Storie di infortunio: la levatrice
Presentiamo la storia intitolata "La levatrice", a cura di Andrea Sbrancia, ATS Macerata, UOSD Epidemiologia, Promozione della salute e comunicazione del rischio.
Questa narrazione fa parte del repertorio delle "Storie d'infortunio", sviluppate dagli operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi. Queste storie sono state create a partire dalle indagini sugli incidenti e sono raccolte sul sito del Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte (Dors).
Comprendere le dinamiche degli incidenti non è sufficiente per afferrare appieno i contesti in cui avvengono, specialmente per quanto riguarda gli aspetti organizzativi che spesso contribuiscono alle cause di un evento. Adottare un approccio basato sull'analisi dei casi, trasformando le indagini sugli incidenti in storie raccontate dagli operatori che le hanno condotte, può aiutare a identificare i fattori che hanno determinato o mantenuto una situazione di rischio. Questo processo facilita la formulazione e la condivisione di soluzioni preventive.
La levatrice
Luogo: Marche, zona artigianale in provincia di Macerata
Comparto produttivo: servizi alle imprese
Esito: lesioni permanenti alla mano destra
Dove è avvenuto l’infortunio: in una piccola lavanderia industriale a conduzione familiare
Cosa si stava facendo: Giulia, l’infortunata utilizzava una macchina marcata CE denominata “mangano essiccante” [1]
Descrizione infortunio: Giulia, mentre usava il macchinario, si è accorta che uno dei capi in lavorazione si era impigliato nella sezione piegatura della macchina. Per risolvere il problema, alza la protezione metallica con la mano sinistra e raggiunge, con la mano destra, un grembiule che, a causa dei suoi lacci, si era impigliato sulla prima coppia di rulli riscaldati. La mano viene trascinata e schiacciata dai due elementi mobili. Prontamente viene azionato uno dei pulsanti di emergenza che ferma la macchina. Le persone accorse e il personale sanitario intervenuto successivamente impiegheranno più di 30 minuti per liberare la mano di Giulia rimasta bloccata fra i rulli caldi.
Come prevenire: il costruttore doveva immettere sul mercato una macchina conforme ai requisiti essenziali di sicurezza. Il manuale d’uso e manutenzione dell’attrezzatura indica che i capi che possono essere stirati e piegati con la macchina sono quelli genericamente definiti “biancheria piana”. Non viene invece esplicitato alcun divieto per la biancheria munita di lacci o cinte. In più punti del manuale, il costruttore, evidenzia che tutte le protezioni sono controllate da micro-interruttori. Le due protezioni a griglia, presenti nella parte frontale della macchina, dovrebbero essere quindi del tipo “mobile interbloccato”. In realtà la protezione dei rulli piegatori risulta privo di micro. A livello progettuale non appare casuale che il costruttore abbia adottato un riparo di fatto mobile ma non interbloccato. La ditta produttrice è consapevole che nella zona dove termina la fase di stiratura ed inizia la piegatura si verificano con più probabilità gli intasamenti che possono essere risolti in modo rapido sollevando la griglia di protezione ed estraendo a forza il capo impigliato, tutto questo senza interrompere il ciclo produttivo mediante lo spegnimento della macchina.
Nel caso di uno schiacciamento e del conseguente intrappolamento delle dita o della mano degli operatori causato dai rulli pressori, l’azionamento dei pulsanti di emergenza non garantisce la liberazione dell’infortunato. I pulsanti di emergenza infatti arrestano semplicemente la rotazione delle parti mobili ma non attivano alcuna ulteriore azione che determini ad esempio il distacco e l’allontanamento dei rulli o una contro rotazione degli stessi. Accorgimenti, questi, obbligatori per le calandre e i mangani.
– il costruttore non doveva indurre l’acquirente ad utilizzare il mangano in modo pericoloso fornendo indicazioni errate e modificando scientemente il dispositivo di protezione per la risoluzione degli impigliamenti dei capi da stirare;
– il datore di lavoro doveva valutare adeguatamente i rischi residui presenti nella macchina seppure fosse marcata CE.
[1] La macchina viene impiegata per l’asciugatura, la stiratura e la piegatura automatica della biancheria. La postazione di lavoro è situata nella zona dove è presente un piano inclinato; qui vengono stesi manualmente i capi da processare che poi vengono trasportati, mediante un tappeto ruotante aspirato, all’interno della macchina. Il piano inclinato è dotato di una protezione materiale sensibile, idonea a proteggere le mani dell’operatore addetto al carico. Sotto a tale elemento, su tutta la larghezza della zona di lavoro, è installata una “protezione fissa” costituita da un telaio munito di rete metallica. Incardinata ai montanti di destra e di sinistra della macchina, la protezione risulterebbe, di fatto, mobile se non fosse bloccata da un’asta filettata munita di dado di serraggio dotato di alette. Tale dado a farfalla, che può essere svitato manualmente senza l’ausilio di alcun attrezzo, se ruotato di 90 gradi, cioè con le ali parallele al lato lungo delle maglie della rete, consente all’operatore di poter sollevare agevolmente la protezione. Nella parte più bassa del mangano, sempre in posizione frontale, è presente una protezione mobile analoga a quella precedentemente descritta. Questa però è correttamente munita di micro interruttore di sicurezza quindi, se viene sollevata, la macchina si arresta.
Leggi la storia (pdf)
Fonte: Dors
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Rispondi Autore: Paolo Giuntini - likes: 0 | 02/10/2024 (00:23:54) |
Sembra uno scherzo: "levatrice", un termine ormai in disuso, almeno in Toscana. Era l'ostetrica che assisteva le partorienti durante il parto entro le mura domestiche, al tempo in cui gli ospedali e in particolare i reparti maternità erano quasi irraggiungibili. |