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IL FATTORE UMANO NELLA GESTIONE DELLE EMERGENZE

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Gestione emergenza ed evacuazione

20/03/2006

Criteri, metodi e soluzioni operative per la selezione degli addetti alle squadre di emergenza, antincendio e di primo soccorso. Continua la pubblicazione degli atti del convegno.

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PuntoSicuro, continua la pubblicazione (vedere PuntoSicuro n. 1415, 1422 e 1434) in più articoli degli atti del convegno tenutosi a Bologna il 13 settembre 2005: “Il ruolo critico del fattore umano nella gestione delle emergenze, criteri e metodologie per la selezione degli addetti alle squadre di emergenza sanitaria, antincendio e primo soccorso”.
Di seguito il quarto intervento (i successivi saranno pubblicati nei prossimi numeri di PuntoSicuro, mentre per gli abbonati alla banca dati ci sarà a breve la possibilità di scaricarli tutti).

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Compiti e responsabilità dei ruoli aziendali coinvolti nel processo di gestione dell’emergenza.

di Rolando Dubini, avvocato in Milano

1. Premessa
Il compito di costituire e gestire in modo conforme alla legge, e operativamente efficace le emergenze, non è sempre facile.
Le difficoltà sono di vario ordine, non ultima quelle tipiche di una organizzazione che si trovi a fronteggiare un evento avente in teoria poche probabilità di avverarsi ma che comunque quando si verifica crea inevitabilmente grossi problemi all'azienda.
Ci riferiamo all'organizzazione antincendio e gestione delle emergenze aziendali, sulla quale è opinione comune che presenti costi certi e vantaggi inesistenti. Questo giudizio non è corretto: la sicurezza antincendio è un elemento fondamentale, assieme indubbiamente a tutti gli altri fattori economici, produttivi e organizzativi per una buona conduzione dell'azienda; si può infatti pensare che, se non succede nulla di grave, il merito potrebbe essere di tutti coloro che, anche se non fanno interventi speciali, sicuramente fanno prevenzione in maniera continua ed organizzata, eliminando fonti e cause di un probabile principio di incendio, o altre cause di emergenza.
Una volta garantito il massimo livello di prevenzione possibile, l'organizzazione del servizio di emergenza sanitaria e antincendio dovrà comunque, come caratteristica costante in caso di evento, assicurare l'operatività necessaria, sino a quando non sia richiesto l'intervento dei VV.F. che assumono il comando delle operazioni.
L'organizzazione deve pertanto, attraverso un’analisi preliminare, ipotizzare e valutare il massimo incidente che si può verificare in azienda (analisi dei rischi, valutazione dei rischi incidentali, piano di emergenza).
Si dovrà tenere conto, in questo contesto, anche dei tempi di intervento dei VV.F., considerando la distanza dalla caserma o dal distaccamento più vicino.
In relazione alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'impresa e/o dello stabilimento, alla tipologia dei rischi e al numero di persone presenti, deve essere prevista una squadra composta da almeno due o più unità, appositamente istruite e periodicamente addestrate, per effettuare operazioni di primo intervento in caso di emergenza.
A prescindere dagli obblighi derivanti dalle disposizioni legislative, la formazione di squadre antincendio, composte da un numero di addetti proporzionato al livello di rischio dell'attività, o più semplicemente di personale specificatamente addestrato per un primo intervento, dovrebbe avere una diffusione spontanea e generalizzata.
Basti considerare che unincendio,se adeguatamente affrontato nelle prime fasi dell'innesco e propagazione da personale addestrato e con mezzi idonei può venir spento, nella maggior parte dei casi con danni diretti (fabbricati, impianti, materie prime prodotti finiti) e indiretti (perdita di mercato, di utili, di immagine) moderati rispetto a quelli che si avrebbero quando, nell'attesa dell'intervento dei VV.F., lo stesso abbia raggiunto proporzioni più rilevanti, spesso incontrollabili.

