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Reskilling e upskilling: le parole d'ordine del futuro nel settore HR

Secondo il report Global Talent Trends 2019, la maggior parte della popolazione globale ha in programma di lavorare fino ai 65 anni d'età e quindi gli HR manager dovrebbero considerare la possibilità di intensificare i programmi di formazione per mantenere i talenti migliori nella propria organizzazione.

"Con il 75% dei dipendenti che intendono posticipare l'età pensionabile e cinque generazioni che lavorano già oggi fianco a fianco, non è mai stato più importante per le aziende pensare in modo creativo a un modo per impiegare i lavoratori esperti", scrivono gli autori. I dirigenti condividono lo stesso avviso: reskilling e upskilling sono diventate la loro priorità numero uno e sono saltate dalla nona alla terza posizione nella relazione di quest'anno.

"Lo sviluppo delle competenze professionali è la chiave per la competitività organizzativa", scrivono gli autori. "Ma per fornire ciò che i dirigenti desiderano, le risorse umane devono cambiare mentalità o rischiano di mettere in atto una profezia che si auto-avvera: molti HR manager, infatti, sostengono che il principale ostacolo al reskilling sia proprio la preoccupazione che i talenti formati lasceranno l'azienda".

In tutto il mondo, l'investimento medio nella riqualificazione professionale è di $ 1.000 a persona. Gli investimenti maggiori (mediamente $ 2.000 a persona) si verificano nel settore della vendita al dettaglio e da parte dei datori di lavoro in Cina.

La maggior parte dei lavoratori (83%) ritiene che l'aggiornamento delle proprie competenze sia principalmente propria responsabilità, piuttosto che del datore di lavoro. Di conseguenza, gli approcci più utilizzati dalle risorse umane sono l'apprendimento diretto dai dipendenti e l'apprendimento pratico informale, anche se per garantire che i lavoratori in posizioni cruciali accrescano il proprio talento, i datori di lavoro stanno sviluppando programmi di formazione formale.
"L'attenzione sui lavoratori più anziani è diventata urgente perché questi sono estremamente vulnerabili all'automazione: si pensi che i lavoratori più anziani svolgono lavori in cui almeno il 50% dei compiti può essere automatizzato", scrivono gli autori.

Mentre l'automazione richiede che molti lavori siano "destrutturati" in molti piccoli compiti individuali, i datori di lavoro si stanno sempre più rendendo conto che ci saranno sempre posti di lavoro che implicano il fattore umano. Per impiegare al meglio il capitale umano, i datori di lavoro dovranno definire in modo più chiaro compiti, ruoli dei team e posizioni in modo che i dipendenti mantengano la possibilità di contribuire in modo umano. Come? Innanzitutto, determinando quali compiti sono ripetitivi, strategici, necessari per tutto l'anno o basati su progetti.
"Le organizzazioni devono riconsiderare il modo in cui distribuiscono le persone, soprattutto perché i lavori che rimarranno richiederanno probabilmente diversi livelli di intensità del lavoro e maturità cognitiva", scrivono gli autori.


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