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Dall’Emilia e Romagna una concreta applicazione dell’accordo stato regioni

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La delibera della Giunta Regionale dell’Emilia Romagna n. 938 del 3 luglio 2006 (vedere PuntoSicuro n. 1522) costituisce il primo ed unico atto ufficiale, se si esclude la circolare della Regione Lombardia del 26 aprile scorso, di recepimento da parte di una Regione dell’Accordo Stato Regioni del 26 gennaio 2006.
Le motivazioni che hanno spinto la Regione Emilia Romagna all’emanazione di una specifica delibera sono derivate dal punto 2.7 dell’accordo che, pur prevedendo un autocoordinamento delle Regioni per avviare la fase di sperimentazione, tengono conto dell’elevata differenza tematica tra la formazione prevista dal D.Lgs. 626/94 e quella prevista dal D.Lgs. 195/03, che comporta un processo di formazione specialistica che richiede una complessa organizzazione dei corsi.

        Ed è proprio per dare un contributo al nuovo sistema organizzativo che la Regione Emilia-Romagna intende farsi parte attiva nel promuovere la cultura della sicurezza e prevenzione e gestire attivamente la funzione, ponendo l’attenzione su alcuni ulteriori criteri generali, organizzativi e di merito, finalizzati ad assicurare uniformità e trasparenza alle azioni formative e le condizioni necessarie per il raggiungimento di un adeguato livello di competenza professionale da parte delle persone ritenute idonee.

        A fronte di queste motivazioni la Regione Emilia Romagna ha rilevato che le attese dei settori interessati, in più sedi manifestate, evidenziano l’urgenza della messa a punto delle indicazioni attuative e della progettazione dell’intero percorso formativo. Infatti le Regioni, a circa sei mesi dall’approvazione dell’Accordo, non sono ancora riuscite a definire una linea interpretativa unitaria e pertanto sia la Regione Lombardia, prima, con una semplice Circolare, ed oggi, con un atto deliberativo, la Regione Emilia Romagna procede per conto proprio.
        Del resto le cosiddette “Linee interpretative”, di cui da mesi si conoscono le bozze, indicano soluzioni ben diverse da quelle sancite dalla delibera regionale emiliana. Crediamo che nelle linee interpretative ci sia stato un tentativo di modifica e non solo di interpretazione dell’Accordo. Ciò, probabilmente, ne ha determinato l’impasse e la lentezza operativa.

        Spiace constatare come si stia perdendo una buona occasione affinché le Regioni entrino a pieno titolo nelle problematiche della sicurezza sul lavoro.
        Questa volta non si tratta di elaborare documenti o dati statistici ma dell’esercizio della potestà legislativa delle Regioni e la loro assenza, quasi totale, non è né comprensibile né giustificabile. 

        In questi sei mesi il dibattito sull’Accordo è stato più interpretativo che attuativo. Nei paesi europei di sperimentata democrazia una nuova legge è preceduta dal dibattito e dalla consultazione. Quindi gli organi preposti effettuano le scelte e la discussione si chiude. Quando una nuova legge viene promulgata e pubblicata la si applica e basta. Da noi, invece, solo quando la legge, o nel nostro caso l’Accordo, viene pubblicato sulla G.U. si comincia a discutere al posto di applicarla.

Ben venga, quindi, isolata ma qualificante ed importante la Deliberazione della Regione Emilia Romagna che mette ordine e chiarezza nel mare magnun delle parole, delle interpretazioni e delle discussioni senza fine sui contenuti dell’Accordo.
La Delibera della Regione Emilia Romagna viene quindi presa nelle more di approvazione delle Linee Guida interpretative dell’Accordo che devono essere condivise da tutte le Regioni, tenuto conto sia della rilevante importanza che riveste la formazione per la qualificazione di Responsabile e Addetto sia dell’urgenza del provvedimento stesso.

La Regione Emilia-Romagna, emana la propria deliberazione, in coerenza con quanto stabilito dall’Accordo, attraverso le prime disposizioni attuative al fine di accelerare i tempi per il rispetto del dettato legislativo in tema di formazione e di aggiornamento per Responsabile ed Addetti del Servizio di Prevenzione e Protezione.
Semplificando potremmo dire che è sufficiente che le altre Regioni prendano esempio nel copiare la delibera emiliana che nella sostanza sono una vera e propria “Linea guida” valida ed operativa. Sarà ben difficile che una futura Linea Interpretativa delle Regioni dica cose diverse da quanto stabilito nella delibera in questione ricordando che la delibera è atto di governo mentre le “Linee Guida” sono semplici indicazioni.

