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La ripetitivita' degli infortuni nelle aziende

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Industria

30/07/2008

Rapporto Inail 2007: gli infortuni si ripetono spesso nelle stesse aziende, soprattutto nelle grandi industrie dei metalli. Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Veneto le regioni con probabilità più elevata di infortunio.

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Il rapporto annuale Inail 2007, presentato pochi giorni fa, ha mostrato un positivo andamento del fenomeno infortunistico in Italia, con una diminuzione sensibile degli infortuni e degli incidenti mortali.
 
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Tuttavia oltre a contenere, come ogni anno, una grande mole di dati e statistiche sulle realtà lavorative e territoriali, il rapporto approfondisce alcune tematiche ritenute rilevanti per comprendere, nel suo complesso, il fenomeno infortunistico in Italia.
Tra i focus tematici abbiamo scelto di presentare quello intitolato “La ripetitività degli infortuni nelle aziende” con la convinzione, condivisa dal rapporto, che “oltre a ‘quanti’ infortuni e al ‘come’ sono accaduti, è determinante inquadrare anche il ‘dove’, ovvero in quale tipo di realtà aziendale e con quale frequenza si sono create le condizioni per l’accadimento di uno o più infortuni, anche per pianificare, da parte delle istituzioni, strategie di prevenzione e attività ispettive efficienti ed efficaci”.
 
Il focus tematico è relativo a un’analisi che si è svolta in riferimento agli anni tra il 2002 e il 2006 sulle aziende assicurate presso l’Inail e ha confermato i risultati già ottenuti in precedenti e analoghe indagini.
 
In riferimento al 2006 – ma i dati sono simili anche negli altri quattro anni – possiamo raccogliere questi dati:
- le aziende senza infortuni nel 2006 sono ben il 92,4% del totale (quasi 3,5 milioni di aziende su un totale di oltre 3,7 milioni);
- le aziende che denunciano almeno un infortunio nell’anno sono solo il 7,6% (280 mila aziende circa): di queste il 5,4% denuncia un solo infortunio nell’anno e poi la percentuale decresce notevolmente al crescere del numero di infortuni denunciati (ad esempio le aziende con 2 infortuni sono l’1,1%);
- su 836.000 infortuni denunciati nel 2006 dalle aziende del comparto Industria e Servizi più della metà (57%) si concentrano in sole 18 mila aziende.
 
Si può cercare di focalizzare l’attenzione dei dati anche sulle caratteristiche delle aziende:
- le aziende senza incidenti nel 2006 “sono percentualmente superiori fra le artigiane (93,0%) rispetto a quelle industriali (91,9%)”;
- le percentuali cambiano relativamente alle aziende che hanno denunciato almeno due infortuni: in questo caso la quota di aziende industriali diventa superiore a quella delle artigiane con una forbice che cresce fino al massimo che si riscontra nella classe “5 infortuni e oltre”.
È una situazione “chiaramente e in misura determinante influenzata dalla dimensione aziendale, che, come noto, risulta più elevata nelle aziende di tipo industriale rispetto a quelle artigianali, che il più delle volte constano del solo titolare”.
 
La conferma di questa affermazione si ha nei dati in funzione del numero di addetti: nel comparto industriale “le piccole aziende (fino a 15 addetti) che non subiscono nemmeno un infortunio nell’anno costituiscono ben il 94,7% del totale, mentre per quelle di grandi dimensioni (oltre 250 addetti) la percentuale scende al 4,6%”.
Dunque nelle microimprese “la probabilità di subire almeno un infortunio nell’anno è molto bassa e pari a 1 su 20”, mentre “per le grandi imprese la probabilità invece è quasi certa (95 su 100)”.
 
Veniamo ora alle differenziazioni per settore di attività economica.
In questo caso è facile notare come alcuni settori siano soggetti più di altri al verificarsi e al ripetersi di eventi infortunistici.
Ricordando la media generale di aziende senza infortuni (92,4%), in questi settori le percentuali sono sensibilmente più basse:
- “Industria dei metalli” (metallurgia, siderurgia) 83,2%;
- “Industria della lavorazione minerali non metalliferi” (cemento, materiali per l’edilizia, ecc.) 84,4%.
Nelle aziende di questi due settori la probabilità di subire almeno un infortunio è più elevata della media. “Ad esempio per la ‘Industria dei metalli’, la probabilità che si verifichi 1 infortunio (10,23%) è doppia rispetto alla media (5,39%); per quanto riguarda l’evento di 2, 3, 4 o 5 infortuni ed oltre la probabilità è addirittura tripla”.
Anche in questo caso i dati dipendono in larga parte dal fattore “dimensione aziendale”.
Altri comparti con percentuali sensibilmente inferiori alla media sono quelli del legno (88,06%), delle costruzioni (90,98%) e dei trasporti (91,22%).
 
