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Edilizia: la sicurezza nasce e si evolve insieme al progetto
Roma, 7 Gen – Nel comparto delle costruzioni si pensa spesso alla sicurezza come un addendo, come a qualcosa che venga aggiunto al progetto. Ma non è così: questo è il modo più sbagliato per affrontare il problema. La sicurezza nasce insieme al progetto, ne fa parte e si evolve insieme al progetto.
Queste sono alcune riflessioni presenti nella relazione “I costi della sicurezza come conseguenza delle scelte progettuali e del PSC”, relazione che l’Ing. Antonio Di Muro, componente del comitato scientifico del CTP romano, ha presentato al seminario “ I costi della sicurezza. Aggiornamento 2012. Normativa e applicazione”.
Ricordiamo che il seminario si è tenuto a Roma il 23 marzo 2012 ed è stato organizzato dal Comitato Paritetico Territoriale di Roma e Provincia (CTP).
La relazione sottolinea più volte l’importanza che ha la progettazione nell’esecuzione del piano di sicurezza. E se la sicurezza nasce insieme al progetto, “bisogna dare atto al legislatore che ha tenuto conto di questo aspetto nell’evoluzione normativa”. Aspetto fondamentale per una corretta individuazione dei costi della sicurezza.
Infatti i costi della sicurezza “non sono un numero magico, ma discendono dalle scelte fatte all’interno del PSC, dalle scelte progettuali e di sicurezza, quindi sono il costo delle misure che il datore di lavoro dovrà attuare per eliminare il rischio di infortuni o ridurlo a livello accettabile”.
Perché la sicurezza nasca insieme al progetto è necessario che le diverse figure coinvolte, come il progettista e il Coordinatore in materia di Sicurezza e salute durante la Progettazione dell’opera (CSP) lavorino assieme.
L’enunciato dell’articolo 90 (Obblighi del committente o del responsabile dei lavori), comma 3, del Decreto legislativo 81/2008 “ribadisce questo concetto, dice che nei cantieri dove è prevista la presenza anche non contemporanea di due o più imprese, il committente designa contestualmente l’incarico di progettazione”. Insomma tutto il lavoro “va fatto a quattro mani, ciascuno per la parte di propria competenza; soltanto così il prodotto finale risulterà di qualità e veramente attuativo delle misure di sicurezza”: è “l’integrazione fra la sicurezza e la produzione”.
Dunque il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) non deve essere “una raccolta di norme o di prescrizioni generiche, ma un reale strumento di programmazione della sicurezza”, deve andare “oltre la logica dell’adempimento formale che molto spesso caratterizza questi documenti”.
La relazione si sofferma poi sugli elementi qualificanti all’interno del decreto 81/2008, con particolare riferimento all’allegato XV e ai contenuti minimi dei PSC.
Tali elementi qualificanti sono: “l’area e l’organizzazione del cantiere, le lavorazioni, le interferenze tra lavorazioni e il loro coordinamento oltre, naturalmente, alla stima dei costi, che deve essere congrua ed analitica”. Tali elementi vanno attentamente considerati per arrivare a tale stima.
Ad esempio pensare all’area ed all’organizzazione del cantiere è qualcosa “che non apparteneva alla cultura del progettista, e benché meno a quello della sicurezza, ma è un elemento fondamentale per i rischi che è in grado di produrre, sia per i costi che genera”. In particolare “i costi degli apprestamenti igienico assistenziali sono un po’ lo zoccolo duro dei costi della sicurezza”.
I contenuti dell’allegato XV sono sufficienti a definire un progetto di sicurezza?
Per rispondere il relatore si sofferma su quanto contenuto nell’allegato.
Il PSC è “corredato da tavole esplicative del progetto relative agli aspetti della sicurezza con almeno una planimetria, e ove la particolarità dell’opera lo richieda, un profilo altimetrico ed una breve descrizione delle caratteristiche idrogeologiche, se già non contenute all’interno di una relazione specialistica”.