2. Compiti e responsabilità dell'organigramma aziendale
Per una corretta gestione del sistema aziendale di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali previsto dal Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n. 626 è indispensabile definire prioritariamente una chiara e non formalistica ripartizione dei compiti e delle responsabilità all'interno dell'azienda, le cui connotazioni sono riconducibili alle prescrizioni delle norme penalmente sanzionate vigenti in materia di igiene e sicurezza del lavoro.
 Incarichi scritti e deleghe sono irrilevanti qualora non corrispondano alla organizzazione sostanziale presente in azienda (principio di effettività): "in tema di infortuni sul lavoro, la individuazione dei soggetti destinatari della relativa normativa deve essere operata sulla base dell’effettività e concretezza delle mansioni e dei ruoli svolti" ( Cass. Pen., IV, 20 aprile 1989, n. 6025).

L'art. 1 comma 4 bis del D. Lgs. n. 626/94 afferma chiaramente che l'obbligazione di sicurezza è ripartita innanzitutto tra datori di lavoro, dirigenti e preposti: il datore di lavoro che "esercita" le attività alle quali sono addetti lavoratori subordinati o equiparati "e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovrintendono le stesse attività, sono tenuti all'osservanza delle disposizioni" in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
In questo modo la ripartizione degli oneri prevenzionistici (penalmente sanzionati) si modella sui ruoli ricoperti all'interno della gerarchia aziendale:l'imputazione di quote decrescenti dell'obbligazione di sicurezza avviene secondo una precisa scala gerarchica (che è quella aziendale).

Detta ripartizione dei compiti antinfortunistici è così articolata:
- parte dall'obbligo del datore di lavoro (o di soggetto idoneo e validamente delegato) di predisporre mezzi e strutture che siano sicuri e rispondenti ai requisiti tecnici e igienici previsti dalla legge [“ai sensi dell’art.2087 c.c., il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica e morale dei lavoratori, rispettando non solo le specifiche norme prescritte dall’ordinamento in relazione al tipo specifico di attività imprenditoriale e lavorativa, ma anche quelle che si rivelino necessarie in base alla particolarità del lavoro, all’esperienza e alla tecnica. La previsione dell’obbligo contrattuale di sicurezza comporta che al lavoratore è sufficiente provare il danno e il nesso causale, spettando all’imprenditore provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno” (Cass. pen. 17.11.93, n.11351);];
- prosegue attribuendo al dirigente l'onere di organizzare in modo adeguato e sicuro l'utilizzo delle strutture e i mezzi messi a disposizione dal datore di lavoro [“in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, (i dirigenti) non si sostituiscono, di regola, alle mansioni dell'imprenditore, del quale condividono, secondo le loro reali incombenze, oneri e responsabilità in materia di sicurezza del lavoro; salvo che, da parte del titolare dell'impresa, sia avvenuta, non soltanto la nomina nel suddetto ruolo (di dirigente) di persona qualificata e capace, ma anche il trasferimento alla stessa di tutti i compiti di natura tecnica, con le più ampie facoltà di iniziativa e di organizzazione anche in materia di prevenzione degli infortuni, con il conseguente esonero, in caso di incidente, da responsabilità penale del datore di lavoro” (Cass. penale, sez. IV, 29-03-1989 n. 4432, Fadda)];
- giunge fino alle figure dei preposti (capireparto, capiturno, assistenti di linea, capi ufficio, supervisors) ai quali la legge attribuisce l'obbligo di vigilare sulla corretta osservanza da parte dei lavoratori delle misure e procedure di sicurezza predisposte dai vertici aziendali (e riferire ad essi sulle carenze delle misure di prevenzione riscontrate nei luoghi di lavoro);“privo del potere o dovere di predisporre mezzi e strutture, svolge compiti di controllo e sorveglianza, con corrispettivi poteri organizzativi e disciplinari” ed “è responsabile, tra l’altro,
dell’attuazione delle misure di sicurezza decise dal datore di lavoro ed organizzate dai dirigenti per il concreto svolgimento dell’attività;
rende edotti i lavoratori dei rischi cui sono soggetti; vigila sull’uso dei dispositivi di sicurezza individuali;
verifica se, nelle fasi di produzione, si presentino rischi imprevisti e prende le opportune cautele;
deve attuare il piano di manutenzione delle macchine e predisporre verifiche e controlli sulle stesse per garantirne la perfetta efficienza”, e dunque “… grava sul preposto, nell’alveo del suo compito fondamentale di vigilare sull’attuazione delle misure di sicurezza, l’obbligo di verificare la conformità dei macchinari alle prescrizioni di legge e di impedire l’utilizzazione di quelli che, per qualsiasi causa (inidoneità sopravvenuta od originaria), siano pericolosi per l’incolumità del lavoratore che li manovra” (Cass. penale sez. III n.1142 del 27.1.99);
- infine riguardagli stessi lavoratori che sono direttamente responsabili della sicurezza propria e delle altre persone presenti sul luogo di lavoro conformemente alla formazione, alle istruzioni e ai mezzi loro forniti dal datore di lavoro. Ad essi“non è riconosciuta alcuna autonomia decisionale o iniziativa personale in ordine alla prevenzione infortuni, ma solo il compito di attenersi fedelmente alle istruzioni e alle direttive che gli provengono dai soggetti indicati nell’art.4 del D.p.r. n. 547/1955” (Cass. pen. sez. VI, 23.1.79, Morana)

