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Imparare dagli errori: gli incidenti nel comparto vinicolo
Brescia, 30 Gen – Sono diverse le strade intraprese dalla rubrica “Imparare dagli errori” per raccontare gli incidenti e approfondirne le cause. A volte partiamo dai rischi di un attrezzatura, come nel caso delle molte puntate dedicate alle macchine movimento terra, a volte da una misura di protezione, come l’uso di DPI, a volte dai rischi di un comparto lavorativo specifico.
In questa puntata intendiamo infatti fare una breve rassegna dei rischi relativi al comparto vinicolo, un comparto di notevole rilevanza socio-economica e culturale, ma poco analizzato dal punto di vista della tutela della sicurezza del lavoro.
Come sempre gli incidenti presentati sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
I casi
Il primo caso è relativo ad attività di convogliamento delle vinacce dalla tramoggia alla coclea.
In una fossa profonda circa 3 metri è posizionata una tramoggia nella quale si scaricavano le vinacce utilizzate per la distillazione, che vengono convogliate ad un silos interno alla distilleria mediante una sistema di sollevamento a coclea. Per facilitare il convogliamento delle vinacce dalla tramoggia alla coclea sono installati due alberi a pettine. Il sistema si mette in funzione automaticamente quando il silos rimane vuoto.
Un lavoratore scende nella fossa, con l'impianto fermo, e solleva una griglia mobile di protezione inserendo il braccio tre i due alberi a pettine, forse per rimuovere qualche vinaccia, quando l'impianto si mette automaticamente in funzione, anche se la griglia di protezione è stata sollevata (assenza di dispositivi di blocco). L'infortunato rimane incastrato con il braccio destro ed anche con la testa tra i pettini. Viene liberato dopo aver segato con la mola a disco alcuni pettini. Muore nel pomeriggio all'ospedale.
Il secondo caso è relativo ad un investimento con una pala meccanica gommata di grosse dimensioni.
Un lavoratore con una bicicletta aziendale sta ritornando al proprio reparto percorrendo una strada, interna all'azienda, destinata alla viabilità di ogni mezzo aziendale, comprese le biciclette. La pala meccanica è una delle macchine autorizzate a percorrere la suddetta strada. La pala si immette sulla strada direttamente dal piazzale - tettoia prospiciente il reparto vinacce e destinato esclusivamente alla operatività della pala e di autocarri in fase di scarico. Nel punto di imbocco del piazzale alla strada non vi sono delimitazioni di corsie e di senso di marcia, la zona è scarsamente illuminata e in quel periodo non è funzionante un faro posto ad illuminazione dell’area. Quel giorno piove, sul suolo sono presenti residui di vinaccia che rendono il manto stradale viscido, inoltre l’infortunato indossa abiti aziendali di colore verde scuro e la bicicletta da esso usata è sprovvista di illuminazione ed ha i freni rotti.
L’incidente è avvenuto perché:
- l'autista della pala non vedeva il ciclista sopraggiungere dalla sua sinistra ed attraversava l'incrocio investendolo;
- la bicicletta aveva entrambi i freni rotti ed era sprovvista di illuminazione propria;
- le vie di circolazione non erano sicure alla viabilità contemporanea dei diversi veicoli e la segnaletica era insufficiente;
- l'illuminazione ambientale era insufficiente;
- non erano stati forniti DPI alta visibilità ai lavoratori che devono percorrere a piedi o in bicicletta le strade aziendali.
Vediamo un terzo caso, che PuntoSicuro ha già presentato in passato, relativo alla presenza di spazi confinati nel comparto.
Un lavoratore di aziende vitivinicole deve selezionare le raspe dagli acini di uva da fermentare. Mentre pulisce l'orlo della bocca di accesso della vasca, cade al suo interno e si procura lo sfondamento del torace. All'interno della vasca è già presente del materiale in fermentazione i cui vapori hanno generato nel lavoratore, come dimostrato successivamente dall'esame autoptico, uno stato di ipossia associato ad una saturazione ambientale. L'ipossia, che si può definire come una condizione patologica determinata da una carenza di ossigeno, porta ad uno stato di confusione, di spaesamento (stati paragonabili a quelli conseguenti all’assunzione di sostanze alcoliche), uno stato difficilmente percepibile da chi ne soffre.
L'infortunio è avvenuto per la “mancanza di idonea ventilazione dell'ambiente in cui erano allocate le vasche” e per il “mancato utilizzo di idonei DPI ( maschera di protezione delle vie respiratorie e cinture di sicurezza munite di fune di trattenuta ancorate a funi di guardia) necessarie per il rischio specifico”.
Infine un breve quarto caso relativo al lavaggio di un autoclave.
Il tecnico cantiniere inizia la giornata lavorativa procedendo al lavaggio di un'autoclave.
Viene tuttavia trovato privo di sensi poco tempo dopo, da un collega, con il busto introdotto nell'autoclave e i piedi sul pavimento. La diagnosi 'inalazione di gas asfissianti' ipotizza che l'operatore abbia introdotto il busto nel vaso vinario quando l'atmosfera interna dello stesso era ancora satura di azoto probabile residuo delle precedenti fasi di imbottigliamento del vino.
