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Imparare dagli errori: morire per le esalazioni di un solvente
Brescia, 27 Giu – Per non dover continuamente aggiornare l’elenco di gravi incidenti avvenuti nei luoghi di lavoro confinati, il 2011 e il 2012 sono stati anni ricchi di novità per la prevenzione degli infortuni in questi particolari ambienti lavorativi. Ad esempio con riferimento all’emanazione del Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177 (Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati) e all’approvazione da parte della Commissione consultiva permanente di un manuale (recentemente pubblicato dall’Inail) con procedure di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.
Anche la rubrica “ Imparare dagli errori” si è più volte soffermata in passato sugli incidenti avvenuti in questi ambienti di lavoro. Tuttavia, alla luce delle nuove indicazioni normative e procedurali, ritorna ad occuparsi di questi temi con un lungo viaggio attraverso diversi ambienti a rischio: dalle vasche alle reti fognarie, dalle cisterne ai serbatoi, dai silos alle celle frigorifere.
Tuttavia gli incidenti negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati non avvengono solo in Italia e la prima puntata di questo viaggio è dedicata proprio ad un caso di infortunio avvenuto in Svizzera - descritto sul sito di Suva, istituto svizzero per l'assicurazione e la prevenzione degli infortuni – relativo alla morte di un operaio per esalazioni di solventi in un'azienda che lavora prodotti alimentari.
Il caso
Terminato il ciclo di produzione un operaio “pulisce un recipiente in cui era stata inumidita una massa alimentare, successivamente trattata con un solvente organico in un’altra zona dell'impianto. Nel pulire il recipiente, l'operaio fa cadere accidentalmente il raschietto al suo interno. Indossata la mascherina antipolvere, si cala nel recipiente per recuperare l'attrezzo. Dieci minuti dopo, un compagno di lavoro lo trova privo di sensi sul fondo del recipiente. Indossato l’autorespiratore con sistema di alimentazione di aria fresca, cerca di trarre in salvo il collega, ma purtroppo arriva troppo tardi”.
Il sito di Suva presenta una breve analisi di quanto accaduto.
Nel recipiente “si erano depositati vapori di solventi che, inalati, hanno provocato un'intossicazione acuta. L'operaio ha perso i sensi ed è morto”.
Incidente mortale avvenuto perché il lavoratore non ha osservato alcune regole di sicurezza per quando si lavora in “recipienti o locali stretti”:
- “l'interno del recipiente non era stato ventilato artificialmente e la qualità dell'aria non era stata misurata”;
- l'operaio “non aveva utilizzato l'autorespiratore ma semplicemente una mascherina antipolvere del tutto inadatta allo scopo”;
- si è calato nel recipiente “senza chiedere a un collega di sorvegliare l'operazione e intervenire in caso di pericolo”.
Per evitare infortuni simili, l’istituto elvetico sottolinea che “il datore di lavoro e il lavoratore devono agire con responsabilità e accertarsi che tutti in azienda conoscano e rispettino le regole di sicurezza per i lavori nei recipienti e nei locali stretti” (negli ambienti confinati).
In particolare il datore di lavoro e il superiore devono:
- “informare i collaboratori sulle misure da adottare prima di entrare in recipienti o locali stretti;
- fornire attrezzature e materiali idonei: ventilatore con tubo di aspirazione, strumenti per misurare e controllare la qualità dell'aria, almeno due apparecchi di protezione delle vie respiratorie con sistema di alimentazione di aria fresca”;
- verificare il rispetto delle regole di sicurezza. Se non vengono osservate, sospendere i lavori e farle rispettare”.
Alcune indicazioni per il lavoratore:
- “prima di entrare in recipienti o locali stretti occorre ventilarli artificialmente;
- mantenere in funzione la ventilazione per tutta la durata dei lavori;
- misurare la qualità dell'aria prima di entrare in recipienti o locali stretti;
- assicurare che un collega esperto ed equipaggiato sorvegli i lavori e intervenga in caso di pericolo;
- usare i dispositivi di protezione individuale;
- non eseguire i lavori e informare il superiore se non è possibile rispettare le misure di sicurezza o se mancano i dispositivi di protezione”.
I fattori di rischio, la prevenzione e la normativa
Dopo aver presentato la dinamica di un infortunio avvenuto in Svizzera, riportiamo qualche informazione relativa alla normativa italiana e ai documenti correlati.
Della necessaria idoneità e formazione dei lavoratori e della qualificazione delle imprese che operano negli ambienti confinati, torneremo in una prossima puntata di “Imparare dagli errori” dedicata a questi ambienti di lavoro.
