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Condannato un coordinatore per un PSC incompleto

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Edilizia

21/07/2008

Cassazione: il PSC deve essere adeguato alle peculiari caratteristiche del cantiere a cui fa riferimento, non deve indicare tutti i rischi che possono verificarsi nei cantieri e deve contenere la stima dei costi della sicurezza. A cura di G. Porreca.

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Commento a cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).
 
Anche la Corte di Cassazione entra nel merito del contenuto del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC)  che deve essere specifico ed adeguato alle caratteristiche del cantiere temporaneo o mobile a cui fa riferimento e non deve costituire una sorta di vastissima enciclopedia di tutti o quasi i rischi che si possono riscontrare nei cantieri stessi. Esso deve contenere, inoltre, la stima dei costi della sicurezza necessari per la prevenzione degli infortuni e per la tutela della salute dei lavoratori da computare preventivamente e da non assoggettare a ribasso d’asta.
 
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Quanto sopra è quello che emerge dalla lettura di questa sentenza della Sez. III  penale della Corte di Cassazione che si è occupato della condanna inflitta dal Tribunale  ad un coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione per aver omesso di redigere un dettagliato piano di sicurezza e di coordinamento in conformità a quanto prescritto dall’articolo 12, comma 1 del D. Lgs. n. 494/1996 e di predisporre, tenendo conto delle norme di buona tecnica e dell'allegato II al documento UE 26/5/1993, un fascicolo con l'indicazione delle misure specifiche per la prevenzione e protezione dei lavoratori dai rischi entrambi previsti dall'articolo 4, comma 1, lettera a) e b) del D. Lgs. n. 494/1996.
 
In particolare al coordinatore è stato contestato che nel PSC non era stata formulata la previsione dei rischi connessi alla complessità dei lavoro e non erano indicate le misure per la prevenzione dei rischi connessi alla presenza di più imprese nel cantiere  e che inoltre la stima dei costi della prevenzione, parte rilevante del piano medesimo, era stata redatta solo dopo la visita in cantiere dei funzionari della ASL e quindi artatamente retrodatata.
 
L’imputato proponeva ricorso per Cassazione negando che nel contratto di appalto fosse prevista la presenza di più imprese precisando che la ditta specializzata in impianti idraulici era intervenuta in corso d'opera su richiesta dell'appaltatore per cui la responsabilità a lui da addebitare doveva valutarsi con riguardo al momento della progettazione e della stipula del contratto di appalto. Lo stesso negava inoltre che il piano della sicurezza fosse generico ed astratto e che la stima dei costi fosse stata aggiunta solo dopo l'intervento dei funzionari della ASL. In merito alla redazione del fascicolo poi il ricorrente, pur non negando di avere omesso di redigerlo, sosteneva che le informazioni nello stesso richieste erano già contenute nelle "appendici" del piano per la sicurezza.
 
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso ritenendolo infondato ed ha confermato la condanna dell’imputato addebitando allo stesso il pagamento delle spese processuali. La stessa ha avuto modo di precisare che in forza delle disposizioni di cui all’articolo 12 comma 1 del D. Lgs. n. 494 del 1996 “il piano deve tra l'altro contenere: a) la stima dei costi relativi alla sicurezza dei lavoratori; b) l'indicazione delle misure di prevenzione dei rischi connessi alla presenza in cantiere, simultanea o successiva, di più imprese; c) una relazione tecnica con la indicazione delle prescrizioni correlate alla complessità dell'opera ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione”. Nella circostanza, invece, prosegue la Corte, “l'imputato ha completamente eluso di corredare il piano di sicurezza delle indicazioni prescritte o per meglio dire ha proceduto, secondo l'espressione dell'impugnata sentenza, al mero assemblamento informatico di astratte previsioni legislative con nessuna aderenza ai lavori svolti in concreto e quindi di nessuna utilità in materia di prevenzione infortuni" aggiungendo ulteriormente che “la relazione tecnica de qua è solo un sofisticato stratagemma utile ad adempiere in modo burocratico e formale agli obblighi di legge però eludendoli in sostanza del tutto".
 
Precisa, inoltre la Sez. III che era prevista in cantiere la presenza di più imprese considerata la tipologia dei lavori da eseguire (restauro di civile abitazione) tali da comportare la necessità che alla impresa edile per forza si affiancasse, come poi è effettivamente avvenuto, almeno una impresa specializzata nella esecuzione di impianti idraulici. Anzi è proprio in virtù di tale previsione che l’imputato era stato nominato coordinatore ed in tale veste aveva omesso indicare le misure volte a prevenire i rischi connessi alla presenza nel cantiere di più imprese e di predisporre il fascicolo contenente le informazioni utili per la prevenzione e la protezione dei rischi cui sono esposti i lavoratori. Il fascicolo, prosegue la Sez. III, è documento distinto e separato dal piano di sicurezza e coordinamento come è bene evidenziato dalla circostanza che il contenuto del primo trova la sua specifica disciplina nel Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 4 lettera b) mentre il secondo è distintamente disciplinato nel successivo articolo 12.
 
In merito al contenuto del PSC fa osservare, inoltre, la Corte di Cassazione che le informazioni fornite dall’imputato con lo stesso “si risolvono in realtà nella elencazione di 21 rischi generici e di 287 prescrizioni di prevenzione che coprono pressoché tutto l'ambito dei lavori edili” per cui viene escluso che “le informazioni medesime abbiano nella specie assolto alla importante funzione che la legge assegna loro”. Inoltre, prosegue la Sez. III “in esso mancava la stima dei costi (non soggetti al ribasso nelle offerte delle imprese esecutrici) necessari per la prevenzione degli infortuni e per la tutela della salute dei lavoratori” a parte il fatto che lo stesso è risultato essere stato redatto successivamente all’ispezione della ASL in cantiere sulla quale circostanza l’imputato non era stato in grado di fornire delle spiegazioni.
 
Conclude, infine, la suprema Corte che “la relazione tecnica (il PSC) che avrebbe dovuto avere un contenuto specifico, adeguato alle particolari caratteristiche del cantiere che si andava ad aprire, era in realtà una sorta di vastissima enciclopedia di tutti o quasi i rischi che possono verificarsi in un qualsiasi cantiere edile, finendo con l'essere in sostanza del tutto inidonea a fronteggiare i rischi che nello specifico potevano presentarsi”.
 
 

 

 



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