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Alcol e lavoro: normativa nazionale e problemi interpretativi
Bologna, 9 Mag – Più volte PuntoSicuro si è occupata dei punti interpretativi più controversi relativi alla normativa su alcol e tossicodipendenze, ad esempio con riferimento all’atteggiamento che datori di lavoro e medici competenti devono avere riguardo all’accertamento dell’ alcoldipendenza e della tossicodipendenza nei luoghi di lavoro.
Un intervento al convegno “ Il progetto alcol e lavoro della Regione Emilia-Romagna tra promozione di sani stili di vita e applicazione della normativa” (Bologna, 24 novembre 2011) torna su questi punti offrendo alcune utili riflessioni.
Si tratta dell’intervento dal titolo “Analisi normativa nazionale su alcol e lavoro e confronto con le direttive europee” a cura di Alberto Andreani (già Giudice Tribunale di Pesaro, docente a contratto Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Urbino), un intervento che parte dalla presentazione dell’art. 41 (Sorveglianza sanitaria) del Decreto legislativo 81/2008.
Articolo 41 - Sorveglianza sanitaria (…) 4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall’ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti. 4-bis. Entro il 31 dicembre 2009, con accordo in Conferenza Stato-regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l’accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza. (…) |
In attesa dell’accordo indicato nell’articolo 41 datori di lavoro e medici competenti “devono comunque applicare la previsione del comma 4, o possono/devono aspettare tale rivisitazione, che di fatto si risolverebbe in una ‘sospensione’ dell’attuale disciplina”?
L’autore fa poi riferimento all’art. 15 della legge n. 125 del 2001 che indica che nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza e l’incolumità o la salute dei terzi (…) è fatto divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche.
Come tuttavia interpretare tale divieto di “assunzione” e di “somministrazione”?
Nel senso “che è vietato esclusivamente il mero atto di somministrare o assumere bevande alcoliche o superalcoliche nei luoghi di lavoro, con la conseguenza, assurda, che sarebbe invece lecito arrivarci già in uno stato di limitata vigilanza e attenzione, a causa di un’assunzione di alcolici nella propria abitazione o nel bar ubicato davanti all’azienda”?
L’interpretazione letterale – indica il relatore – “non convince perché non coglie la vera finalità della norma: evitare che lavoratori che hanno assunto bevande alcoliche effettuino attività lavorative che comportano un elevato rischio. Essa infatti porterebbe alla conclusione, assurda, che sarebbe lecito effettuare tali lavorazioni, anche se il lavoratore fosse palesemente ubriaco, purché l’assunzione fosse avvenuta fuori dai luoghi di lavoro”.
Invece il legislatore “si preoccupa di evitare, nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortunio, non tanto e non solo, che sul lavoro si beva ma, soprattutto, che si lavori in condizioni menomate di vigilanza e di attenzione in modo da proteggere l’incolumità” del lavoratore e dei terzi.
Finalità che è confermata dall’attenta lettura del secondo comma del medesimo articolo 15 della legge n. 125 del 2001 con riferimento ai controlli alcolimetrici del medico competente: “se si fosse voluto punire solo la mera assunzione di alcolici sul luogo di lavoro non serviva il medico, ma era sufficiente qualsiasi vigilante. Inoltre, i controlli alcolimetrici sarebbero superflui, dato che l’unica cosa rilevante sarebbe stata essere colti nell’atto di somministrare o di bere alcolici”.
D’altronde, continua l’intervento, “il controllo alcolimetrico non risolve il dubbio se l’assunzione dell’alcol sia avvenuta prima o durante il lavoro e dentro o fuori dei luoghi di lavoro”.
Veniamo ora all’Intesa Conferenza Stato/Regioni 16 marzo 2006, intesa che individua le attività lavorative durante le quali è vietato assumere e somministrare bevande alcoliche o, come rilevato, in cui “occorre non essere in uno stato di limitata vigilanza e attenzione”.
L’allegato dell’Intesa che riporta le 14 attività è stato oggetto di numerose critiche: “da un lato perché si lamenta che molte altre attività pericolose siano state lasciate fuori dall’elenco, dall’altro perché esse non coincidono con quelle indicate nell’altra intesa Stato/Regioni, in materia di tossicodipendenza”.
Senza entrare nel merito delle critiche mosse a tale elenco, il relatore indica che è corretto “dedurre che per le attività in esso indicate, sia necessario attivare la sorveglianza sanitaria che deve essere affidata, ai sensi dell’articolo 41 del d.lgs. n. 81 del 2008, al medico competente”.
