella.

Altro problema.
Se come RSPP non dipendente di un'acciaieria, per assicurare un'adeguata presenza, sono tutti i santi giorni in azienda ed ho solo questa azienda committente, non mi pare che dal punto di vista strettamente giuslavoristico, il rapporto di lavoro possa intendersi come una prestazione di lavoro autonomo o in un'altra delle variegate forme previste per il lavoro temporaneo.
Forse con la somministrazione (ex interinale) ..... ma anche qui sarebbe dura per l'azienda far fronte, ad esempio, a richieste risarcitorie di un RSPP per disparità di trattamento a fronte dell'attività prestata.

A meno che non si stipuli un contratto di "Temporary Management" ma applicando le tariffe previste per queste attività che sono ben più alte di quelle relative al costo, ad esempio, di un dipendente.

Penso si sia tutti d'accordo che ciò che conta non è la tipologia di contratto ma le competenze di un RSPP.
Quindi qui nessuno sta dicendo che ci vuole un RSPP che fa il portiere o lo sceriffo dell'azienda ma di un RSPP che, in possesso di adeguate competenze, è in grado di partecipare "dal di dentro" alle strategie ed alle decisioni dell'organizzazione aziendale.
E tanto più è complessa l'organizzazione, tanto più è importante che tale figura sia coinvolta in tutti i processi decisionali.

Siamo sicuri che un soggetto pagato a prestazione, scelto spesso con il criterio del minor costo sul mercato, sia percepito come parte integrante dell'azienda, possa essere coinvolto in egual modo di un RSPP dipendente e sia in grado di offrire un supporto adeguato ad un'azienda complessa e con processi ad alto rischio?
Questa è la vera domanda che dobbiamo farci.

Insomma, a mio giudizio, di questa risposta all'Interpello, ne avremmo potuto fare a meno.

Un RSPP che, per le tipologie di aziende citate prima, non si dedica a tempo pieno all'azienda, non può espletare compiutamente i propri obblighi.

Il RSPP a tempo pieno, anche di un'azienda da comma 6 dell'art. 31, non è un tuttologo ma deve avere la capacità di comprendere quando le sue competenze devono essere integrate da soggetti specialisti esterni.
A questo devono servire i consulenti esterni e non a sostituirsi al RSPP in questa tipologia di aziende.

La risposta all'Interpello non è un esempio di chiarezza perchè, in sostanza, dice:
"datore di lavoro sono cavoli tuoi su come stipuli l'accordo di collaborazione con il RSPP purchè sia inserito nell'organizzazione aziendale ed assicuri una presenza adeguata".

Si può ritenere questa una risposta chiarificatrice?
Penso proprio di no.
E' una risposta "di plastica" che sconta l'errore iniziale (voluto o meno, questo non lo so) contenuto prima nel 626 e poi nell'81.
Non potendo modificare con una risposta ad un interpello, il testo di un decreto legislativo, non hanno potuto che fornire questa risposta quantomeno sibillina.

Comunque, le aziende citate, se con un po' di sale in zucca, si guarderanno bene da esternalizzare l'incarico visto che i rischi, tanto per rimanere in tema, sono più dei vantaggi.

Infine, è quantomeno stupefacente che tale Interpello sia stato posto da chi non ha nulla a che vedere con i settori indicati all'art. 31, comma 6 del D. Lgs. n° 81/2008.
Rispondi Autore: luca pedretti - likes: 0
10/11/2014 (10:24:42)
Condivido in toto il commento del collega Catanoso. Più che un chiarimento mi pare un "creare confusione" su un concetto che risultava abbastanza definito.

Il collega ha infatti centrato appieno l'aspetto complementare della situazione, ovvero il fatto che i rapporti lavorativi sono (solitamente) su base remunerata.

Se quindi io consulente ritengo che per essere adeguatamente coinvolto devo stare x ore in azienda ma chi mi paga me ne concede solo la metà, come la mettiamo?