Riguardo alla morte per esalazioni di una sostanza pericolosa, ci soffermiamo oggi su alcune indicazioni tratte dal “ Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del dpr 177/2011” approvato dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.
Il manuale sottolinea che prima di eseguire i lavori e durante il loro svolgimento, è necessario verificare che nell’ambiente confinato ci sia una concentrazione di ossigeno adatta alla respirazione (21/%) e non vi siano concentrazioni pericolose di agenti chimici asfissianti, tossici o infiammabili. Il monitoraggio dell’aria “deve essere effettuato a diversi livelli di altezza per tenere conto della differente stratificazione delle possibili sostanze pericolose. Laddove possa esservi dubbio sulla pericolosità dell’atmosfera vanno adottate specifiche cautele”.
Vi sono diverse condizioni di rischio che “possono esistere precedentemente all’inizio delle attività, altre possono sopraggiungere durante l’esecuzione di alcuni lavori”:
- “saldatura/taglio/brasatura;
- uso di particolari sostanze (colle, solventi, vernici, prodotti per la pulizia, ecc.);
- uso di attrezzature di lavoro (ad es. che producono inneschi);
- perdite da tubazioni presenti negli stessi ambienti o negli spazi limitrofi”.
Queste alcune situazioni di rischio associate a sostanze asfissianti:
- “non adeguata rimozione di azoto (N2) o di altro agente a seguito di attività di bonifica o inertizzazione;
- fermentazione e decomposizione di sostanze organiche con produzione di anidride carbonica (CO2), metano (CH4), idrogeno solforato (H2S) se presenti composti solforati;
- reazioni tra acqua del terreno, gesso e calcare, con produzione di anidride carbonica;
- processi di combustione;
- reazioni di ossidazione all’interno di serbatoi di acciaio e recipienti (formazione di ruggine);
- reazioni tra rifiuti e ossigeno atmosferico;
- reazioni di sostanze contenute all’interno di stive di navi, autobotti, cisterne, e simili, con l’ossigeno;
- dispersione di agenti estinguenti o refrigeranti come l’anidride carbonica, azoto o agenti alogenati (halon, freon, argon) in ambienti non aerati;
- ambienti o recipienti in aziende vitivinicole;
- reazioni di ossidazione da parte di alcuni tipi di materiali (residui, incrostazioni, rifiuti, terreni)”.
Il documento sottolinea inoltre che molti gas asfissianti “sono inodori, incolori e insapori, non sono rilevati dall’apparato sensoriale umano e causano la perdita di conoscenza senza segni premonitori, per cui l’uomo non riesce ad avvertire il pericolo in tempo”.
Questi sono i sintomi più facilmente distinguibili:
- “vertigini e progressiva perdita dell’equilibrio;
- sensazione di pesantezza nella parte frontale della testa;
- formicolio alla lingua ed alle estremità delle dita di mani e piedi;
- difficoltà di parola, fino all’impossibilità di emettere suoni;
- riduzione della capacita di effettuare sforzi fisici e di coordinare i movimenti;
- diminuzione della coscienza e di talune caratteristiche sensitive, particolarmente il tatto”.
Ad esempio il rischio di intossicazione si “può verificare in caso di:
- impropria bonifica di ambienti confinati con presenza di residui di materiali che possono emettere gas, fumi o vapori ( per esempio H2S);
- presenza di gas, fumi, vapori tossici che possono: invadere cisterne o serbatoi tramite le condotte di collegamento; essere prodotti durante attività di manutenzione;
- presenza di sostanze liquide e solide che, in alcune condizioni, possano improvvisamente rilasciare nell’ambiente gas o vapori pericolosi;
- presenza di polveri;
- presenza di liquidi e solidi che emettono gas tossici in presenza di aria o vapori d’acqua (zolfo, fosfuri che emettono fosfina a contatto di acidi ed acqua o vapore, ecc.);
- reazioni chimiche di decomposizione o fermentazione;
- ambienti sospetti di inquinamento o confinati dove si effettuano processi di saldatura;
- lavorazioni con solventi organici tossici o vapori tossici;
- attività svolte nei pressi di fogne, bocche di accesso e pozzi di connessione alla rete;
- combustioni in difetto d’ossigeno;
- scavi e fossi contenenti terreno contaminato, come scarichi di rifiuti;
- reazioni tra sostanze incompatibili con accumulo di gas tossici (es. sostanze acide con ipocloriti, solfuri, cianuri, ecc.)”.
Suva, pagina web dedicata alla morte dell’operaio per le esalazioni di solventi
N.B.: Gli eventuali riferimenti legislativi contenuti nelle pagine web di Suva dedicate agli incidenti riguardano la realtà svizzera, i suggerimenti indicati sono comunque utili per tutti i lavoratori.
Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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