E questo per diverse ragioni:
- “se non si trattasse di sorveglianza sanitaria, il medico competente, pur avendo accertato, con il controllo alcolimetrico, che il lavoratore è pericoloso per sé e per gli altri, non potrebbe comunque dichiararne la temporanea inidoneità alla mansione”;
- “il legislatore ha individuato l’assunzione di alcol come un possibile fattore di rischio/infortunio sul lavoro ed ha prescritto il controllo alcolimetrico da parte del medico competente”;
- se l’articolo 15, comma 2 della legge 125/2001, parla di “controlli alcolimetrici” e non di “sorveglianza sanitaria”, l’articolo 41 del d.lgs. 81/2008 prevede che la sorveglianza sanitaria sia effettuata dal medico competente, che la sorveglianza sanitaria comprenda visite mediche e che le visite mediche comprendano gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.
Veniamo a un altro problema interpretativo: la “presunta impossibilità di effettuare la sorveglianza sanitaria relativa all’assunzione di alcol, qualora il datore di lavoro non abbia già nominato il medico competente per altri fattori di rischio”. Una conclusione considerata “inaccettabile”.
In particolare “l’argomento letterale su cui poggia l’interpretazione di chi sostiene che il medico competente ci debba già essere per poter effettuare anche la sorveglianza sanitaria sull’alcol dipendenza starebbe tutto nel testo letterale della legge e soprattutto nella parola ‘altresì’ (le visite…sono altresì finalizzate alla verifica di assenza…)”.
Il relatore crede invece che “il legislatore abbia inteso precisare che le finalità delle visite mediche (previste dal comma 2), non sono solo quelle indicate nelle lettere a), b), d),e-bis) e e-ter), ma altresì anche quelle destinate a verificare l’assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti”.
Per concludere l’intervento sottolinea che quando l’art. 41 del Testo Unico e l’art. 15 della L. 125/2001 configurano il rischio derivante dall’assunzione di alcolici o dall’alcol dipendenza, “automaticamente introducono l’obbligo per il datore di lavoro di intervenire per prevenire il rischio utilizzando lo strumento della sorveglianza sanitaria”.
E “nessun altro senso può essere attribuito all’obbligo imposto al datore di lavoro di fare effettuare esami alcolimetrici a carico dei lavoratori o di accertare l’assenza di alcol dipendenza, se non quello di istituire obbligatoriamente la sorveglianza sanitaria per i rischi alcol correlati”.
Ha creato altri problemi interpretativi “anche la lettera della norma che prevede che le visite mediche siano effettuate per verificare l’assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti e non per verificare l’assunzione occasionale di alcol. In realtà solo un’attenta interpretazione sistematica permette di “superare il problema posto dalla scrittura letterale di norme apparentemente scoordinate e probabilmente mal scritte”.
Occorre partire da un dato che pare indiscutibile: il legislatore “intende prevenire i rischi sul lavoro derivanti da stati di alterazione o di menomata vigilanza provocati dall’assunzione temporanea, episodica o abitudinaria di alcol o di sostanze stupefacenti” E come rilevabile dall’art. 41 devono non solo “essere accertate tossicodipendenza e alcol dipendenza”, ma le visite del medico competente “sono finalizzate anche alla verifica di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti”. E come indicato dall’art. 15 della legge 124/2001 il medico competente esegue “controlli alcolimetrici”.
Senza dimenticare che l’espressione “assunzione di sostanze psicotrope”, contenuta nel comma 4 dell’articolo 41, “è riferibile anche all’assunzione di alcol, da sempre considerata una sostanza psicotropa”.
Fantasiosa “pare invece la tesi di chi sostiene che il secondo comma dell’art. 15 della Legge n.
125 del 2001 abbia disposto non l’obbligo di sorveglianza sanitaria in ordine ai controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro, ma semplicemente una ‘facoltà’ per il datore di lavoro di sottoporre i lavoratori agli esami alcolimetrici”. Interpretazione che poggia letteralmente sull’espressione i controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro possono essere effettuati esclusivamente dal medico competente …. Ma “il verbo ‘possono’ non è riferito ai datori di lavoro e non assegna loro la facoltà di disporre o non disporre discrezionalmente i controlli, ma è riferito all’esigenza che tali controlli, ove necessari, debbano esser fatti esclusivamente dal medico competente”.
