Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Imparare dagli errori: infortuni dovuti al rischio chimico
Brescia, 20 Nov – I 106 eventi infortunistici 2002/2012 dovuti ad agenti chimici - contenuti nella banca dati di INFOR.MO. e analizzati dal Sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi - mostrano situazioni di esposizione sia ad agenti chimici con proprietà chimico fisiche che hanno comportato rischi per la sicurezza, sia ad agenti con proprietà tossicologiche che hanno comportato rischi per la salute con effetti acuti.
In particolare operando un confronto tra la distribuzione per settore degli infortuni mortali per esposizione a rischio chimico e la distribuzione del totale degli infortuni mortali, si rileva “un'elevata frequenza di infortuni nei settori della metalmeccanica (fabbricazione e lavorazione prodotti in metallo, fabbricazione di macchine, apparecchi meccanici, macchine elettriche, mezzi di trasporto) e della chimica (fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche, articoli in gomma e materie plastiche) che insieme concentrano oltre il 35% degli eventi. Resta comunque elevata, anche se in misura minore rispetto al dato complessivo, il peso del settore delle costruzioni che si attesta al secondo posto (17,9%)”.
Ad analizzare questi dati è una scheda informativa (factsheet) di INFOR.MO., elaborata da esperti del settore Ricerca INAIL e da operatori di prevenzione delle ASL, dal titolo “Scheda n.6: il rischio chimico”.
I dati relativi al rischio
La scheda indica inoltre che oltre il 60% degli infortuni “si è verificato nel luogo di produzione, nelle aree destinate alle operazioni di manutenzione e in luoghi dedicati al magazzinaggio mentre il 29% degli infortuni mortali è avvenuto in ambienti confinati”, intendendo per ambiente confinato uno “spazio circoscritto, caratterizzato da limitate aperture di accesso e da una ventilazione naturale sfavorevole, in cui può verificarsi un evento incidentale importante, che può portare ad un infortunio grave o mortale, in presenza di agenti chimici pericolosi (ad esempio, gas, vapori, polveri) o in carenza di ossigeno” [1].
Le lesioni maggiormente frequenti sono risultate “le ustioni pari al 49,3% (45,5% ustioni termiche e 3,8% ustioni chimiche) e l’asfissia che ricorre nel 32% degli infortuni. Le restanti lesioni sono riconducibili a fratture o schiacciamenti conseguenti per lo più ad esplosioni senza sviluppo di fiamme”.
Un altro dato interessante, utile per mettere in atto idonee misure di prevenzione degli infortuni mortali per esposizione a rischio chimico, è la presenza di infortuni collettivi: “circa 1/3 degli eventi (29,2%) ha visto il coinvolgimento con lesioni di più lavoratori”.
Infine l’analisi delle dinamiche infortunistiche mostra come il 67% dei casi “riguarda situazioni in cui il rischio chimico deriva da agenti chimici pericolosi che rientrano nel campo di applicazione delle norme sulla classificazione, etichettatura ed imballaggio, mentre il 33% si riferisce ad agenti chimici non rientranti nell’ambito delle suddette norme (ad esempio polveri di farina, di legno, di materie plastiche o acqua di pozzo contenente metano)”.
Conoscere i fattori di rischio
Con riferimento alla tipologia di incidente da rischio chimico, la scheda segnala che il 44,7% degli infortuni mortali “sono dovuti a incendi o a esplosione con sviluppo di fiamme, a cui si aggiungono il 14,4% di infortuni avvenuti per proiezione di solidi a causa di esplosioni senza sviluppo di fiamme”. Inoltre nel restante 40,9% dei casi esaminati si “registrano infortuni dovuti a esposizioni inalatorie o cutanee ad agenti chimici presenti nell’ambiente di lavoro (24,2%) o che fuoriescono dai sistemi di contenimento (12,2%) o con i quali il contatto avviene a seguito di cadute (4,5%).
Ci soffermiamo sui fattori di rischio relativi a incendi e esplosioni.
L’analisi degli infortuni mortali dovuti a incendio ed esplosione (con e senza sviluppo di fiamme) “mostra come il 55% degli infortuni derivi da una combinazione di errate procedure di lavoro con uno o più dei seguenti fattori: attrezzature di lavoro non adeguate, ambienti privi dei necessari requisiti di sicurezza, dispositivi di protezione individuali (DPI) non forniti o non utilizzati, caratteristiche di pericolosità degli agenti chimici per loro natura, trasformazione o stoccaggio. Invece nel 13% degli infortuni la combinazione di più fattori riguarda attrezzature di lavoro per lo più con ambienti di lavoro non adeguati”.
