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Un modello di prevenzione per la gestione delle crisi

Un modello di prevenzione per la gestione delle crisi
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Gestione emergenza ed evacuazione

30/05/2016

Un Quaderno della Fondazione Marco Biagi si sofferma sulla consapevolezza nella gestione dei rischi e sul modello di prevenzione ad alta affidabilità per la gestione delle crisi. Il concetto della consapevolezza, l’indagine e le indicazioni operative.

Un modello di prevenzione per la gestione delle crisi

Un Quaderno della Fondazione Marco Biagi si sofferma sulla consapevolezza nella gestione dei rischi e sul modello di prevenzione ad alta affidabilità per la gestione delle crisi. Il concetto della consapevolezza, l’indagine e le indicazioni operative.

 
Modena, 30 Mag – La consapevolezza è un concetto definito da Weick come la capacità individuale e organizzativa di sviluppare ‘una ricca consapevolezza del dettaglio discriminante’ e ha un “ruolo determinante nelle attività svolte all’interno del sistema organizzativo d’impresa”. Infatti solo “un elevato grado di consapevolezza consente di condurre a termine le attività aziendali con una maggiore probabilità di successo, tra le quali la prevenzione delle crisi, ossia un rischio minore di incidenti”. E permette di “conseguire gli obiettivi gestionali fissati in modo più agevole e efficace”.

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A parlare in questi termini della consapevolezza, e a presentare i risultati di un questionario per misurare e rilevare la consapevolezza degli operatori, è un Quaderno della Fondazione Marco Biagi - fondazione dell’ Università degli studi di Modena e Reggio Emilia - pubblicato nel 2013 con il titolo “Il modello di prevenzione ad alta affidabilità per la gestione delle crisi: la consapevolezza nella gestione dei rischi in uno studio di caso”.
 
Nel documento - a cura di Lugi Enrico Golzio, Michele Lalla, Maria Giovanna Manni – si indica che la consapevolezza è “un concetto che si può anche definire come l’atteggiamento, ovvero il modo di porsi, pro-attivo nei confronti dei rischi, che guida il comportamento organizzativo (individuale e di gruppo) nella prevenzione degli eventi rischiosi inattesi”.
In particolare un comportamento organizzativo consapevole si concentra sui dettagli discriminanti, sui segnali deboli, “nell’analizzare le deviazioni rispetto alle aspettative e agli obiettivi programmati”.
In pratica – continuano gli autori - ciò comporta la sorveglianza attenta di tanti aspetti:
- la continua osservazione critica dei segnali deboli di eventi potenziali di malfunzionamento, anche se non provocano danni (i near-miss). La consapevolezza è concentrata sulla chiara e dettagliata comprensione dei pericoli emergenti e sui fattori che interferiscono con tale comprensione;
- la messa in discussione delle ipotesi sottostanti i piani di prevenzione formalizzati in essere, inclusi quelli di gestione delle crisi;
- la prevenzione della distorsione (bias) decisoria o trappola cognitiva della normalizzazione dell’inaspettato, ossia la sottovalutazione degli eventi o delle situazioni di non conformità”.
E in definitiva la consapevolezza si traduce “nell’abilità individuale e collettiva degli attori del sistema organizzativo nel concentrarsi criticamente sulle attività correnti”.
 
A questo sproposito si sottolinea la tesi di Weick che “l’adozione della cultura della consapevolezza” consenta di prevenire “tutti i rischi ai quali è esposta l’impresa, di mercato e non di mercato, pur se  affrontati con tecniche differenziate”. E diventa possibile “qualificare l’azienda come impresa a alta affidabilità (High Reliability Organization, HRO)”.
 