Ma se progettiamo un’opera, a esempio un impianto di fognatura lungo 24 km, “è sufficiente una planimetria? Basta attenermi esclusivamente ai contenuti minimi? O occorre andare oltre i contenuti minimi? Bisogna andare sempre oltre i contenuti minimi, la ratio della norma è proprio questa; la legge è il minimo inderogabile, non il massimo che bisogna fare e in questo lavoro si deve sempre fare il massimo, e qualche volta purtroppo non basta”.
Come dovrebbero essere evidenziati i costi della sicurezza all’interno del piano di sicurezza e coordinamento? “Intanto analiticamente, come nella legge, in forma di computo metrico estimativo: a tale riguardo c’è stato un periodo di prima attuazione della norma con un po’ di polemica sui costi che venivano calcolati a percentuale. Non c’era bisogno che il legislatore lo vietasse espressamente, ma il costo a percentuale non esprime assolutamente nulla, perché in quella percentuale non so quanti baraccamenti e quanti metri quadrati possiede lo scavo, né quante recinzioni; quindi, è uno strumento che non dà garanzie a nessuno, né alla stazione appaltante né all’appaltatore”.
Il relatore prende poi in esame una scheda di metodologia tradizionale: ‘armatura delle pareti di scavo, realizzazione di un’opera di puntellamento dello scavo da eseguire quando lo stesso supera determinate profondità nei casi in cui il terreno non offra adeguate garanzie di stabilità o quando la parete dello scavo o i suoi cigli presentano dei segni di cedimento’. Ma questa “è un’indicazione di sicurezza? Serve a qualcosa, a una possibile utilizzazione? Con questa scheda si possono individuare dei costi della sicurezza? Assolutamente no”.
Nella relazione – che vi invitiamo a visionare integralmente - viene presentata una metodologia innovativa. Una metodologia che “reca una descrizione molto dettagliata dell’intervento” e ha una buona rappresentazione grafica perché “da questa si possono ricavare tantissime indicazioni, la descrizione puntuale dell’interventi e delle misure di sicurezza da adottare, la evidenziazione dei costi della sicurezza”.
Un altro caso trattato, nel confronto tra una scheda tipo e una metodologia innovativa, è relativo all’allestimento dei servizi igienico assistenziali. La scheda tipo “non riporta nessun riferimento al dimensionamento dei servizi igienico assistenziali, e conseguentemente nessun elemento di costo per la valutazione della sicurezza. Quanto devono essere grandi questi baraccamenti, per quanti lavoratori, per quanto tempo”?
Occorre in realtà “calarsi in un’ottica realizzativa, pensare al piano, alla sua realizzazione proprio come ragionerebbe l’esecutore, solo che in questo caso riusciamo a vedere tutto, e il piano di sicurezza, il coordinamento diventa un setaccio a maglie molto strette della qualità del progetto”.
E le interferenze lavorative ambientali come vanno trattate nel PSC? Anche in questo caso il relatore presenta un approccio innovativo. Si sono considerate le tipologie dell’interferenza, il codice delle prescrizioni e le prescrizioni di sicurezza. “All’interno delle prescrizioni di sicurezza siamo andati ad indicare quelle che costituiscono voci di costo della sicurezza; per esempio qui c’era un caso di parallelismo della condotta fognaria al tracciato e allora abbiamo messo degli avvisatori di piena, che sono costo della sicurezza; o ancora c’era un muretto da puntellare, e anche questo riguardava i costi della sicurezza, che abbiamo allo stesso modo evidenziato, riportato e poi computato”.
Per concludere sottolineiamo ancora l’importanza che il piano di sicurezza sia “frutto della sinergia fra progettista e coordinatore della sicurezza; se manca questo partiamo col piede sbagliato; se il progettista fa tutte le scelte senza ascoltare il coordinatore o viceversa, probabilmente il progetto è già compromesso e non si può ricondurre ad accettabili livelli di sicurezza”.
“ I costi della sicurezza come conseguenza delle scelte progettuali e del PSC”, a cura dell’Ing. Antonio Di Muro, intervento al seminario “I costi della sicurezza. Aggiornamento 2012. Normativa e applicazione” (formato PDF, 181 kB).
Tiziano Menduto
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