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Industria 4.0: come governare i cambiamenti e migliorare le tutele?

Industria 4.0:  come governare i cambiamenti e migliorare le tutele?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Industria

06/09/2019

Per affrontare le nuove rivoluzioni industriali serve un cambio di marcia, una chiave di lettura diversa, una prospettiva nuova, capaci di delineare i futuri scenari e trovare tutele più idonee. Focus su organizzazione, robotica e tecnostress.

Firenze, 6 Set – Riguardo alla quarta rivoluzione industriale e alle ripercussioni sul sistema delle tutele del lavoro e dei lavoratori “occorre agire rapidamente per coglierne appieno le opportunità, limitando le conseguenze negative”. È questa “la scommessa più importante da vincere nella quarta rivoluzione industriale per arrivare preparati alla quinta che è già alle porte”.

 

A soffermarsi con queste parole sui rischi e sulle opportunità per il mondo del lavoro, correlate alla cosiddetta Industria 4.0, è un intervento tratto dalla pubblicazione InailSfide e cambiamenti per la salute e la sicurezza sul lavoro nell’era digitale” che raccoglie gli atti dell’omonimo seminario di aggiornamento dei professionisti Contarp, Csa (Consulenza statistico attuariale) e Cit (Consulenza per l’innovazione tecnologica) dell’Inail che si è tenuto a Firenze dal 23 al 25 ottobre 2018.

 

Questi gli argomenti affrontati nell’articolo:



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Come governare i cambiamenti

L’intervento “Industria 4.0: rischi e opportunità per la tutela e la sicurezza dei lavoratori”, a cura di M. Tronci (Università di Roma “La Sapienza”, Facoltà di ingegneria civile e industriale, Dipartimento di ingegneria meccanica e aerospaziale), L. Mercadante e P.Ricciardi (Inail, Direzione generale, Contarp), si sofferma su vari aspetti correlati alle innovazioni tecnologiche e ai cambiamenti organizzativi del mondo produttivo, alcuni già da noi raccontati in un precedente articolo di presentazione dell’intervento.

 

Di fronte a questa fase di ripensamento dell’industria dei propri processi e della propria organizzazione, di fronte ai nuovi modelli aziendali e ai nuovi modi di lavorare, sono poi segnalati anche alcuni tentativi di mettere in campo strategie per analizzare e governare il cambiamento.

 

Si accenna al tentativo, per individuare una strategia europea comune, della Commissione europea di far partire specifiche politiche per “favorire un maggiore coordinamento tra i Paesi membri, con un piano che muoverà complessivamente 50 miliardi di euro fino al 2020 e che prevede una serie di misure, da realizzare su tutto il territorio comunitario, per coordinare il processo di digitalizzazione dell’industria e dei servizi ad essa collegati”.

 

 

Si ricorda poi il Piano nazionale industria 4.0 (2017-2020), varato dal Ministero dello sviluppo economico, un piano che “induce ad avviare una riflessione sul mondo del lavoro nel nostro contesto economico, sociale e produttivo, sui cambiamenti che ha già attraversato e soprattutto su quelli che attraverserebbe o attraverserà nell’attuare il Piano stesso”.

 

L’intervento si sofferma anche sul “Framework per la salute e sicurezza sul lavoro” (FSSL), sviluppato da APQI, Confindustria, Inail e Accredia attraverso il comitato tecnico scientifico del Premio Imprese per la Sicurezza nel 2011. Una metodologia consolidata “per la definizione dei punti di forza e delle aree di debolezza, delle loro modalità di gestione della salute e sicurezza sul lavoro allo scopo di consentire azioni di miglioramento e sviluppo sulla base di risultati di analisi delle reali situazioni effettuate a fronte di modelli di consistenza e valenza sia sul piano scientifico che di riconoscimento e adozione internazionale (Benedetti et al., 2016)”.

 

Organizzazione, tecnostress e autonomia lavorativa

Come ricorda l’intervento, non stiamo parlando del futuro, perché “di fatto il cambiamento è già in atto”.

 

Ad esempio “l’organizzazione del lavoro diventa flessibile, ad elevato grado di autonomia lavorativa, che può incrementare la qualità del lavoro, oltre che migliorare e favorire la conciliazione tra la vita lavorativa e quella familiare”. E si assisterà “al crescere del fenomeno dell’iperconnettività; molti manager oggi hanno smartphone e tablet ‘professionali’ forniti dalle loro aziende; in cambio, hanno accesso alla propria posta elettronica tutto il giorno e possono essere raggiunti in ogni momento”.

Questi cambiamenti possono portare al cosiddetto “tecnostress”, “termine ancora non di uso comune, ma largamente rappresentativo del rischio da iperconnessione se i lavoratori sono, o si sentono, obbligati a essere disponibili a lavorare in qualsiasi momento”.

E per prevenire questo rischio, e le possibili conseguenze, “si può ricorrere alle ‘pause digitali’, in analogia alle pause previste per coloro che lavorano ai videoterminali, o alle interruzioni di contatti telematici, ‘disconnessioni’, oltre l’orario di lavoro”.

