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Thyssen: omicidio volontario e strategia per influenzare il processo

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Industria siderurgica, lavorazione metalli

15/12/2010

Le accuse al processo per l’incendio che uccise 7 operai: omicidio volontario con dolo eventuale per l’amministratore delegato, omicidio colposo con colpa cosciente per cinque dirigenti e per il consulente della valutazione dei rischi.

Thyssen: omicidio volontario e strategia per influenzare il processo

Le accuse al processo per l’incendio che uccise 7 operai: omicidio volontario con dolo eventuale per l’amministratore delegato, omicidio colposo con colpa cosciente per cinque dirigenti e per il consulente della valutazione dei rischi.

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"Abbiamo chiesto ciò che è giusto in scienza e coscienza", è il commento del pubblico ministero Raffaele Guariniello al termine della requisitoria di ieri al processo per l’ incendio che nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, presso lo stabilimento torinese dell’acciaieria ThyssenKrupp, costò la vita a sette operai.
 
Per la prima volta è stato ipotizzato il reato di omicidio volontario con dolo eventuale per un infortunio sul lavoro. E con questa ipotesi di reato è stata chiesta una condanna di 16 anni e 6 mesi a carico dell’Amministratore Delegato della ThyssenKrupp Herald Espenhahn. Secondo il pubblico ministero il suo comportamento sarebbe frutto di scelte coscienti e di una condotta non omissiva ma commissiva (che si sostanzia cioè in un'azione attiva e non solo in un'omissione), con particolare riferimento a due decisioni dell'amministratore delegato tedesco: prima quella di posticipare al 2008 l'impianto di spegnimento incendi automatico sulla linea 5 dell’acciaieria dove si è verificato il rogo, poi quella di annullare l'investimento sull’impianto di Torino in attesa del definitivo trasferimento a Terni. Comportamento che ha configurato l’ accettazione del rischio di un grave disastro (il ''dolo eventuale'') al solo fine di risparmiare sulle spese necessarie per l’installazione dell’impianto di rilevazione incendi. Spese che il pubblico ministero ha quantificato simbolicamente in 800mila euro, "il prezzo del reato".
 
"Questa non è una giurisprudenza nuova - ha commentato Guariniello - abbiamo applicato le norme della Cassazione su delle prove che, nei casi di infortuni mortali sul lavoro, in generale non sono mai emerse. La novità, in effetti, è che siamo davanti a una corte d'assise". 


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13 anni e 6 mesi, senza attenuanti, per omicidio colposo, è invece la richiesta per quattro dirigenti dell’azienda che non si sono opposti alle decisioni dell’amministratore delegato, pur sapendo che lo stabilimento di Torino versava in condizioni precarie.
9 anni sono stati invece richioesti per un quinto dirigente, l'unico che ha mostrato - secondo l'accusa - una condotta collaborativa. I quattro dirigenti, sempre secondo l'accusa, "avrebbero messo in atto una vera e propria strategia per influenzare a proprio vantaggio l'esito del processo": ''siamo di fronte a comportamenti che non si riducono al rango di un episodio isolato ma nel contesto di una strategia concertata e posta in atto da più persone nel palese intento di influenzare in senso favorevole agli imputati, l'esito del procedimento penale, una strategia protratta per mesi nel pieno corso del dibattimento''.
 
''Non avevo mai visto una cosa simile, vi assicuro'' - commenta Guariniello che ha chiesto la trasmissione degli atti per procedere per falsa testimonianza contro tre persone e per procedere per omissione volontaria di cautele contro gli incidenti a carico di una quarta. Se la richiesta verrà accolta ci sarà, dunque, un'inchiesta ulteriore per le testimonianze non veritiere rese in aula.

Richiesta di procedimento anche nei confronti del consulente della difesa e autore del documento di valutazione dei rischi dell'azienda, a cui la procura di Torino intende contestare il reato di concorso in omicidio colposo con colpa cosciente, incendio colposo con colpa cosciente e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche.

Infine, sono state richieste anche sanzioni e misure interdittive - secondo quanto previsto dal decreto legislativo 231 del 2001 - in merito alla responsabilità amministrativa, per la Thyssenkrupp chiamata in causa come persona giuridica: una sanzione di un milione e mezzo di euro, l'esclusione per un anno da agevolazioni e sussidi e la revoca di quelli già concessi, nonché il divieto di pubblicizzare i propri prodotti per un anno e la pubblicazione di un'eventuale sentenza di condanna sui maggiori giornali internazionali,  "perché il reato è stato commesso nell'interesse e a vantaggio della società".



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