Per finire il relatore sottolinea che il decreto legislativo 81 del 2008 “assimila il rischio alcol ai rischi lavorativi per i quali effettuare la sorveglianza sanitaria obbligatoria, questa volta resa necessaria non dalle tecnologie o dai processi produttivi, ma da comportamenti dei lavoratori che incidono sulla salute e sicurezza propria e di terzi”.
E espone un duplice auspicio:
- “da un lato, che gli operatori non sottovalutino il rischio di rimanere inadempienti di fronte al dettato di una norma certamente più chiara nelle sue finalità generali che nell’articolazione letterale;
- dall’altro che le Istituzioni, consapevoli del disagio ampiamente e diffusamente avvertito, provvedano non solo nel minor tempo, ma anche con la maggior chiarezza possibile a sanare tale situazione”.
“ Analisi normativa nazionale su alcol e lavoro e confronto con le direttive europee” a cura di Alberto Andreani (già Giudice Tribunale di Pesaro, docente a contratto Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Urbino), intervento al convegno “Il progetto alcol e lavoro della Regione Emilia-Romagna tra promozione di sani stili di vita e applicazione della normativa” (formato PDF, 742 kB).
RTM
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Rispondi Autore: Graziano - likes: 0 | 09/05/2012 (08:57:05) |
Le "deduzioni" del relatore, nonché le sue "interpretazioni" sono a mio avviso del tutto arbitrarie e, nelle attuali condizioni dell'ordinamento, da rigettare in toto. I test alcolimetrici non hanno nulla a che vedere con la sorveglianza sanitaria (anche come definita dall'art. 2 del D.Lgs.81/08): un test positivo significa solo che il lavoratore ha assunto alcol poco prima, non ci dice nulla di per se+ sul suo stato di salute e non ha alcuna valenza in termini di alcoldipendenza. Un test negativo significa solo che il lavoratore non ha bevuto poco prima, non ci dice nulla sul suo stato di salute e non esclude affatto una alcoldipendenza. Morale: i test alcolimetrici hanno il solo scopo di verificare il rispetto di un divieto e non costituiscono per nulla "sorveglianza sanitaria". Sulla intenzione del legislatore di istituire la sorveglianza sanitaria per l'alcodipendenza non v'ha dubbio, ma fino a che la bozza di accordo Stato Regioni non sarà approvata, mancano i presupposti legislativi per farla ("l'ordinamento") per cui non s'ha da fare, anche perché, contrariamente agli stupefacenti, non si sa come e a chi farla: le mansioni elencate nell'intesa del 2006,infatti, sono solo quelle per cui è vietata l'assunzione e la somministrazione dio alcol durante il lavoro, e non quelle per cui sarebbe obbligatoria la sorveglianza sanitaria, secondo l'interpretazione "creativa" del relatore. Tant'è che nella citata bozza, tra l'altro, i due elenchi (quello del 2006, e quello in bozza) non coincidono. Quindi al momento attuale si possono fare i controlli alcolimetrici ma non c'è alcun presupposto normativo o regolamentare per fare la sorveglianza sanitaria per l'alcoldipendenza. |
Rispondi Autore: Paolo Alemani - likes: 0 | 09/05/2012 (10:39:08) |
Ma Basta! Per cortesia....come al solito siamo alle interpretazioni di regole scritte probabilmente sotto l'effetto di alcool o stupefacenti (oltre che da persone stupide di per sè!). Ma vi rendete conto che si cavilla sui significati di termini che dovrebbero essere ben chiari nella testa di chi scrive (visto che l'Italiano dovrebbe essere un suo strumento di lavoro) e magicamente escono frasi senza senso....ma sono in grado di farsi capire o devono viaggiare con un interprete anche per andare a fare la spesa? Regole chiare, al limite dittatoriali. E che cavolo, se sei ubriaco o drogato sul posto di lavoro vai a casa (la prima volta a risposare, la seconda a cercarti un nuovo posto di lavoro). E chi valuta? Il servizio sanitario ( a costo di rischiare il sequestro di persona ti carico su un'ambulanza e ti rinchiudo nel primo ospedale per vedere quanto sei fuori). Dove sta la responsabilizzazione del lavoratore? Se provochi un incidente da ubriaco la colpa è tua (e poi vediamo se c'è colpa a carico di altri!) quindi NIENTE rimborsi e magari paghi pure per i danni che hai provocato. La