Mi pare una situazione quantomeno particolare.
Rispondi Autore: Massimo Ognibene - likes: 0
11/11/2014 (07:21:42)
Scusate ma non capisco perché in Italia si debbano sempre complicare le cose semplici. RSPP interno, ancorché non dipendente, significa una persona che dedica un ADEGUATO TEMPO alla attività interna.E fidatevi che, detto da un RSPP di una azienda di 1100 dipendenti, per fare bene il proprio lavoro ci vorrebbe una settimana da 80 ore lavorative. Chi dice il contrario non fa l'RSPP in modo adeguato. Inoltre, solo per precisione, un consulente PUÒ lavorare a tempo pieno per una Azienda senza che ciò possa configurarsi come lavoro dipendente. In caso di infortunio si dovrà dimostrare che il consulente esterno aveva una presenza interna adeguata ai rischi e alla complessità dell'Azienda. Non so, a volte mi sembra che si interpretino i concetti a proprio uso e consumo.... abilità tutta Italiana.
Rispondi Autore: @SferaIngegneria Sfera Ingegneria - likes: 0
11/11/2014 (08:05:23)
Conosco molto RSPP interni che fanno la metà di un "esterno" e non per propria responsabilità, ma per il fatto che la loro mansione è composta: magari sono amministrativi che assumono il ruolo di RSPP e il tempo che implicitamente gli vene dato a disposizione per l'espletamento del ruolo è insufficiente. Mettiamo anche il fatto che un RSPP interno potrebbe essere aggiogato da servilismo nei confronti del DDL in quanto è pur sempre un dipendente. Detto questo ritengo che gli incarichi di RSPP esterno dovrebbe essere in qual modo regolati: data la giungla del libero mercato si vedono incarichi per una manciata di spiccioli e questo comporta p una inoperosità scontata oppure l'obbligo del Professionista di prendere molti incarichi per sopperire al lato economico.
Rispondi Autore: Massimo Zucchiatti - likes: 0
11/11/2014 (08:16:59)
potrei dire che la mia attività si basa sugli incarichi di RSPP esterno...ma devo concordare con Catanoso o meglio concordo che si deve puntare (come si faceva ante-626) a distinguere bene bene tra RSPP e consulente/specialista/esperto...
Quello che "frega" molti e sul quale molti "approfittano" è quella letterina "R" !
Gli R-spp diventano nella fantasia popo-industri-commer-artigianale...i "RESPONSABILI DELLA SICUREZZA della MIA azienda" tiè !!
Ai RSPP manca solo la scopa nel didietro e poi sono completi . Nella stessa fantasia popolare soto tuttologi-responsabili di tutto masenzasoldinèpoteredidecisione (scritto tutto attaccato) una specie di grande secchio dove si buttano i vari problemi e si apre (il secchio) o si chiude quando si vuole (si chiama il RSPP solo quando la frittata è fatta ed è meglio che non si presenti prima).
Meglio che persone come Catanoso ed altri ben più conosciuti di me si sforzino di far capire chi è il RSPP (interno all'azienda perchè la vive la sente la ascolta [più difficile ascoltare che sentire...]) e chi sono i consulenti che lo possano aiutare, questi sì si chiamano quando serve posibilmente prima della frittata.
Il RSPP interno od esterno non deve essere il para-buchi della sicurezza ma quello che dà una mano al "paron" (padrone) ma dopo 20 anni dal 626 il "paron" vede ancora sfuocata questa figura che viene trattata a volte da "rompicoglioni" e a volte come "risolvituttosenotiammazzoenontipago" .
Dovremmo fare un bel convegno sulle singole lettere che compongono l'acronimo R - S - P - P...e chi entra al convegno non esce se non ha ben digerito il loro significato...
Dopo (il convegno) forse avremmo molti più RSPP INTERNI e molti più consulenti esterni.
Mandi
Rispondi Autore: Carlo Timillero - likes: 0
11/11/2014 (15:53:40)
Brillante chiarimento della Commissione per l'Interpello.
