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Infortuni "mascherati"
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Ha trovato posto nella prima pagina dei principali quotidiani la notizia del manovale “in nero” infortunatosi in un cantiere in provincia di Perugia e abbandonato in un campo dall’impresario che lo credeva morto.
Sulla gravità dell’omissione di soccorso molto ci sarebbe da dire, ma vogliamo soffermarci su un altro importante aspetto relativo alla sicurezza nei luoghi di lavoro.
L’episodio gravissimo avvenuto a Perugia, a livello nazionale, si aggiunge alla lunga serie degli infortuni sul lavoro “occultati” perché occorsi a lavoratori irregolari. Tagli, ferite e, soprattutto nel comparto edile, cadute dall’alto che vengono dichiarati, qualora per gravità si debba ricorrere a cure mediche, come incidenti domestici o, nel caso ciò non sia sostenibile, come avvenuti…nel primo giorno di lavoro.
Il fenomeno del lavoro sommerso rende difficile e imprecisa, quindi, la valutazione dell’andamento infortunistico; i dati risultano sempre sottostimati.
I lavoratori “in nero”, oltre a non avere alcuna tutela dal punto di vista assicurativo, lavorano spesso in condizioni di scarsa sicurezza e, quindi, sono più esposti agli infortuni.
Alcune considerazioni merita infine l’analisi dell’andamento infortunistico nel settore costruzioni.
Esso costituisce l’8-9% dell’attività lavorativa nazionale, ma rappresenta una quota percentuale di infortuni sul lavoro pressoché doppia, intorno al 15%. La quota percentuale di casi mortali è addirittura prossima al 25% del totale nazionale per tutte le attività. Il settore delle costruzioni risulta essere, quindi, ad elevato rischio.
Considerando l’articolazione del rischio per dimensione d’impresa (indici di frequenza per dimensione e tipologia d’azienda), nel rapporto annuale Inail del 2003 si osserva che il rischio è apparentemente poco elevato tra i lavoratori autonomi del settore. “In realtà non si tratta di un più contenuto livello di rischio, ma dell’uso, evidente, di non denunciare all’INAIL una quota consistente degli infortuni di minore gravità da cui essi stessi rimangono colpiti.
Nel caso dei lavoratori dipendenti si può constatare che il rischio delle imprese più piccole è assai più elevato che non quello al quale sono esposti coloro che operano in imprese di grande dimensione.“
Ha trovato posto nella prima pagina dei principali quotidiani la notizia del manovale “in nero” infortunatosi in un cantiere in provincia di Perugia e abbandonato in un campo dall’impresario che lo credeva morto.
Sulla gravità dell’omissione di soccorso molto ci sarebbe da dire, ma vogliamo soffermarci su un altro importante aspetto relativo alla sicurezza nei luoghi di lavoro.
L’episodio gravissimo avvenuto a Perugia, a livello nazionale, si aggiunge alla lunga serie degli infortuni sul lavoro “occultati” perché occorsi a lavoratori irregolari. Tagli, ferite e, soprattutto nel comparto edile, cadute dall’alto che vengono dichiarati, qualora per gravità si debba ricorrere a cure mediche, come incidenti domestici o, nel caso ciò non sia sostenibile, come avvenuti…nel primo giorno di lavoro.
Il fenomeno del lavoro sommerso rende difficile e imprecisa, quindi, la valutazione dell’andamento infortunistico; i dati risultano sempre sottostimati.
I lavoratori “in nero”, oltre a non avere alcuna tutela dal punto di vista assicurativo, lavorano spesso in condizioni di scarsa sicurezza e, quindi, sono più esposti agli infortuni.
Alcune considerazioni merita infine l’analisi dell’andamento infortunistico nel settore costruzioni.
Esso costituisce l’8-9% dell’attività lavorativa nazionale, ma rappresenta una quota percentuale di infortuni sul lavoro pressoché doppia, intorno al 15%. La quota percentuale di casi mortali è addirittura prossima al 25% del totale nazionale per tutte le attività. Il settore delle costruzioni risulta essere, quindi, ad elevato rischio.
Considerando l’articolazione del rischio per dimensione d’impresa (indici di frequenza per dimensione e tipologia d’azienda), nel rapporto annuale Inail del 2003 si osserva che il rischio è apparentemente poco elevato tra i lavoratori autonomi del settore. “In realtà non si tratta di un più contenuto livello di rischio, ma dell’uso, evidente, di non denunciare all’INAIL una quota consistente degli infortuni di minore gravità da cui essi stessi rimangono colpiti.
Nel caso dei lavoratori dipendenti si può constatare che il rischio delle imprese più piccole è assai più elevato che non quello al quale sono esposti coloro che operano in imprese di grande dimensione.“
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