legge non dice forse che il lavoratore deve prendersi cura della propria e dell'altrui incolumità? Hai bevuto? OK, legge violata! e questo valga per tutti dal chirurgo all'impiegato (vi sembra logico far passare il concetto che se un impiegato è sbronzo fa meno danni di un carrellista e quindi è tollerabile che alzi il gomito?). Mi stupisce sempre di più il fatto che chiunque di noi al di fuori degli ambienti di lavoro deve prendersi tutte le proprie responsabilità (e magari anche di più) e se è un lavoratore deve essere considerato alla stregua un bambinello dell'asilo dove la colpa di quello che combina deve essere scaricata sempre su qualcun altro. Polemicamente vostro. |
Rispondi Autore: Graziano - likes: 0 | 09/05/2012 (13:44:44) |
Le "deduzioni" del relatore, nonché le sue "interpretazioni" sono a mio avviso del tutto arbitrarie e, nelle attuali condizioni dell'ordinamento, da rigettare in toto. I test alcolimetrici non hanno nulla a che vedere con la sorveglianza sanitaria (anche come definita dall'art. 2 del D.Lgs.81/08): un test positivo significa solo che il lavoratore ha assunto alcol poco prima, non ci dice nulla di per se+ sul suo stato di salute e non ha alcuna valenza in termini di alcoldipendenza. Un test negativo significa solo che il lavoratore non ha bevuto poco prima, non ci dice nulla sul suo stato di salute e non esclude affatto una alcoldipendenza. Morale: i test alcolimetrici hanno il solo scopo di verificare il rispetto di un divieto e non costituiscono per nulla "sorveglianza sanitaria". Sulla intenzione del legislatore di istituire la sorveglianza sanitaria per l'alcodipendenza non v'ha dubbio, ma fino a che la bozza di accordo Stato Regioni non sarà approvata, mancano i presupposti legislativi per farla ("l'ordinamento") per cui non s'ha da fare, anche perché, contrariamente agli stupefacenti, non si sa come e a chi farla: le mansioni elencate nell'intesa del 2006,infatti, sono solo quelle per cui è vietata l'assunzione e la somministrazione dio alcol durante il lavoro, e non quelle per cui sarebbe obbligatoria la sorveglianza sanitaria, secondo l'interpretazione "creativa" del relatore. Tant'è che nella citata bozza, tra l'altro, i due elenchi (quello del 2006, e quello in bozza) non coincidono. Quindi al momento attuale si possono fare i controlli alcolimetrici ma non c'è alcun presupposto normativo o regolamentare per fare la sorveglianza sanitaria per l'alcoldipendenza. |
Rispondi Autore: Graziano - likes: 0 | 09/05/2012 (15:03:05) |
Le "deduzioni" del relatore, nonché le sue "interpretazioni" sono a mio avviso del tutto arbitrarie e, nelle attuali condizioni dell'ordinamento, da rigettare in toto. I test alcolimetrici non hanno nulla a che vedere con la sorveglianza sanitaria (anche come definita dall'art. 2 del D.Lgs.81/08): un test positivo significa solo che il lavoratore ha assunto alcol poco prima, non ci dice nulla di per se+ sul suo stato di salute e non ha alcuna valenza in termini di alcoldipendenza. Un test negativo significa solo che il lavoratore non ha bevuto poco prima, non ci dice nulla sul suo stato di salute e non esclude affatto una alcoldipendenza. Morale: i test alcolimetrici hanno il solo scopo di verificare il rispetto di un divieto e non costituiscono per nulla "sorveglianza sanitaria". Sulla intenzione del legislatore di istituire la sorveglianza sanitaria per l'alcodipendenza non v'ha dubbio, ma fino a che la bozza di accordo Stato Regioni non sarà approvata, mancano i presupposti legislativi per farla ("l'ordinamento") per cui non s'ha da fare, anche perché, contrariamente agli stupefacenti, non si sa come e a chi farla: le mansioni elencate nell'intesa del 2006,infatti, sono solo quelle per cui è vietata l'assunzione e la somministrazione dio alcol durante il lavoro, e non quelle per cui sarebbe obbligatoria la sorveglianza sanitaria, secondo l'interpretazione "creativa" del relatore. Tant'è che nella citata bozza, tra l'altro, i due elenchi (quello del 2006, e quello in bozza) non coincidono. Quindi al momento attuale si possono fare i controlli alcolimetrici ma non c'è alcun presupposto normativo o regolamentare per fare la sorveglianza sanitaria per l'alcoldipendenza. |
