Fare formazione: small tecniques e narrazione autobiografica
Brescia, 3 Set – In alcuni articoli di PuntoSicuro abbiamo ricordato come sia sempre maggiore, in ambito formativo, l’attenzione ad aspetti come il coinvolgimento, la creatività e la partecipazione attiva dei soggetti da formare. E, a questo proposito, ci siamo soffermati sui principi e le tecniche correlate alla formazione esperienziale, una tipologia di apprendimento che, rispetto ad altre forme tradizionali di formazione, può offrire alcuni vantaggi:
- “il rafforzamento delle relazioni create all’interno del gruppo di lavoro.
- la possibilità di auto valutarsi analizzando la percezione che si ha di sé e degli altri.
- la possibilità per i discenti di interpretare ruoli diversi, a volte anche distanti rispetto a quelli quotidianamente ricoperti.
- il miglioramento della comunicazione, della collaborazione e della capacità di condividere obiettivi comuni.
- l’individuazione e il rafforzamento di strategie d’azione.
- la possibilità di creare idee innovative e d’implementarle all’interno dei processi dell’organizzazione.
- il miglioramento delle prestazioni e il raggiungimento di obiettivi prefissati”.
A raccontare i vantaggi e i limiti dell’apprendimento esperienziale è una tesi - dal titolo “ La formazione esperienziale come strumento per la sicurezza sul lavoro” - realizzata nell’anno accademico 2016/2017 da Giulia Marcandelli per il Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale ( Università degli Studi di Brescia - Dipartimento di ingegneria meccanica e industriale).
Nella tesi vengono presentate varie tecniche formative correlate al mondo dell’apprendimento esperienziale. Oggi raccogliamo alcune informazioni sulle “small tecniques” e sulla narrazione autobiografica.
Questi gli argomenti affrontati nell’articolo:
L’utilizzo delle small tecniques
Nella tesi si indica, con riferimento a quanto indicato da Silvio Bettinelli (2008), che le small techniques sono definibili come ‘una serie di attività di durata abbastanza breve piuttosto strutturate e con regole definite, realizzabili anche indoor e che non richiedono l’utilizzo di attrezzature complesse’.
Queste small techniques rappresentano un “valido strumento di applicazione della formazione esperienziale, in grado di facilitare il processo di cambiamento e l’acquisizione di competenze trasversali”, ad esempio facilitando l’esperienza concreta, cioè quella fase della formazione “in cui si passa all’azione e si raggiunge l’obiettivo prefissato mediante la realizzazione di un compito”.
Sono ricordati alcuni punti di forza di queste tecniche: “il ridotto investimento in risorse, la facile applicabilità anche in diversi contesti, il raggiungimento di più obiettivi formativi, l’opportunità di coinvolgere i partecipanti in lavori di gruppo e l’efficacia in un arco di tempo limitato”. Ma anche alcuni punti di debolezza, ad esempio il fatto che “possano essere percepite solo come momento di svago o come scarsamente efficaci nel rappresentare dinamiche reali”. E “l’esperienza emotiva di tale strumento potrebbe apparire meno intensa rispetto a quella di altre tecniche”.
La tesi presenta poi alcune small techniques (Fòrema, 2013):
- “Spider’s web”;
- “La guida”,
- “Oggetti in movimento”.
E indica che per un’adeguata applicazione delle small techniques e per garantirne l’efficacia in un processo di apprendimento, “diviene di fondamentale importanza il ruolo del trainer, che ha il compito di guidare il gruppo verso la buona riuscita della tecnica, aiutandolo durante il processo di miglioramento e di sviluppo delle conoscenze”.
In particolare la conoscenza “può essere suddivisa in tre categorie:
- conoscenza ricevuta, che si ricava dalle persone o da fonti che si ritengono attendibili,
- conoscenza intellettuale, che deriva dall’analisi critica di ciò che si è letto o ascoltato durante una lezione,
- conoscenza esperienziale, che viene costruita mediante l’esperienza e che permette di realizzare una saggezza personale che porta al cambiamento”.
