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MANCATO ACCORDO STATO-REGIONI PER GLI RSPP: ARRIVA LA DENUNCIA

Rocco Vitale

Autore: Rocco Vitale

Categoria: Informazione, formazione, addestramento

21/12/2005

L’AIFOS avvia la procedura d’infrazione davanti alla Corte di giustizia Europea nei confronti della Repubblica Italiana per il mancato accordo Stato-Regioni per la definizione dei programmi di formazione per gli RSPP. Di Rocco Vitale, presidente Aifos.

MANCATO ACCORDO STATO-REGIONI PER GLI RSPP: ARRIVA LA DENUNCIA

L’AIFOS avvia la procedura d’infrazione davanti alla Corte di giustizia Europea nei confronti della Repubblica Italiana per il mancato accordo Stato-Regioni per la definizione dei programmi di formazione per gli RSPP. Di Rocco Vitale, presidente Aifos.

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Com’è noto, il D.Lgs. 195/03 prevede che sia la Conferenza Stato Regioni ad approvare l’Accordo per la definizione dei contenuti minimi e degli enti organizzatori dei corsi di formazione per Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e per gli Addetti.

L’AIFOS ha avviato la procedura di infrazione davanti alla Corte di giustizia delle Comunità Europee nei confronti della Repubblica Italiana per violazione grave e persistente (in danno dei cittadini dell'Unione Europea e degli altri Stati Membri che hanno già recepito nei termini la direttiva 89/391/CEE del 12 giugno 1989). Lo Stato italiano, firmatario del Trattato Ce essendo è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell'art. 7, nn. 3, 5 e 8, della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1; in prosieguo: la "direttiva") nonostante la sentenza della Corte di giustizia delle comunità europee - Quinta Sezione - 15 novembre 2001.

La mancata approvazione dell’Accordo tra Stato e Regioni (messo all’ordine del giorno nella seduta del 15 dicembre scorso e non trattato) riguarda il completo adempimento del D.Lgs. 195/03. A due anni di distanza dall’emanazione di detto decreto che introduce il nuovo art. 8 bis all’interno del D.Lgs. 626/94 sono trascorsi quasi due anni e mezzo.

Vale la pena ricordare come lo Stato Italiano, dopo la condanna inflitta dalla Corte di Giustizia Europea nel 2001 (vedere PuntoSicuro n. 444 e la sentenza relativa alla causa 49/00 delle Corte di giustizia europea), solo dopo un anno e mezzo ha promulgato il D,Lgs. 195/03.

Di fatto, però, lo Stato italiano si è concesso una ulteriore dilazione dell'adempimento obbligatorio, prevedendo un regime cosiddetto transitorio che a far data dall'entrata in vigore delle nuove disposizioni del D. Lgs. n. 195/2003, ovvero dal 13 agosto 2003, si è inopinatamente poi esteso fino al dicembre 2005 e oltre.

La definitiva adozione con decreto dei requisiti minimi di tali corsi appare essere del tutto indefinita e non pare essere all'orizzonte una approvazione definitiva, in sede politica e deliberante, da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonostante le riunioni dei tecnici di tale Conferenza abbia da tempo messo punto i contenuti di tali corsi e che la stessa proposta sia stata inserita nell’ordine del giorno dei lavori e non discussa.

Questa perdurante incertezza e ambiguità, che rende difficile ai datori di lavoro comprendere in che modo adempiere correttamente agli obblighi di legge, e priva i lavoratori di servizi aziendali di prevenzione e protezione efficaci e professionalmente competenti, contrasta con gli obiettivi e le finalità della direttiva inattuata n. 89/391/Ce e del diritto comunitario (articolo 10 del Trattato Ce), in generale.

Secondo una costante giurisprudenza il recepimento di una direttiva non è corretto se «crea una situazione di fatto ambigua in quanto mantiene gli interessati in uno stato di incertezza circa la possibilità di far appello al diritto comunitario» (Sentenza 15 ottobre 1986, causa 168/85, Commissione/Italia, Racc. pag. 2945, punto 11).

La lentezza legislativa e la confusione burocratica che si è venuta a creare al posto di attuare misure ed adempimenti per la sicurezza sul lavoro rappresenta un ulteriore elemento di pericolo per la salute, a causa del rischio di mancato rispetto delle esigenze poste dalla direttiva europea e dalla condanna, già subita, dell’erroneo recepimento della direttiva stessa. Infatti la 89/391 mira in via prioritaria al miglioramento della tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. L'impiego di personale qualificato per i compiti degli specifici incaricati assume in tale contesto grande importanza. Persone prive di sufficienti capacità e attitudini al riguardo potrebbero difatti rappresentare un pericolo per la sicurezza e la salute dei lavoratori tutelati, ingiustamente e iniquamente privati di servizi aziendali di prevenzione e protezione composti da persone in possesso di adeguati requisiti professionali..

La situazione di stallo e di incertezza non è più sostenibile e pertanto la denuncia alla Corte di Giustizia Europea è l’unica strada che ci resta da percorrere.

 

Rocco Vitale, presidente Aifos


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