 

Viceversa continua l’intervento - in altri settori “la stessa digitalizzazione dei servizi determina una riduzione dell’autonomia lavorativa; come ad esempio, nei centri logistici di commercio elettronico, dove troviamo mansioni e compiti fortemente ripetitivi per i lavoratori che, di norma, ricevono istruzioni dettagliate tramite dispositivi digitali, riguardo ad esempio all’articolo da imballare e alla confezione da utilizzare”.

Un tipo di lavoro che spesso è considerato di bassa qualità dai lavoratori stessi, “che avvertono che le loro competenze e capacità non vengono pienamente valorizzate”.

 

Contemporaneamente “la velocità nei cambiamenti, l’eliminazione di confini tra vita privata e vita lavorativa e la virtualizzazione delle relazioni umane nell’ambiente di lavoro costituiscono attori che possono scatenare condizioni di disagio legate al lavoro”, come il burn-out o “addirittura la ‘fomo’ (fear of missing out), cioè la paura di essere esclusi, che induce come conseguenza ad essere sempre connessi”.

I relatori citano poi anche il rischio da phubbing, con riferimento al fenomeno “per cui durante una interazione sociale si tende a prestare maggiore attenzione allo smartphone piuttosto che all’interlocutore; fonte di forte isolamento sociale e lavorativo, trova facile esemplificazione nelle riunioni di lavoro, durante le quali si accede frequentemente ai cellulari per controllare e gestire l’eventuale arrivo di messaggistica e/o posta”.

 

La robotica e le nuove attività

L’intervento si sofferma poi sull’uso sempre più consistente, nel mondo del lavoro, di robot, di robot collaborativi/cobot (collaborative robot), androidi e varie altre forme di intelligenza artificiale.

Si indica che i robot verranno sempre più “utilizzati per sostituire l’uomo nel processo produttivo o in parti di esso, anche se in diversi casi queste macchine non godono di una totale autonomia, ma per funzionare hanno bisogno di una collaborazione con l’uomo; i cobot, sono robot autonomi, capaci di interagire con il proprio “collega umano” e capaci di apprendere grazie alla tecnologia watch and learn”.

E si segnala che l’ uso della robotica “potrebbe generare conseguenze sulla motivazione e sul benessere dei lavoratori per l’insorgere di fenomeni di isolamento e/o anche di comportamenti e reazioni legate alla paura della macchina, alla paura di perdere le proprie funzioni, alla sensazione di autonomia ridotta, al lavoro in solitario. In generale sembra che saranno i fattori di rischio psicosociali a richiedere maggiore attenzione, mentre alcune questioni di responsabilità giuridica, da affrontare in caso di incidenti o di danni causati, saranno da considerare in termini regolamentari e giurisprudenziali”.

 

Altri aspetti su cui si sofferma l’intervento sono le recenti iniziative legislative “volte a creare alcune tutele in favore delle lavoratrici e dei lavoratori che operano mediante l’utilizzo delle piattaforme digitali”. Ad esempio riguardo ai cosiddetti riders, impegnati nella “consegna di pasti pronti a domicilio, principalmente attraverso l’utilizzo di biciclette e motorini; a questi operatori si vogliono riconoscere alcune tutele previdenziali e antinfortunistiche, di cui oggi sono totalmente privi.

E riguardo al tentativo di affrontare adeguatamente i cambiamenti che sono in essere e quelli che ci aspettano, si ricorda anche il decreto attuativo sul “credito d’imposta formazione 4.0” in virtù del quale “dal 22 giugno 2018 ha preso il via il bonus per le imprese sulle spese per i corsi di formazione 4.0. Infatti, in virtù di tale decreto, le imprese che intenderanno investire nella formazione del personale dipendente beneficeranno degli incentivi fiscali riconosciuti, facenti parte dell’ampio progetto Industria 4.0”. L’incentivo è finalizzato a “supportare l’acquisizione di competenze sulle tecnologie 4.0 negli ambiti dell’informatica, delle tecniche e tecnologie di produzione e della vendita e marketing da parte dei lavoratori dipendenti di imprese italiane”.

 

In definitiva per affrontare Industria 4.0 e le nuove rivoluzioni industriali è necessario “un cambio di marcia, una chiave di lettura diversa, una prospettiva nuova, capaci di delineare i futuri scenari tecnologici e occupazionali, dando dimensione, limiti, ambiti sia alle principali nuove mansioni, note, sia a quelle appena nate per poter analizzare, partendo da tutto ciò, le forme di tutela più evidenti, più opportune, più idonee a prevenire infortuni e malattie professionali”.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, “ Sfide e cambiamenti per la salute e la sicurezza sul lavoro nell’era digitale”, atti del seminario di aggiornamento dei professionisti Contarp, Csa e Cit dell’Inail - Firenze, 23-25 ottobre 2018 (formato PDF, 8.81 MB).

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Era digitale: sfide e cambiamenti per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro”.



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Rispondi Autore: GIANNI BONIZZI - likes: 0
06/09/2019 (08:45:52)
E' da molto che si parla di industria 4.0 ma a quanto
sembra l'industria ( compresa nell'economia ) invece
di andare avanti va indietro, come mai ? A chi compe-
te l'innovazione, al libero mercato o si aspetta sino a
quando QUALCUNO la regalerà a costo zero ?

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