Riguardo alla fenomeno infortunistico rispetto al territorio le regioni con le percentuali più basse di aziende senza infortuni sono Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Veneto: in queste regioni “la probabilità che una azienda subisca almeno un infortunio è mediamente più elevata che nel resto del Paese”.
Sono regioni dove “sono presenti, in misura superiore alla media, aziende di grandi dimensioni e settori di attività a rischio elevato”.
 
In relazione agli infortuni mortali – i dati in questo caso si riferiscono all’intero quinquennio (2002 - 2006) - “la percentuale di aziende che non hanno denunciato nessun infortunio mortale nell’anno rappresentano costantemente ben il 99,96825% del totale”.
1.162,5 aziende, pari allo 0,03175%, hanno subito almeno un infortunio mortale nel corso dell’anno, ma solo 23 aziende (0,00063%) hanno denunciato due casi.
“Ragionando in termini statistico-probabilistici” il rapporto afferma che “l’evento infortunistico mortale si verifichi attraverso una dispersione ‘casuale’ tra i quasi 4 milioni di aziende assicurate, con tassi di ripetitività praticamente non apprezzabili”.
 
Questa raccolta di dati costituisce una prima fase di un’indagine più ampia.
Una volta individuate delle “specifiche collettività di aziende che presentano caratteristiche di ‘sensibilità’ al ripetersi di eventi infortunistici” l’analisi procederà per approfondimenti mirati per “selezionare un sottoinsieme di aziende della stessa collettività, in cui il ripetersi di infortuni lavorativi deriva da un maggior livello di rischio intrinseco all’azienda stessa”.
 
 
 
 
Tiziano Menduto
 



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Rispondi Autore: Giovanni Colle - likes: 0
30/07/2008 (09:37)
Per chi di noi si occupa di prevenzione, questi rapporti sono sempre fonte di informazione e riflessione interessante; ma è altrettanto importante che i commenti dei mass media siano corretti e non potenzialmente equivoci (in buona fede) anche per tutti gli altri lettori.
Il passaggio riportato nell'articolo "Dunque nelle microimprese “la probabilità di subire almeno un infortunio nell’anno è molto bassa e pari a 1 su 20”, mentre “per le grandi imprese la probabilità invece è quasi certa (95 su 100)”, temo possa portare alla conclusione affrettata che allora "piccolo è bello" senza se e senza ma.
E' vero: ci sono diverse eccellenze produttive italiane di piccola dimensione attente anche a questi aspetti prevenzionistici. Ma al di là del fatto che gli esperti ammoniscono da tempo che il sistema produttivo italiano per competere sul mercato globale deve tendenzialmente aggregarsi in realtà più consistenti, per quanto riguarda questi dati infortunistici sarebbe stato molto più corretto ed opportuno, se davvero si vuol far comprendere la situazione reale, presentare l'indice di frequenza che testimonia la probabilità che una persona-lavoratore ( e non una entità giuridica aziendale) possa incorrere in un episodio infortunistico sul lavoro.
Forsse "scopriremmo" che corrono ben più rischi coloro che lavorano nelle piccole o micro imprese (in cui non sempre ci si preoccupa di queste cose e forse neppure si denunciano sempre gli infortuni minori) che non i lavoratori delle aziende più grandi.
Rispondi Autore: Dani - likes: 0
31/07/2008 (23:39)
I dati presentati dall'INAIL sono sicuramente veri, cosi come é altrettanto vero che le sedi INAIL di alcune province si comportano diversamente da altre.
Credo che se il Min. Sacconi applicasse agli infortuni il criterio di reperibilità che il Min. Brunetta a indicato per i dipendenti pubblici in malattia, il numero di infortuni potrebbe ridurrsi in maniera significativa.
D'altronde, se l'infortunato risulta per l'INAIL essere sempre e comunque "inabile assoluto", non si capisce perché l'infortunato non debba restarsene in casa.

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