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Imparare dagli errori: gli infortuni nelle strutture ospedaliere
Brescia, 3 Mag – In una struttura ospedaliera è presente una molteplicità di situazioni lavorative che espongono i lavoratori a numerosi fattori di rischio sia per la salute che per la sicurezza.
La nostra rubrica oggi si sofferma sulle comunicazioni presentate al 73° Congresso Nazionale SIMLII - pubblicate sul secondo supplemento del numero di ottobre/dicembre 2010 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia – che riportano un interessante contributo che ci permette di dare uno sguardo sui principali “errori”, sulle cause più ricorrenti degli infortuni negli ambienti ospedalieri.
Nella comunicazione - dal titolo “Incidenza degli infortuni in ambiente ospedaliero indagine descrittiva del periodo 2005-2009” e a cura di M. Poiani, D. Carbonari, M. Fioretti, R.Curini, L. Santarelli, M. Baldassari e A. Ulissi – si riporta una ricerca relativa alla quantificazione e descrizione degli infortuni occorsi all’interno dell’ Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona, dal 2005 al 2009, “al fine di elaborare uno strumento informativo per un’analisi più approfondita delle condizioni che hanno favorito gli episodi infortunistici”. Un’analisi che consenta l’individuazione dei “punti deboli” della Struttura Organizzativa e “la selezione di idonei interventi globali finalizzati a garantire il più alto livello di sicurezza possibile per gli operatori e, di conseguenza, per gli utenti”.
I risultati
Nei 5 anni di osservazione sono stati considerati 1780 casi di infortunio con un andamento decrescente fino al 2008 e un incremento nel 2009. La maggior incidenza del fenomeno è stata rilevata per i soggetti di sesso femminile, appartenenti alla categoria professionale degli infermieri e per gli operatori dei reparti di anestesia-rianimazione e blocco operatorio.
La categoria meno a rischio è risultata essere quella dei tecnici, “mentre a maggior rischio è risultata essere quella degli ausiliari, con un’incidenza media nove volte maggiore di quella del personale considerato a minor rischio”.
Dall’analisi delle modalità di infortunio è “emerso che gli infortuni associati al rischio biologico rappresentano la modalità più frequente (44%) legata all’utilizzo di ‘strumenti’ intrinsecamente pericolosi, soprattutto aghi e taglienti (66%). Un dato interessante è, invece, il 17.9% delle lesioni causate da urto o trauma, la cui causa non è facilmente individuabile”.
I risultati dello studio dimostrano come il personale ospedaliero, per l’estrema varietà e complessità dei compiti assegnati, sia dunque “esposto a innumerevoli rischi tra i quali il principale è senza dubbio quello traumatico a cui spesso è associato il rischio di esposizione ad agenti biologici” (ferita da punta e/o da taglio con esposizione ad agenti biologici: 44,1%).
In particolare l’analisi dei dati se da un lato conferma “i dati di incidenza nazionale forniti dall’INAIL, relativi alla figura degli infermieri”, dall’altra “evidenzia come la categoria degli ausiliari sia particolarmente esposta a rischio di infortuni e ciò è probabilmente legato al progressivo aumento dei carichi di lavoro per tale figura professionale”.
Riguardo alle cause di infortunio emerge che “non è sempre possibile ricondurre l’evento ad una causa specifica, anche se questa il più delle volte riconosce alla base comportamenti imprudenti (reincappucciamento degli aghi, il loro errato smaltimento ecc.) o la presenza di condizioni di rischio oggettive, note e facilmente controllabili attraverso una corretta condotta di lavoro ed il rispetto delle precauzioni universali”.
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La prevenzione
Riguardo al rischio biologico PuntoSicuro ha presentato in passato un documento che fornisce informazioni utili per la conoscenza, la valutazione e la prevenzione di questo rischio negli ambulatori di cura.
Si tratta del manuale Inail “ Rischio biologico negli ambulatori ‘Prime Cure’ Inail - Vademecum per l’infermiere - Edizione 2010”.
Secondo questo manuale il rischio biologico “costituisce di per sé un tipo di rischio intrinseco all’attività sanitaria, al quale l’ operatore sanitario, sia esso medico, infermiere, o addetto al laboratorio di analisi, può trovarsi esposto” ed è costituito da “agenti biologici che possono risultare potenziali portatori delle più varie patologie infettive”.
Infatti nell’ ambito sanitario l’operatore è costantemente a “contatto diretto con materiali biologici (ad esempio sangue, saliva, altri fluidi, aerosol respiratori) nonché da materiali o strumenti che siano stati contaminati da sangue o da altre sostanze risultanti potenzialmente infette”.
Riportiamo alcune procedure di buona tecnica nell’attività infermieristica presenti nel manuale.