Nel quaderno, che vi invitiamo a visionare integralmente, viene presentata la metodologia utilizzata – con riferimento al questionario sviluppato da Weick e Sutcliffe – e sono descritti i risultati diretti a “misurare le varie dimensioni della consapevolezza, al fine di fornire un primo apprezzamento operativo”.
L’indagine è condotta in relazione ad un’impresa che opera nel settore finanziario; lo studio è stato “originato dall’esperienza traumatica del terremoto, durante il quale l’impresa ha potuto verificare che i piani di evacuazione sono stati messi in pratica dalle persone (e in particolare dalle squadre di emergenza) in modo non conforme a quanto previsto rispetto alle procedure che l’impresa si era data e con diverse inefficienze. Da qui la necessità di misurare le competenze organizzative cerca la gestione delle crisi, delle situazioni di emergenza”.
 
Rimandando ad una lettura dei dettagli relativi ai vari risultati del questionario, presentiamo alcune considerazioni riassuntive degli autori.
 
In particolare le indicazioni operative derivanti dalla elaborazione del questionario per l’impresa sono le seguenti:
(a) va ridotto il grado di noncuranza, perché la vulnerabilità del sistema organizzativo è potenzialmente alta, stante le sue caratteristiche di legami forti a interazioni complesse;
(b) vanno ulteriormente migliorate le dimensioni della consapevolezza che nelle percezioni degli intervistati sono presidiate in modo sufficiente o pienamente sufficiente;
(c) il miglioramento dovrebbe essere facilitato dal punto di forza dell’azienda in esame, costituito dalle modalità di organizzazione del lavoro in essere, che sono coerenti e facilitano lo sviluppo della consapevolezza verso gli eventi inattesi”.
 
E un’ulteriore chiave di lettura delle risposte degli intervistati è quella del “modello dell’impresa a alta affidabilità, al quale il questionario si riferisce”.
 
Un’impresa ad alta affidabilità tale sviluppa “specifiche capacità organizzative nel presidiare due processi per la gestione degli eventi inattesi:
- l’anticipazione, ovvero la capacità di prevenire gli eventi inattesi negativi, i rischi (di mercato e non di mercato);
- il contenimento; ovvero la capacità di gestione delle crisi (crisis management) quando l’anticipazione non riesce”.
E lo sviluppo delle capacità organizzative per gestire l’anticipazione e il contenimento degli eventi inattesi nella prospettiva dell’alta affidabilità, “si basa sulla composizione equilibrata tra il controllo organizzativo (l’organizzazione del lavoro nell’azienda), il controllo sociale (lavoro di gruppo e cooperazione tra i gruppi) e il controllo individuale (auto controllo nello svolgimento delle attività). Si tratta di lavorare in modo da essere flessibili nel rivedere gli scenari, le ipotesi sottostanti i piani, le modalità di decisione di fronte alle crisi, per reagire in modo rapido e corretto”. Inoltre la formazione e lo sviluppo delle capacità di prevenzione dei rischi e di gestione delle crisi “costituisce la leva prioritaria: i rischi sono il risultato di percezioni (individuali e collettive) corrette, ovvero il saper interpretare i segnali deboli”.
E l’ esperienza del terremoto ha imposto all’attenzione delle persone dell’impresa “rischi considerati lontani e con scetticismo” e ha “aumentato la loro disponibilità all’apprendimento di competenze di analisi e di reazione”. E per cogliere “l’opportunità di sfruttare la motivazione a apprendere come gestire il rischio”, occorre progettare adeguati interventi di formazione, come descritti nel saggio.
 
In definitiva, concludono gli autori, lo studio di caso esaminato nel Quaderno ha mostrato “profili interessanti e, soprattutto, un livello di consapevolezza sufficiente per svolgere (individualmente e collettivamente) le attività assegnate e il conseguimento degli obiettivi con un rischio limitato; tuttavia, si sono rilevati aspetti suscettibili di miglioramento”.
 
 
“ Il modello di prevenzione ad alta affidabilità per la gestione delle crisi: la consapevolezza nella gestione dei rischi in uno studio di caso”, a cura di Lugi Enrico Golzio, Michele Lalla, Maria Giovanna Manni,  QFMB Saggi/Ricerche, Quaderno della Fondazione Marco Biagi n. 4/2013 (formato PDF, 6.03 MB).
 
 
Tiziano Menduto
 
 
Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

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