E' dunque vero che “… in materia di sicurezza, la mentalità del non compete a me e comunque ci sta pensando qualcun altro è contraria a ciò che il legislatore pretende ponendo anche specifici precetti normativi”(Tribunale ordinario di Milano, Sez. IV pen., 13.10.99, Pres. Martino)

3. Obblighi generali antincendio
La sicurezza antincendio fa riferimento all'insieme delle misure atte a prevenire ed estinguere gli incendi. Tali misure interessano sia le apparecchiature e gli impianti necessari, quali reti antincendio, autopompe, estintori, ecc., sia le persone che devono utilizzare in modo idoneo ed al momento opportuno i mezzi messi a disposizione.
A tutte le aziende, comprese quelle non soggette al controllo dei Vigili del Fuoco (Cass. pen. sez. IV, 24/9/1981), si applicano le norme degli artt. 33-35 D.P.R. 547/1955 che impongono l'adozione di misure idonee per prevenire gli incendi e per tutelare la incolumità dei lavoratori.


Gli articoli 12-13-14-15. e l'allegato II (Prescrizioni di salute e sicurezza per i luoghi di lavoro) del Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n. 626 regolano gli aspetti generali della prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori e pronto soccorso.
AI sensi dell'articolo 12 D. Lgs. n. 626/94 il datore di lavoro deve:
a) organizzare i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti;
b) designare preventivamente e i lavoratori (che non possono rifiutare la designazione se non per giustificato motivo) incaricati di attuare le misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e di gestione dell'emergenza;
c) informare tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare (cfr. anche circolare del Ministero dell'interno del 29 agosto 1995 prot. n. P1564/4146 ) ;
d)formare i lavoratori designati (v. anche circolare del Ministero dell'interno del 29 agosto 1995 prot. n. P1564/4146  e Lettera circolare del Ministero degli interni prot. n. 770/6104 del 12 marzo 1997).