La lunghezza della deliberazione, circa 60 pagine, non deve trarre in inganno circa la sua semplice attuazione applicativa. Infatti alla delibera sono allegati moltissimi modelli che vanno dall’Attestato di frequenza e di apprendimento per ciascun modulo, ai modelli dei verbali di verifica, fino alle schede monografiche degli Addetti e dei RSPP.

Nell’allegato 1 sono invece impartite le prime disposizioni per le azioni formative dei Responsabili e degli Addetti del Servizio di Prevenzione e Protezione.
Viene ripercorso in modo sintetico e lineare tutto il processo per l’attuazione dei corsi dei moduli A,B e C. L’Accordo “da rebus” secondo l’espressione del procuratore Guariniello viene ripercorso in modo semplice e coordinato senza ambiguità di interpretazione.

Tra le definizioni più interessanti si sottolinea quella relativa ai corsi di aggiornamento laddove con chiarezza e buon senso viene definita l’obbligatorietà “per RSPP e ASPP con cadenza quinquennale: lo svolgimento dell’aggiornamento può avvenire in un’ unica soluzione entro il 5° anno oppure diluito in singole quote orarie annuali nell’ambito del quinquennio e nel rispetto del monte ore complessivo. Non sono previsti esoneri”. Viene chiarito, inoltre, che il monte ore (60 e 40) dei gruppi per macrosettori “sono complessive anche se l’incarico è riferito a più settori”.
Nella sostanza l’aggiornamento quinquennale di un RSPP che, ad esempio, esercita la funzione nel settore dei cantieri e in un ospedale sarà di 60 ore. Lasciamo ai più realisti del re portare avanti la tesi di 60 ore di formazione per ogni macrosettore!
         
Particolarmente interessanti sono le problematiche metodologiche che correttamente sono definite “suggerimenti ed indicazioni” e non siamo dunque in presenza di obblighi o divieti.
Si ritiene utile riportare integralmente il passo della deliberazione: “Premesso che la metodologia didattica va sempre considerata in rapporto alle caratteristiche del contesto nel quale si opera e ai fattori che lo determinano si suggerisce di adottare, al fine di una migliore qualità della formazione, quelle metodologie didattiche che, privilegiando , quando possibile , le esperienze lavorative dei Partecipanti favoriscano lo sviluppo di un processo di analisi, riflessione e concettualizzazione delle esperienze: lezioni frontali, analisi di casi, simulazioni, confronto tra esperienze personali, produzione di elaborati individuali e di gruppo costituiscono gli strumenti più adeguati, così come indicato anche nell’Accordo.

E’ possibile ricorrere alla Formazione a Distanza – FAD, per il modulo A, si sconsiglia invecela FAD per i moduli B e C, poiché nell’attuale fase sperimentale di avvio del sistema, tale metodologia risulterebbe scarsamente efficace ai fini del miglioramento della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro, obiettivo primario del dettato legislativo.

Al contrario nei corsi di aggiornamento l’utilizzo della FAD è sempre possibile ed è facilitato dalla generalità delle tematiche da affrontare”.
        Ben altro linguaggio ed altro approccio a quanti, in questi mesi vanno sostenendo, la “conferma del divieto assoluto” della FAD per i moduli A,B e C. L’Accordo Stato Regioni in merito alla FAD non dice nulla, tantomeno parla di divieto assoluto. Quindi è ben difficile comprendere come poter confermare una cosa che non esiste.

        Ragionevole e logica invece appare la delibera della Regione Emilia Romagna che prima di tutto indica la questione non tra gli obblighi ma tra i “suggerimenti” e non esclude il principio della FAD. Ritenuta valida per il Modulo A si nota che le preoccupazioni per i moduli B e C non stiano tanto nella FAD in se ma, piuttosto nel fatto che in questa fase sperimentale tale metodologia risulterebbe scarsamente efficace. Si tratta allora di verificare, confrontare, vedere cosa è stato fatto e quanto si sta facendo con la Formazione a Distanza affinché la stessa sia efficace ai fini del miglioramento della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro, obiettivo primario di quanti operano con passione e responsabilità in questo delicato e particolare settore.

        L’Aifos, a nome dei tanti formatori associati, si dichiara fin d’ora disponibile a verificare i progetti e l’organizzazione dei corsi attuati col metodo della formazione a distanza, che non esclude azioni di tutoraggio, rapporti con i docenti, colloqui e verifiche di apprendimento, in relazione alla loro efficacia nella formazione dei soggetti che svolgono un ruolo fondamentale nella prevenzione della sicurezza sui luoghi di lavoro.

Rocco Vitale, Presidente Aifos

 

 

 

 

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