Art.31/81 comma 2:"....rspp e aspp, interni ed esterni, devono essere in numero sufficiente ripetto alle caratteristiche dell'azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svoglimento dei compiti loro assegnati..."
Mi pare si possa dedurre che tempo/presenza (senza tempo non ci può essere presenza!)sono la condizione minima per l'esercizio efficace/effettivo del ruolo di RSPP e non il criterio di diffrenziazione tra rspp interno o esterno.
Rispondi Autore: franco manca - likes: 0
15/11/2014 (16:50:50)
Trovo interessanti tutti i commenti ma nel mio caso devo ricoprire il mio ruolo in ben tre cantieri totalmente diversi tra loro per tipologia di attività, non posso sovraintendere a tutto anche perchè è stato nominato un aspp che è del tutto incompetente, inoltre non vengo informato a dovere di quanto si fa nei rispettivi cantieri a parte uno dove risiedo stabilmente. Cosa dovrei fare per convincere il DL ad assumere un altro rspp?
Rispondi Autore: maria tomasi - likes: 0
15/11/2014 (18:57:29)
Come non condividere i Vostri commenti, a partire ovviamente da Catanoso !
Di questo interpello ne potevamo fare a meno..meno.. meno !
Appoggio l'idea di un utopico convengo sull'acronimo R-S-P-P !!
Buona domenica a tutti !
Rispondi Autore: massimiliano mastroddi - likes: 0
03/07/2017 (21:51:47)
volevo sottoporvi la mia questione;
oggi sono stato chiamato in direzione sanitaria e amministrativa per prospettarmi quale dipendente con qualifica operaio specializzato con RSPP con tutti i corsi che ne conseguono sono indeciso poiché coprirei delle responsabilità se sbaglio pagherei sia nel civili che nel penale
Sono in confusione credo di essere all'altezza ,detto questo rimango stupito ho uno stipendio di 1100,00
vorrei un consiglio da chi più esperto di me grazie
Rispondi Autore: Andrea Giorgi - likes: 0
11/10/2021 (18:30:45)
Buongiorno, sono molto interessato a questo argomento, in quanto purtroppo, tutto quanto visto e letto sopra è facilmente applicabile (di qualsiasi interpretazione si parli) ad aziende di una certa dimensione, meno quando si parli di aziende piccole (e l'Italia per fortuna o sfortuna) ne è piena, con anche solo 7-9 dipendenti e magari la maggior parte di queste con formazione e qualifiche non idonee a ricoprire il ruolo di RSPP con tutto il bagaglio di competenze e visione che deve avere. Come ben detto sopra l'RSPP è un lavoro a tutti gli effetti e deve essere fatto al meglio delle professionalità che ci sono.
In termini di tempo, rapportato ad una azienda con le caratteristiche di cui sopra, credo che questo venga in secondo piano. Se i processi sono ben definiti e semplici viste la realtà, il RSPP può essere fisicamente presente in maniera più limitata che in una azienda di 1100 dipendenti, come in un esempio menzionato da altri. Potrebbe forse essere supportato da una figura giornalmente presente (ASPP?) e dare il suo massimo apporto in quanto professionista del mestiere che magari ha anche la possibilità di vedere altre realtà e confrontarsi quotidianamente con le tematiche anche da diverse prospettive.
Nominare un dipendente su 7-9 possibili RSPP e relegarlo giornalmente alla sua mansione di "semplice" metalmeccanico, per poi una volta al mese ricordargli di firmare documenti dei quali è poco padrone, dal mio punto di vista è più pericoloso che avere un professionista al servizio.
Vorrei sapere cosa ne pensate e approfondire la tematica.

Saluti
Rispondi Autore: Marco Cavedon - likes: 0
20/04/2022 (20:23:00)
Altra grande paraculata all'italiana. Perchè, un RSPP esterno per aziende piccole non deve "assicurare una presenza adeguata per lo svolgimento delle proprie attività" ? Mi sembra chiaro che hanno voluto favorire gli studi di consulenza.

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