Ai sensi dell'articolo 13 del D. Lgs. n. 626/94, per la prevenzione incendi sono definite con decreto interministeriale le misure precauzionali da adottare, i metodi di controllo e di manutenzione delle attrezzature antincendio, le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione antincendio.
Tuttavia « fino all'emanazione dei decreti previsti dall'articolo 13:
a) i luoghi di lavoro ricompresi nelle tabelle A e B del D.P.R. 689/59, e nella tabella annessa al Dm 16/2/1982 e successive modificazioni ed integrazioni e, pertanto, soggetti all'obbligo di controllo da parte dei competenti organi periferici del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, rimangono assoggettati alle normative e procedure vigenti a fini antincendio;
b) i luoghi di lavori ricompresi nella precedente lettera a), sono assoggettati alle specifiche disposizioni previste dalla normativa vigente in materia (D.P.R. n 547/55, D.P.R. n. 128/59, D.P.R. n. 320/56 eccetera)» (Circolare Min. Lavoro 7 agosto 1995 n. 102).
L'Allegato II, recante Prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro, prevede alcuni obblighi precisi in materia di Rilevazione e lotta antincendio (punto 1):
- a seconda delle dimensioni e dell'uso degli edifici, delle attrezzature presenti, delle caratteristiche fisiche e chimiche delle sostanze presenti, nonché del numero massimo di persone che possono essere presenti, i luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi adeguati per combattere l'incendio, e se del caso, di rilevatori di incendio e di sistemi di allarme;
- i dispositivi non automatici di lotta antincendio devono essere facilmente accessibili e utilizzabili;
- essi devono essere oggetto di una segnaletica conforme alla normativa vigente;
- questa segnaletica deve essere apposta nei luoghi appropriati ed essere durevole.
Le norme di sicurezza antincendio di cui al D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, ed in particolare gli articoli 33-34 e 35, prevedono precisi obblighi penalmente sanzionati a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti delle aziende.
Ai sensi dell’art. 33 essi devono adottare idonee misure di sicurezza atte a prevenire gli incendi e a tutelare l'incolumità dei lavoratori in caso di incendio.
Ai sensi dell’art. 34 essi devono:
1) vietare al personale dipendente di fumare nei locali di lavoro nei quali esista un pericolo specifico di incendio;
2) non consentire o comunque impedire che vengano adoperati apparecchi a fiamma libera o materiale incandescente senza che siano state preventivamente predisposte idonee misure di sicurezza contro il pericolo di incendio;
3) predisporre idonei mezzi antincendio nel locale di lavoro, soprattutto quando sussistono specifici pericoli d'incendio [da notare che «l'art. 34 d.p.r. 27 aprile 1955, n. 547 statuisce che nelle aziende o lavorazioni, in cui esistono pericoli specifici di incendio, devono essere predisposti idonei mezzi di estinzione; tale è un magazzino adibito a deposito di carta, fibra sintetica o materiale plastico, nel quale operai svolgono attività di carico, scarico ed imballaggio con autoveicoli; il pericolo specifico non è escluso dalla eventuale vastità dei locali ed è costituito da prevedibili situazioni di rischio per la possibile fuoriuscita di scintille dai tubi di scappamento degli automezzi o per la caduta di mozziconi di sigarette; il dovere di apprestare idonee misure antincendio sussiste inoltre, pur se l'azienda non sia soggetta a controllo preventivo dei vigili del fuoco, perché non compresa nell'elenco contenuto nel decreto presidenziale, emesso in base all'art. 36 d.p.r. 27 aprile 1955, n. 547», Cassazione civile, 22 maggio 1981, Grignoli];
4) mantenere in efficienza i mezzi antincendio;
5) sottoporre al prescritto controllo semestrale da parte di personale esperto gli apparecchi antincendio;
6) assicurare l'agevole e rapido allontanamento dei lavoratori dai locali pericolosi in caso di necessità.
Ai sensi dell’art. 35 i datori di lavoro devono rendere edotti i lavoratori, mediante avvisi o cartelli chiaramente leggibili, del divieto di utilizzare acqua per lo spegnimento di eventuali incendi.
In tal senso «gli artt. 33 e 34 del D.P.R. n. 547 del 1955, prescrivono l'adozione di tutte le cautele idonee per la prevenzione degli incendi e la tutela della incolumità delle persone indipendentemente da disposizioni specifiche dettate ai fini della prevenzione incendi»: «l'osservanza di queste ultime non esonera il titolare dell'impresa dall'adottare le ulteriori misure che si rendano necessarie per la protezione dal rischio infortunistico». Si tratta di «norme che hanno carattere di generalità e di onnicomprensività per il fine preciso di tutelare in ogni caso e sotto qualsiasi aspetto, l'incolumità fisica dei lavoratori e delle persone non addette che possono accedere ai locali dell'azienda» [Cassazione Penale sezione III, 8 maggio 1990, n. 6641, Valfrè, in motivazione, v. Sicurezza del lavoro e Corte di Cassazione, Il Repertorio 1988-1994, IPSOA, Milano 1994, pagg. 88-89].
        