Ad esempio in merito all’esecuzione dei prelievi si ricorda che “la massima protezione si ottiene attraverso l’uso di dispositivi che permettono di effettuare tale operazione senza usare la siringa (prelievi sotto vuoto)” e che devono essere messe in pratica norme di protezione individuale e di igiene generale.
In particolare le modalità di prelievo “debbono sottostare ai seguenti criteri:
- il prelievo deve essere eseguito da personale preparato e con esperienza;
- nel corso del prelievo debbono essere usati guanti e camice protettivi;
- dopo il prelievo, prima di immettere il sangue nella provetta, deve essere tolto l’ago dalla siringa e riposto nell’idoneo contenitore rigido;
- deve essere controllato che il contenitore del campione di sangue non sia contaminato esternamente, in caso positivo è necessaria la disinfezione con ipoclorito di sodio al 5%;
- il trasporto in laboratorio deve essere eseguito tramite l’utilizzo di un appropriato contenitore;
- il modulo di richiesta di esame dovrebbe essere inviato a parte rispetto al campione al fine di evitare una possibile contaminazione”.
Vengono anche riportate alcune precauzioni a seconda degli strumenti utilizzati per il prelievo. Ad esempio in caso di prelievo con siringa ed ago, “una volta effettuata l’operazione, l’ago deve essere rimosso attraverso il dispositivo del contenitore per aghi e taglienti, poi vanno riempite le provette”.
Nel caso di esposizione accidentale professionale a sangue o altro materiale biologico l’operatore coinvolto dovrà seguire specifiche procedure e le prime misure da attuare consistono “nei seguenti atti:
- far aumentare il sanguinamento se trattasi di ferita, nel caso applicare anche un laccio emostatico a monte della stessa;
- eseguire abbondante detersione con acqua e sapone;
- disinfettare bene la ferita;
- se vi sia stato contatto con il cavo orale occorre risciacquare con acqua corrente;
- se c’è stato contatto con le congiuntive occorre risciacquare con acqua corrente a lungo (per almeno 10 minuti);
- l’operatore esposto va inviato al Pronto Soccorso per gli altri interventi del caso”.
Per concludere segnaliamo un altro documento pubblicato da PuntoSicuro con informazioni sulla prevenzione del rischio biologico negli ospedali.
Un documento dal titolo “ Prevenzione di ferite da punta e da taglio nel settore ospedaliero e sanitario - Guida per il recepimento dell’accordo quadro europeo, la direttiva del Consiglio e la legislazione nazionale associata” e relativo alle linee guida per facilitare il recepimento dell’accordo quadro europeo sulla prevenzione di ferite da punta e da taglio.
Nel documento si ricorda che le procedure più a rischio includono “la raccolta di sangue, la cannulazione venosa e l’introduzione percutanea degli aghi di siringhe. Piccole quantità di sangue possono risultare in infezioni potenzialmente fatali. Gli aghi cavi contengono una quantità maggiore di sangue e, pertanto, presentano un rischio più elevato rispetto agli aghi solidi. L’uso di aghi cavi su un paziente, quindi, comporta un notevole rischio per i lavoratori sanitari. È importante sottolineare che l’incidenza dei virus di epatite B (HBV) e C (HCV) e del virus da immunodeficienza (HIV) è notevolmente più alta nella popolazione ospedaliera piuttosto che in quella generale”. Inoltre, i pazienti vengono sottoposti a trattamento prima che si appuri la presenza di una grave infezione trasmissibile per via ematica, quindi non è possibile segregare in modo affidabile i pazienti sulla semplice base del rischio, ma “è opportuno adottare misure di prevenzione universali delle ferite da punta”.
“ Incidenza degli infortuni in ambiente ospedaliero indagine descrittiva del periodo 2005-2009” a cura di M. Poiani e L. Santarelli (Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro, Università Politecnica delle Marche), M. Baldassari e A. Ulissi (Medico Competente Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona), M. Fioretti e R.Curini (Dipartimento di Igiene del Lavoro, Ispesl) e D. Carbonari (Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro e Dipartimento di Igiene del Lavoro), comunicazione al 73° Congresso Nazionale SIMLII “La Medicina del Lavoro quale elemento migliorativo per la tutela e sicurezza del Lavoratore e delle attività dell’Impresa”, pubblicata in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXII n°4/suppl.2, ottobre/dicembre 2010 (formato PDF, 105 kB).
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.
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Rispondi Autore: Ugo Gargiulo - likes: 0 | 03/05/2012 (11:03:30) |
es |
Rispondi Autore: rudi xherahi - likes: 0 | 23/03/2014 (16:43:28) |
un articolo molto interesante |