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L’importanza dell’efficacia della formazione alla sicurezza

La formazione è una misura di sicurezza al pari di un dispositivo di protezione e deve essere efficace e efficiente. L’efficacia della formazione, la verifica d’apprendimento, le responsabilità e la norma tecnica UNI 29990.

 
Organizzato dalla sede regionale pugliese e dalla sede provinciale di Bari dell' AIAS, dall’Associazione professionale Italiana Ambiente e Sicurezza, con la collaborazione organizzativa e tecnica di Porreca.it e del Centro Studi Isforp di Bari, il convegno ha fornito informazioni sulle modalità di gestione della formazione obbligatoria alla luce del Testo Unico, degli accordi Stato-Regioni e delle recenti linee interpretative.
 
Il primo intervento su cui ci soffermiamo, con riferimento sia alla presentazione in slide che alla relazione vera e propria, è a cura dell’Ing. Mario Alvino, vicepresidente di AIAS.
 
L’intervento, dal titolo “Necessità della formazione efficace delle figure professionali nel campo della sicurezza negli ambienti di lavoro”, parte da una premessa.
 

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Sono due i motivi che esigono che una formazione alla sicurezza sia nei fatti, in maniera dimostrabile “efficace”:
- “la formazione è una ‘misura di sicurezza’, essa infatti, al pari di un dispositivo di protezione, svolge una funzione essenziale per il controllo dei rischi lavorativi;
- la formazione comporta “precise (e pesanti) responsabilità in chi con essa è coinvolto (sempre di più poste in evidenza in tempi recenti)”: datore di lavoro, SPP e soggetto formatore.
 
Se guardiamo alla formazione come misura di sicurezza, la normativa ci chiede - a fronte di rischi lavorativi - “l’adozione di misure di sicurezza che eliminino o riducano, nei limiti del tecnicamente fattibile, la loro entità o quella delle conseguenze del loro verificarsi”. In questo senso la formazione alla sicurezza “è l’unica misura che può essere validamente opposta alle situazioni di rischio residuo”: è dalla formazione che può derivare da parte del lavoratore il comportamento idoneo a “tenere sotto controllo un rischio quando tutte le altre misure poste in atto non siano state in grado di eliminarlo”. Ad esempio, ricorda il relatore, in una situazione in cui nonostante le precauzioni tecniche persista un livello di rumore che richiede l’uso di DPI auricolari, la misura di sicurezza non è rappresentata dal DPI, bensì dal fatto che il DPI sia effettivamente portato dai lavoratori esposti. E “questo dipende dal loro corretto comportamento che a sua volta è il frutto della corretta formazione”.
 
E tale misura di sicurezza deve essere:
-efficace: “in grado di ottenere il comportamento desiderato - e ciò dipenderà dalla capacità di chi la eroga”;
-efficiente: “cioè mantenuta sotto osservazione ed aggiornata in modo da adeguarsi continuamente alla domanda di auto-protezione del lavoratore derivante dal possibile evolvere delle situazioni correnti di rischio residuo cui viene a trovarsi esposto – e questo è compito del SPP”.
E l’ efficacia della formazione è un elemento che acquista sempre più importanza - anche per l’organo di vigilanza o il magistrato – proprio in relazione al fatto che “il comportamento del lavoratore è normalmente riconosciuto essere tra le componenti più frequenti (e spesso determinanti) degli eventi infortunistici”.
 
Oltre a ricordare gli accordi Stato-Regione sulla formazione, l’intervento si sofferma su un documento importante, ma non ancora sufficientemente conosciuto: la norma UNI 29990 “Qualità nella formazione non formale” entrata in vigore nell’aprile 2011.
Questa norma è “applicabile alla formazione professionale, all’addestramento dei lavoratori ed alle attività per lo sviluppo del capitale umano”: si considera formazione non formale “quella non riconducibile direttamente al settore dell’istruzione o al settore dell’educazione (in senso lato) e che viene attestata da certificati a valore legale”.
La norma si articola in due parti:
- “la prima prende in esame i requisiti che devono essere rispettati perché un processo formativo possa essere considerato completo ed adeguato, dalla sua progettazione alla verifica finale dell’apprendimento;
- la seconda individua e precisa i requisiti organizzativi e gestionali derivati dalle correnti pratiche internazionali”.
 