4. Norme di comportamento da osservare in situazioni di emergenza    

Tutti i lavoratori debbono essere edotti, mediante comunicazione diretta (cui possono aggiungersi, per maggiore efficacia, le altre usuali forme aziendali di divulgazione, ad es.: cartellonistica, affissione in bacheca, ecc.) sulle norme di comportamento da osservare in situazioni di emergenza.
In particolare essi hanno l'obbligo di:
1) segnalare tempestivamente al personale specificamente incaricato della gestione delle situazioni di emergenza ogni evento pericoloso per cose o persone verificatosi negli ambienti di lavoro (es.: incendio, scoppio, infortunio, malore, ecc.);
2) astenersi dall'effettuare interventi diretti sugli impianti e sulle persone (salvo laddove sia impossibile contattare un incaricato, ovvero in situazione di pericolo grave o immediato);
In particolare non dovranno utilizzare attrezzature antincendio o di pronto soccorso, o effettuare interventi o manovre sui quadri elettrici o sugli impianti tecnologici idrico, termico, di condizionamento, ecc.) senza aver ricevuto adeguate istruzioni.
I lavoratori devono, altresì, conoscere ed applicare le seguenti norme comportamentali in caso di esodo dai locali, al verificarsi di una situazione di emergenza:

1) allontanarsi ordinatamente dai locali non appena percepito l'apposito avviso di allarme, ovvero al cospetto diretto di una situazione di emergenza, avendo cura di chiudere - ovviamente non a chiave - le finestre e le porte degli ambienti di lavoro, dopo aver accertato che gli stessi siano stati completamente evacuati;
2) asportare possibilmente i propri effetti personali;
3) non usare, in nessun caso, ascensori o montacarichi;
4) seguire, salvo diversa indicazione da parte del personale incaricato, il percorso di esodo (per ogni piano e per ogni accesso da scale è opportuno che siano affisse planimetrie contenenti i percorsi di fuga, nonché l'ubicazione dei presidi antincendio e dei locali contenenti impianti elettrici o comunque a rischio (depositi di batterie; serbatoi sotto pressione; centraline elettriche; archivi cartacei; ecc.) contrassegnato dalla apposita segnaletica (V. i simboli di cui al paragrafo seguente);
5) defluire rapidamente dalle uscite di emergenza per portarsi nel 1uogo sicuro" o nell'eventuale "area esterna di raccolta" a ciascuno assegnata, curando di non ostacolare l'accesso e l'opera dei soccorritori;
6) non allontanarsi, senza autorizzazione degli incaricati, dal luogo sicuro" o dalle "aree di raccolta".

In caso di incendio o emergenza i lavoratori devono anche:
“- staccare gli impianti elettrici del quadro generale;
- chiudere tutte le apparecchiature che utilizzino gas;
- chiudere tutte le valvole di fluidi;
- collaborare per la gestione temporanea delle emergenze;
- telefonare immediatamente ai servizi istituzionali preposti alla gestione dell'emergenza in corso;
- verificare, in caso di immediato abbandono dei locali o delle aree di lavoro, che tutti i colleghi abbandonino la zona;
- verificare che non vengano abbandonate attrezzature ed utensili nei pressi di uscite, scale, porte e portoni, vie di fuga e zone adibite alle evacuazioni d'emergenza;
- utilizzare correttamente i sistemi d'estinzione incendi in dotazione;
- delimitare la zona evitando che curiosi o persone non autorizzate entrino (fino all'arrivo delle forze di polizia);
- aiutare colleghi o persone in difficoltà evitando di mettere in grave pericolo anche la propria vita;
- non prendere iniziative personali se non specificatamente addestrati ed equipaggiati;
- chiudere le finestre rimaste eventualmente aperte;
- prendere il proprio soprabito ed allontanarsi seguendo i cartelli per le vie d'emergenza;
- l'ultima persona presente nella stanza si ricordi di chiudere sempre la porta, per evitare la propagazione delle fiamme;
- se esiste un principio d'incendio nel proprio locale, tentare di spegnerlo utilizzando l'estintore più vicino al proprio ufficio; in caso negativo, abbandonare la zona” (v. Prevenzione incendi e gestione delle emergenze, Pierpaolo Pergolis, inserto in ISL - Igiene e Sicurezza del lavoro n. 8/1997, pag. XIII)
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5. Gli obblighi in materia di gestione delle emergenze e dell'antincendio e la giurisprudenza