Rispondi Autore: Orgiu Nicola - likes: 0 | 09/05/2012 (17:36:10) |
Paolo Alemani, termina il suo commento con "Polemicamente vostro", personalmente non ritengo il suo scritto "polemico" ma rispondente, purtroppo, alla realtà che, con il persistere del "buonismo" e/o del "poverino", il principio di responsabilità nel ruolo (non solo in ambito lavorativo) si svilirà ulteriormente ... a che livello è il fondo? Personalmente sposo il pensiero espresso nel commento di Alemani e se mi è concesso allargo detto principio a quanto quotidianamente viviamo e subiamo, perché in concreto i preposti ufficialmente alla gestione del rispetto civile del convivere quotidiano di questo paese, spesso calano le brache. Ritornando al mondo del lavoro, nel D.Lgs. 81/2008 gli articoli 17 – 18 – 19 e 20 definiscono obblighi dei diversi soggetti nell’ambito dei rispettivi ruoli, ma nelle fasi di acquisizione di responsabilità troppo spesso sono evitate ricerche verso alcuni soggetti potenzialmente corresponsabili. Mi sento di richiamare una Sentenza di Cassazione del 17/5/1993 (successiva all’attuazione delle 5 direttive europee che hanno generato il D.Lgs. 277/91 e precedente al D.Lgs. 626/94), che definisce nei termini più ampi, principi su “diritti e doveri “ di tutti i soggetti che operano in una realtà produttiva e in breve così si esprime: “I responsabili dell'organizzazione del lavoro, qualora predispongano nel migliore dei modi le operazioni da compiere per l'esecuzione dello stesso, hanno motivo per contare sull'esatto adempimento della obbligazione di lavoro da parte dei lavoratori e per attendersi da costoro l'uso della normale diligenza nell'eseguire l'operazione. Ed infatti se il lavoratore ha diritto di aspettarsi che il datore di lavoro lo metta nelle condizioni migliori per lavorare, il datore di lavoro ha, dal canto suo, il corrispondente diritto di attendersi, una volta compiuto quanto gli spetta, che il lavoratore faccia quel che deve, ha cioè diritto di fare affidamento sull'esatto adempimento da parte del lavoratore del proprio dovere.” Questa sentenza ha trovato applicazione solo per l’evento che l’ha generata. Sono moltissime le Sentenze di Cassazione che dettano saggi principi generali, ma con l’andazzo italiano colano a picco, cioè precipitano nel vuoto assoluto con disinteresse generale. Cordialmente auguro buon lavoro. Orgiu Nicola |
Rispondi Autore: Sergio Ciani - likes: 0 | 09/05/2012 (22:12:17) |
Non posso che essere d'accordo con gli altri lettori: il signor Giurista non ha centrato un piccolo particolare che da solo chiarisce il punto, eppure è lì fra le righe: I RISCHI ALCOOL CORRELATI! Rumore, Vibrazioni, Polveri, Prodotti pericolosi, carichi, ecc. il lavoratore li subisce, mica se li cerca! Quindi sorveglianza sanitaria! E l'alcool? e le droghe? Chi ha redatto gli elenchi ha solo peccato di superficialità, ritenendo che tutte quelle attività hanno sempre, per forza, il Medico per altri motivi. Spesso è vero, ma non sempre! Saluti a tutti |
Rispondi Autore: Gabriele Brion - likes: 0 | 10/05/2012 (14:44:19) |
Concordo che le interpretazioni restano tali; sarebbe quindi il caso che si ponesse mano una volta per tutte alla questione poichè è inaccettabile che i test sulle sostanze stupefacenti si facciano mentre per l'alcol si sia ancora al palo. Se fossi nei panni di un datore di lavoro o di un medico competente non mi sentirei di non far nulla. Una strada percorribile (anche se decisamente blanda) è quella prevista dal D.Lgs.81/08, art. 25, comma 1, laddove si prevede che il Medico Competente "Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di promozione sulla salute, secondo i principi della responsabilità sociale" e su questa base organizzare all'interno dell'azienda una campagna sui rischi legati all'abuso di alcol. Detto questo, esiste per il Medico Competente la possibilità di effettuare un monitoraggio attraverso alcuni indicatori (es. CDT) poi, però, ci si ritrova comunque di fronte alla gestione di un lavoratore da inviare al SERT in presenza di una situazione legislativa decisamente poco chiara con tutto ciò che ne consegue. Cordiali saluti. |