Inoltre nel 24% degli infortuni “si riscontrano esclusivamente procedure di lavoro errate, in genere per pratiche scorrette tollerate o per carenza di informazione, formazione e addestramento. Il restante 8% vede quali singoli fattori di rischio le attrezzature utilizzate e a seguire i materiali (per caratteristiche di pericolosità) e l’ambiente di lavoro”.
In questo caso le dinamiche infortunistiche più ricorrenti riguardano ad esempio:
- “attività di taglio di parti metalliche o saldature in presenza di materiali infiammabili quali vernici, solventi, polveri di varia natura, acqua artesiana che contiene gas infiammabili;
- casi in cui si utilizzavano attrezzature calde o generanti innesco in ambienti saturi di gas e vapori infiammabili derivanti dai prodotti utilizzati per la lavorazione;
- il travaso o l’utilizzo di prodotti infiammabili in contenitori non idonei ed in ambienti privi dei requisiti necessari di sicurezza (sistemi di areazione, sistemi antiscintilla, ecc.);
- lo stoccaggio di prodotti infiammabili in prossimità di altre attività lavorative che generano innesco”.
Riguardo infine all’analisi degli infortuni mortali dovuti al contatto con agenti chimici, cioè a esposizioni inalatorie o cutanee ad agenti chimici, si rileva come “nel 59% degli infortuni i fattori di rischio siano molteplici, con gli errori procedurali (per carenza di informazione, formazione, addestramento e vigilanza) che si affiancano principalmente alla mancanza di DPI ed ai materiali (per caratteristiche di pericolosità degli agenti chimici dovuti alla loro natura, trasformazione e stoccaggi), agli ambienti privi dei necessari requisiti di sicurezza e alle attrezzature inadeguate. Nel 24% dei casi non sono presenti tra i fattori di rischio le procedure di lavoro, ma si evidenziano nuovamente situazioni multifattoriali dovute a criticità riconducibili ai restanti fattori (DPI, materiali utilizzati, ambienti e attrezzature). Il restante 20% degli eventi riguarda fattori di rischio singoli quali: le procedure di lavoro errate (9%), la mancanza o il non utilizzo dei DPI, le attrezzature utilizzate, i materiali (per caratteristiche di pericolosità) e l’ambiente di lavoro (complessivamente 11%).
Per gli eventi avvenuti per contatto con agenti chimici, la scheda segnala che il 52% dei decessi sono avvenuti in infortuni collettivi e il 72% in ambienti confinati.
Concludiamo la presentazione della scheda, che si sofferma anche sugli aspetti correlati alle misure di prevenzione, descrivendo brevemente le dinamiche infortunistiche ricorrenti negli ambienti confinati:
- “l’utilizzo di prodotti volatili che provocano intossicazioni acute in luoghi non dotati di sistemi di ventilazione/aspirazione;
- l’accesso in ambienti non areati, non segnalati in cui è già presente aria non compatibile con la vita senza le necessarie verifiche e precauzioni”.
Emergono in ambedue le situazioni “la carenza di pianificazione, di analisi dei rischi e di proceduralizzazione delle lavorazioni e delle emergenze (assenza di sistemi di rilevazione dell’O2 , di areazione, di dispositivi protezione delle vie respiratorie, di attrezzature e dispositivi necessari al rapido recupero dell’infortunato, ecc.)”.
Infine si evidenziano diversi casi in cui “altri lavoratori rimangono coinvolti non perché direttamente interessati alla lavorazione ma perché soccorrono il primo infortunato senza i necessari sistemi di protezione”.
Il sito Infor.MO web
Sistema di sorveglianza nazionale degli infortuni mortali, “ Scheda n.6: il rischio chimico”, curata da M. Pellicci, E. Lo Scrudato, S. Stabile, G. Campo, A. Guglielmi (INAIL Ricerca DPO), N. De Lussu (ASL Milano) (formato PDF, 1.44 MB).
Tiziano Menduto
[1] Guida Operativa “Rischi specifici nell’accesso a silos, vasche e fosse biologiche, collettori fognari, depuratori e serbatoi utilizzati per lo stoccaggio e il trasporto di sostanze pericolose”, Supplemento Prevenzione Oggi, ISPESL, n.2 anno 2008
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.