Riguardo all’efficacia della formazione il relatore riporta alcune considerazioni.
Se “mancano ad oggi criteri di valutazione ben individuati ed uniformi, tuttavia taluni indicatori obiettivi per tale valutazione sono comunque disponibili”.
Uno - riconosciuto dallo stesso legislatore – è la “verifica (intermedia e finale) dell’apprendimento” richiamata in più occasioni nei testi che regolamentano l’erogazione e svolgimento delle attività formative.
Questo è un elemento “che non può mancare al termine di un percorso formativo che, prima ancora che efficace, voglia almeno essere allineato con i requisiti di base di una formazione che – ancorché non necessariamente allineata con la UNI 29990 – possa effettivamente essere considerata tale, cioè una azione in grado di conseguire o addirittura di cambiare un determinato comportamento”. E specialmente ciò deve valere “in tutti i casi in cui dal comportamento tenuto possono derivare conseguenze di estrema gravità (pensiamo alle manovre di emergenza in caso di guasti in situazioni – nucleari, ad es. – ad alto rischio) e comunque tanto più nel caso della sicurezza sul lavoro”.
Il problema è che non sempre è specificato come debba essere fatta una verifica finale. “Spesso sono disponibili delle indicazioni: ad es. viene richiesta la compilazione di un questionario oppure il superamento di una prova pratica”.
 
Il relatore continua indicando che “l’individuazione di modalità di verifica che siano affidabili e pertinenti alle situazioni oggetto della formazione è compito della vera e propria scienza della formazione e ad essa occorrerebbe sempre fare riferimento”. “In taluni casi soccorrono le norme, come appena visto, o si può ricorrere a precisi protocolli di buona prassi, normalmente utilizzati in particolari settori di attività (l’uso di determinate attrezzature di lavoro, ad es.)”.
 
E nel caso di una formazione non efficace, non è una esimente per il datore di lavoro “l’aver fatto ricorso ad un soggetto formatore ‘qualificato’ ovvero in possesso dei requisiti previsti dai documenti regolamentari applicabili alle singole fattispecie”. Ne consegue dunque “la necessità di selezionare attentamente il soggetto formatore per evitare di trovarsi a rispondere, per una scelta infelice e non accurata, della violazione dell’art. 37” del Testo Unico relativo alla formazione.
E una lettura accurata dell’articolo (il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore …) mostra come “la formazione dei lavoratori non può essere vista come una azione destinata ad una popolazione, ancorché apparentemente omogenea, di soggetti altrimenti indifferenziati”. La formazione, per essere efficace, “deve corrispondere ad una azione mirata ai bisogni del singolo”. E dunque “il datore di lavoro deve esigere dal soggetto incaricato per la formazione il conseguimento di questo obiettivo”.
 
Una rassegna delle responsabilità degli altri soggetti coinvolti:
- “un altro soggetto che ha responsabilità precise - di carattere professionale, poiché non vi sono sanzioni al riguardo nel T.U. - riguardo alla progettazione ed effettuazione di una formazione efficace, è il RSPP, al quale è richiesto di proporre i programmi di formazione. Quindi una attenta ricerca e valutazione dei bisogni di formazione va comunque effettuata (eventualmente con lo specialista della formazione) e documentata nel DVR”;
- anche il formatore non può sottrarsi ad una precisa responsabilità, “specialmente quando rientri tra le categorie individuate per tale funzione dai pertinenti documenti regolamentari”. La responsabilità sarà di tipo professionale, “in caso di contestazione o dimostrata inefficacia della formazione, ma potrà avere anche risvolti di tipo contrattuale laddove il datore di lavoro suo committente ritenga di volersi rivalere per il danno conseguente”.
 
Il relatore conclude con alcune affermazioni dell’Inail circa “lo stato della qualità della formazione sulla sicurezza nel sistema prevenzionale italiano:
- la formazione spesso è vista non come ‘processo educativo’ ma come mero obbligo formale;
- l’analisi dei bisogni formativi e del contesto organizzativo (processo di diagnosi) spesso manca e/o risulta inadeguata;
- gli approcci progettuali e metodologici denotano scarsa inadeguatezza;
- le verifiche dell’efficacia formativa (ex ante, in itinere, ex post) sono assenti e/o inadeguate;
- un sistema di monitoraggio della qualità formativa basata su standard qualitativi definiti e misurabili sulla base di parametri ed indicatori in genere manca o risulta inadeguato;
- risulta una eccessiva presenza di soggetti non qualificati”.
 
 
 
 
 
 
 
 
Tiziano Menduto


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Rispondi Autore: Gianluca Gorlani - likes: 0
22/10/2012 (12:16:31)
Con l'accento sempre posto, dal Legislatore, sull'adempimento di un obbligo di legge, è purtroppo "scontato" che la formazione in materia di Sicurezza e Salute sul Lavoro non sia vista come ‘processo educativo’. Le Aziende stesse talvolta ritengono la formazione un extra rispetto all'utilizzo della "risorsa lavoro"
Rispondi Autore: CHIOLO PATRIZIA - likes: 0
18/02/2022 (08:32:25)
La formazione è una misura di sicurezza che svolge una funzione essenziale per il controllo dei rischi lavorativi.

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