Cassazione penale, Sez. IlI - Sentenza n. 33288 del 13 settembre 2005 (u.p. 28 aprile 2005) - Pres. Postiglione - Est. Franco - P.M. (Diff.) Favalli - Rie. Anzaghi

La sentenza è la prima che la Cassazione dedica alla squadra antincendio prevista dal D. Lgs. 19 settembre 1994, n. 626.
Le disposizioni oggetto della decisione sono le tre seguenti:
1) l'art. 4, comma 5, lettera q), D.Lgs. n. 626/1994, ai sensi del quale il datore di lavoro «adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei la- voratori, nonché per il caso di pericolo grave e immediato» e che «tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti»;
2) l'art. 4, comma 5, lettera a), D.Lgs. n. 626/1994 prescrive che il datore di lavoro «designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza».
3) l'art. 12, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 626/1994 stabilisce che «ai fini degli adempimenti di cui all'art. 4, comma 5, lettera q), D.Lgs. n. 626/1994 il datore di lavoro designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all'art. 4, com-ma 5, lettera a)», ossia delle «misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave e immediato». (Per un riferimento all'art. 12 D.Lgs. n. 626/1994 v. Cassazione penale, Sez. IlI - Sentenza n. 36981 del 12 ottobre 2005 (u.p. 24 giugno 2005) - Pres. Savignano - Est. Fiale - P.M. (Conf.) Meloni - Rie. Torchio).

La fattispecie riguarda la condanna dell'amministratore delegato di una S.p.a., avvenuta in primo grado per il reato di cui all'art. 12, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 626/1994, «perché non aveva provveduto a nominare la squadra antincendio».
Il Tribunale ritenne che «il documento che conteneva l'indicazione del gruppo di primo intervento non costituiva adempimento dell'obbligo in questione perché non erano indicati i compiti dei soggetti in esso menzionati nel caso si fosse verificata una delle situazioni di cui all'art. 4, comma 5, lettere a) e q), e quindi si trattava di una nomina meramente formale, anche perché non era provato che ai soggetti nominati fosse stata comunicata la loro appartenenza al detto gruppo».

L'imputato-ricorrente a propria difesa sostiene che «l'art. 89 D.Lgs. n. 626/1994 sanziona come contravvenzione soltanto la violazione dell'art. 12, comma 1, lettera b) (e dell'art. 4, comma 5, soltanto la violazione delle lettere e, f, g, i, m, p), ignorando quindi sia la lettera a), sia la lettera q) dell'art. 4, comma 5, la cui violazione non è quindi in alcun modo sanzionata», e, inoltre, che in forza dell'art. 12, comma 3, «i lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione» e «devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva», norma anche «questa ignorata dall'art. 89 e la cui violazione non è quindi sanzionata penalmente, ciò anche per la genericità delle indicazioni che essa contiene».

La Sez. IlI contesta la fondatezza di tale lagnanza, rilevando, «quanto all'art. 12», che «l'art. 89, comma 1, ne sanziona alla lettera a) la violazione dei commi 1, lettere d) ed e), e 4, ed alla lettera b), ne sanziona la violazione del comma 1, lettere a), b) e e)», «quanto all'art. 4, comma 5, l'art 89, comma 1, ne sanziona alla lettera a) la violazione delle lettere b), d), e), h), l), n) e q), ed alla lettera b), ne sanziona la violazione delle lettere e), f), g), i), m) e p)».
In base a tale argomento, rileva che «mancherebbe solo il richiamo all'art. 4, comma 5, lettera a), ma tale mancanza è del tutto logica e la sua ragione evidente, dal momento che è espressamente sanzionata la violazione dell'art. 12, comma 1, lettera b), il quale appunto non fa altro che ribadire espressamente l'obbligo del datore di lavoro di designare preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all'art. 4, comma 5, lettera a)».