La narrazione autobiografica
Un’altra tecnica affrontata dalla tesi è relativa alla narrazione autobiografica, ovvero “il racconto di esperienze personali come tecnica di conoscenza di sé”, che ha spesso avuto “largo utilizzo nell’ambito della formazione per svariati motivi quali, per esempio, la maggior propensione all’elaborazione, la valorizzazione dei contesti e delle situazioni operative e l’idea di conoscenza come processo interattivo” (Streibel, 2008).
Si segnala, a questo proposito, che il pensiero narrativo viene considerato “un pensiero costruttivo che supporta l’apprendimento in quanto ogni racconto presentato da una persona ha un carattere soggettivo che deriva da un’azione di costruzione che si contrappone alla mera accettazione passiva di un evento, come può accadere per altri strumenti utilizzati per la formazione” (Kelly, 1955). Inoltre, la narrazione autobiografica “può rappresentare un utile strumento alla formazione, fornendo ai soggetti la capacità di modificare il presente alla luce di quanto successo in passato e concepire modalità differenti di comportarsi in futuro, sviluppando così un senso critico e di autoregolazione” (Bruner, 1990).
Fare formazione con la narrazione
Nella tesi si segnala che nel tempo la formazione, soprattutto in ambito professionale, “ha assunto un carattere sempre più dinamico, tendente a una visione secondo la quale il soggetto non è un semplice acquisitore passivo d’informazioni ma assume un ruolo attivo nella costruzione della propria identità professionale; le narrazioni di sé e delle proprie esperienze a confronto con quelle degli altri servono proprio al raggiungimento di questo obiettivo e divengono molto utili in tutti quei casi in cui è richiesto di costruire, approfondire e migliorare la conoscenza di sé e della propria individualità” (Poggio, 2004).
Si ricorda poi che questo genere di narrazione – scritta, orale, libera o strutturata – “deve basarsi su alcuni principi quali, per esempio, la veridicità degli eventi esposti, la capacità di compiere un’analisi e una sintesi di quanto vissuto e la possibilità di far emergere utili considerazioni da quanto realmente accaduto”. E anche in questo caso, come per il brainstorming, “diviene fondamentale il ruolo del coordinatore del gruppo che deve guidare l’azione dei partecipanti verso il raggiungimento degli obiettivi che la narrazione autobiografica intende raggiungere”.
In particolare la narrazione autobiografica, che nasce come tecnica individuale, può poi essere applicata anche in “situazioni che vedono la presenza di gruppi di persone che possono discutere delle esperienze vissute. La condivisione delle esperienze può divenire l’occasione per cogliere spunti e interpretazioni interessanti e far emergere aspetti che la singola persona da sola non sarebbe in grado di cogliere”.
Chiaramente una condizione necessaria per l’applicabilità della tecnica all’interno di un gruppo è “la propensione all’ascolto e alla partecipazione costruttiva, e non polemica, di ogni soggetto. Inoltre “le condizioni di ‘contorno’ divengono molto importanti” (durata incontro, scelta dell’ambiente, strumenti utilizzati, …).
Si indica, in conclusione, che il confronto tra racconti permette di “far emergere diverse visioni di una stessa informazione e permette così di per poter scegliere, tra i diversi punti di vista, quello che meglio si presta alla risoluzione di un problema”. E la narrazione autobiografica “impone ai soggetti di interrogarsi sul perché degli eventi accaduti, ponendosi domande ed interrogativi che con altre tecniche potrebbero non emergere in modo così forte”.
RTM
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“ La formazione esperienziale come strumento per la sicurezza sul lavoro”, tesi realizzata nell’anno accademico 2016/2017 da Giulia Marcandelli per il Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale - Università degli Studi di Brescia (formato PDF, 2.07 MB).
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