La prevenzione
In questa brevissima rassegna si può comprendere come i rischi a cui sono soggetti i lavoratori nel comparto vinicolo siano numerosi.
Riguardo a questi rischi segnaliamo che la CONTARP dell’Inail ha prodotto ben tre volumi dedicati al comparto vinicolo e oleario. E nel volume dal titolo “Il comparto vinicolo e oleario: Le cantine” viene approfondito in particolare il rischio di infortuni nella produzione vinicola con particolare riferimento a:
- conferimento uve;
- scarico uve;
- pigiatura-diraspatura;
- lavoro in prossimità di aperture nel pavimento;
- lavoro in postazioni sopraelevate;
- fermentazione nei tini;
- pressatura delle vinacce;
- maturazione del vino e conservazione nelle botti;
- imbottigliamento e inscatolamento delle bottiglie;
- pulizia e manutenzione dei vasi vinari;
- movimentazione meccanica, magazzino, spedizione.
Ricordiamo ad esempio che il conferimento uve avviene principalmente “per mezzo di trattori gommati o cingolati con rimorchi, che dai campi trasportano l’uva nel sito produttivo, dove viene effettuato lo scarico nella tramoggia previa pesatura”. Durante la fase di carico delle casse sul rimorchio, “le stesse, per scivolamento o ribaltamento, potrebbero investire sia l’operatore a terra sia quello sul rimorchio; in quest’ultimo caso è opportuno che l’operatore svolga tale attività solo con il mezzo fermo”. Inoltre bisogna assicurare “le casse in modo stabile, anche con l’ausilio di dispositivi di ancoraggio (corde, traverse, fermi); il guidatore inoltre dovrà condurre il mezzo con particolare attenzione e a velocità prudenziale, al fine di non investire gli operatori che si trovano tra i filari; inoltre, terminata la fase di carico, il conducente dovrà mantenere comunque una velocità prudenziale, minore di 5 Km/h, specie in prossimità della tramoggia, al fine di prevenire incidenti dovuti alla presenza di altri mezzi meccanici e di persone a piedi”. È evidente poi la necessità di prestare particolare attenzione al rischio di ribaltamento del trattore ed è bene prima dell’inizio di ogni turno di lavoro “verificare l’efficienza del mezzo e soprattutto dei dispositivi di sicurezza come la barra antiribaltamento e l’impianto frenante”.
E riguardo allo scarico uve una misura per evitare incidenti “consiste nell’installare parapetti fissi di altezza adeguata ai lati della tramoggia, dove lo scarico dell’uva avviene manualmente dalle ceste. Sul lato ove lo scarico avviene per ribaltamento del rimorchio, si dovrà ovviamente prevedere una balaustra mobile che andrà riposizionata a scarico compiuto”. Poiché la tramoggia sul fondo è provvista di organo meccanico per sospingere l’uva verso la successiva macchina di lavorazione, si possono “prevedere dispositivi elettrici ed elettronici che blocchino detti organi quando il parapetto risulta alzato”.
Diamo infine qualche indicazione relativa al rischio chimico con riferimento al volume CONTARP “ Il comparto vinicolo e oleario: Cicli produttivi e rischi professionali”.
Sono numerosi gli agenti chimici “che traggono origine dai prodotti residui dei vari stadi di vinificazione. In aggiunta all'alcool etilico e all'alcol metilico essi possono comprendere: formaldeide e butilaldeide, acetone, acido formico, acetico e tartarico, tartrati di potassio e di calcio, i resti di sostanze che intervengono nella lavorazione del vino come il carbone attivo, i vari coadiuvanti di filtrazione, il ferrocianuro di potassio, l'anidride solforosa, e infine le soluzioni alcaline e i tensioattivi impiegati nei lavaggi”. i fini dell'insorgenza di patologie professionali, problematiche particolari possono “derivare dal deterioramento della qualità dell'aria indoor negli ambienti in cui avviene la vinificazione a causa delle emissioni gassose ad essa imputabili”.
Inoltre, “nonostante lo sviluppo di tecnologie alternative, assai diffusa risulta ancora nella cantine la pratica delle fumigazioni con anidride solforosa (SO2) per le sue proprietà antisettiche ed antiossidanti e per il suo effetto miglioratore delle proprietà organolettiche del prodotto finito”. Nelle attività di cantina è anche frequente “l'impiego di azoto, gas inerte in grado di proteggere il vino dall'ossidazione e di compensare la sovrapressione di CO2 in alcune tipologie di vino tra cui gli spumanti”.
Altre fonti di pericolo sono correlate, ad esempio, all'utilizzo e allo stoccaggio di bombole contenenti gas a pressione (anidride solforosa, anidride carbonica, azoto), allo stoccaggio, “nelle cantine o in aree non idonee ad esse adiacenti, di prodotti antiparassitari”.
Pagina introduttiva del sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 3061, 1256, 1766 e 2172 (archivio incidenti 2002/2010).
Tiziano Menduto
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