Aggiunge che «in ogni caso, quand'anche l'art. 89 non contenesse esplicitamente il richiamo alle disposizioni citate dall'imputato la circostanza sarebbe irrilevante, cosi come è irrilevante il fatto che l'art. 89 non richiami espressamente l'art. 12, comma 3», in quanto «si tratta di disposizioni che, al pari di altre simili, non fanno altro che specificare alcune caratteristiche - del resto ovvie e che sarebbero quindi ugualmente necessarie anche se non espressamente previste - che deve avere la squadra antincendio che il datore di lavoro ha l'obbligo di nominare preventivamente ai sensi degli artt. 4, comma 5, lettera a), e 12, comma 1, lettera b)».

Prende atto che «all'imputato è stata contestata la violazione di quest'obbligo, ossia di non avere validamente ed effettivamente designato una squadra antincendi» e che, «per adempiere all'obbligo di designazione in questione, non può certamente ritenersi sufficiente una indicazione meramente formale, ma occorra anche, quanto meno, che i lavoratori indicati come componenti di tale squadra abbiano avuto notizia di fame parte, ossia siano stati innanzitutto informati di essere componenti della squadra antincendi e di avere quindi il compito di svolgere determinate attività in caso di pericolo, e che occorra altresì che siano stati individuati e precisati i compiti assegnati ai soggetti nominati e che gli stessi siano adeguatamente preparati all'incarico loro affidato».

Constata anche, altresì, che «nella specie non solo non vi era stata alcuna adeguata formazione e preparazione dei tre soggetti nominati come componenti della squadra antincendi, ma che nemmeno erano stati individuati e precisati i compiti loro assegnati e le attività che essi avrebbero dovuto compiere in caso si fosse verifìcata una situazione di pericolo ed addirittura che i soggetti in questione non erano stati neppure informati di questa nomina sicché essi non erano a conoscenza di far parte della squadra antincendi, con la conseguenza che, in caso di pericolo, non si sarebbe potuto presumere che essi si attivassero per assolvere ai compiti che da tale nomina derivavano», tanto è vero che «il datore di lavoro si era limitato esclusivamente ad inserire nella scheda relativa al gruppo di primo intervento i nomi del direttore tecnico, del capo manutenzione e del magazziniere, senza appunto nemmeno informare i detti soggetti, specificare i loro compiti in caso di pericolo e fornire loro una adeguata preparazione, sicché, se pure di nomina di una squadra antincendi si potesse parlare, si sarebbe comunque trattato di una nomina puramente formale e fittizia, e la semplice predisposizione della scheda non poteva certamente costituire adempimento dell'obbligo in questione».

In questo contesto, la Cassazione chiarisce che «la disposizione di cui all'art. 12, comma 1, lettera e), D.Lgs. n. 626/1994, nel prevedere l'obbligo del datore di lavoro di informare tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare, non ha nulla a che vedere con l'altro obbligo di designare preventivamente una squadra antincendi, obbligo imposto dalla precedente lettera b)».
Spiega che, «mentre l'obbligo di informare i soggetti nominati mèmbri della squadra antincendi della loro nomina non costituisce altro che un ovvio corollario dell'obbligo di preventiva designazione della squadra stessa, dal momento che non avrebbe alcun senso, e quindi non sarebbe tale, una designazione puramente formale che non fosse neppure comunicata ai soggetti designati, i quali quindi nemmeno sappiano di far parte della squadra e del loro obbligo di attivarsi in caso di pericolo».

di Rolando Dubini, avvocato in Milano
Via Armando Diaz 74

 

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Il convegno è stato organizzato da Alfa Ambiente Consulting

 


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