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La transizione verso l'economia circolare nel tessile e le prospettive post Covid 19

La transizione verso l'economia circolare nel tessile e le prospettive post Covid 19
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Economia circolare

23/04/2021

Vi è una forte esigenza di realizzare nuovi modelli di business in grado di fare ripartire l’economia, dopo la Pandemia, rendendola più circolare e resiliente come richiede la transizione ecologica.

Perché parlare di tessile ed economia circolare è così tanto d'attualità? Varie le ragioni, tra queste la necessità di mettere in atto nuovi modelli di business in grado di fare ripartire l’economia dopo la Pandemia, rendendola più circolare e resiliente. Il settore tessile moda stava già prima del Covid 19 facendo degli sforzi in questa direzione ma molto e di più potrebbe essere fatto.
 
La pubblicazione della Fondazione Ellen MacArthur "The circular economy: a transformative Covid-19 recovery strategy" cerca di fornire una panoramica sull'argomento, mettendo in evidenza alcuni dei principali fattori in grado di attivare un modello di economia circolare in questo comparto industriale, che sappiamo essere  molto impattante sull'ambiente.
 

Secondo il report richiamato, tre sono i volani dell'ecomia circolare in quest'ambito:

  • il potenziamento degli impianti di raccolta, smistamento e riciclaggio, in grado di renderci meno dipendenti dai mercati esteri, che ad oggi, purtroppo, sono ancora i principali destinatari dei nostri rifiuti tessili
  • gli investimenti in ricerca per arrivare a riciclare le fibre sintetiche e in strumentazione tecnologica in grado di rendere più efficace la selezione delle fibre ai fini del riciclo
  • un design che pensa ad abiti fatti per essere rifatti.
 

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Nel settore tessile si parla molto di sostituire i materiali vergini con le fibre riciclate, ma questo richiede investimenti negli impianti di raccolta, selezione e riciclaggio dei rifiuti tessili.

Al momento purtroppo, a livello internazionale, siamo ancora indietro, infatti, del totale delle fibre utilizzate per l'abbigliamento, ad oggi si stima che

  • l'87% finisca in discarica o incenerito, il che equivale a bruciare un camion della spazzatura pieno di prodotti tessili ogni secondo,
  • il 13% dei tessuti venga riciclato, per lo più si tratta di riciclo in usi di valore inferiore che spesso sono estremamente difficili da rimettere in circolo, si tratta, per lo più, della produzione di pezzame a uso industriale utilizzato per la pulizia e la manutenzione (stracci e strofinacci assorbenti e di lavaggio) in ambito metalmeccanico, tipografico e per la protezione di pavimenti,
  • solo l'1% è riciclato, trasformandosi in nuovi abiti.

 

In Italia, stando alle indicazioni contenute nell'ultimo rapporto “ L’Italia del riciclo 2020”, dopo la raccolta differenziata e un eventuale deposito temporaneo, i rifiuti tessili vengono inviati presso gli impianti di trattamento dove vengono realizzate lavorazioni di selezione finalizzate a:

  • riutilizzo (stimato in circa il 68%), indumenti, scarpe ed accessori di abbigliamento utilizzabili finiscono direttamente in nuovi cicli di consumo
  • riciclo (stimato in circa il 29%), volto ad ottenere pezzame industriale o materie prime seconde per l’industria tessile, imbottiture, materiali fonoassorbenti
  • smaltimento (stimato in circa il 3%).

 

La pandemia ha esacerbato una serie di problemi, il calo delle vendite e la conseguente cancellazione di ordini di capi di abbigliamento, già prodotti, ha fatto sì che venissero stoccate nei magazzini grandi quantità di capi di abbigliamento. Se queste scorte non verranno riutilizzate o salvate per le prossime stagioni, la quantità totale di rifiuti tessili, nel prossimo futuro, aumenterà, poiché le imprese possono decidere di distruggere i loro prodotti per evitare di inondare il mercato. Se invece che finire all'incenerimento o in discarica, questi materiali fossero raccolti e rimessi in circolo, si salverebbe, a livello globale, una cifra corrispondente a più di 100 miliardi di dollari l’anno.

 

Fare economia circolare nel settore tessile può determinare vantaggi di varia natura, soprattutto economici e ambientali. Per quanto riguarda i primi, questi si riassumono in:

  • creazione di nuovi posti di lavoro nelle strutture di raccolta, selezione e riciclaggio
  • riduzione dei costi di gestione e smaltimento dei rifiuti tessili; nella sola città di New York, più di 20 milioni di dollari ogni anno vengono spesi per portare in discarica e all'incenerimento i prodotti tessili - la maggior parte dei quali sono vestiti - e nel Regno Unito il costo stimato per la messa in discarica di vestiti e prodotti tessili domestici è di circa 82 milioni di sterline, l'anno
  • maggiore disponibilità di tessuti riciclati e abbassamento dei costi dei materiali per la produzione di abbigliamento.

 

Per quanto attiene, invece, ai vantaggi ambientali, l'aumento della raccolta, dello smistamento e del riciclaggio dei vestiti può comportare:

  • un minore utilizzo di risorse non rinnovabili necessarie per la produzione di materiali vergini
  • una riduzione dell'inquinamento prodotto dal comparto tessile in fase di produzione e consegna.

 

Riciclare di più i nostri capi di abbigliamento può aiutare a ridurre la pressione sulle risorse naturali dovuta alla coltivazione/produzione di materie prime vergini utilizzate dal settore tessile moda.

 

Pensiamo alle emissioni di gas serra generati dalla produzione di abbigliamento, che potrebbero essere ridotte applicando i modelli di business propri dell’economia circolare. Re-indirizzare i materiali tessili alla fine della loro prima vita, senza destinarli alla discarica, comporterebbe anche un miglioramento delle acque superficiali e sotterranee, spesso contaminate a causa dei coloranti e delle sostanze chimiche lisciviate derivanti dalle diverse lavorazioni sui tessuti.

 

Al tempo stesso, un maggiore riciclo dei vestiti potrebbe mitigare il rischio futuro di emergenze climatiche.

 

Sempre secondo il rapporto della Fondazione Ellen MacArthur, se vogliamo veramente intraprendere la strada dell’economia circolare nel tessile, è necessario adottare una serie di misure sia fiscali che normative in grado di aiutare questa transizione.

 

In alcuni paesi, alcune imprese già ricevono "benefici fiscali" qualora si impegnino in programmi di raccolta e riciclaggio, un esempio è la società Knickey, una startup americana di biancheria intima in cotone biologico, che riceve un credito d'imposta perché destina la biancheria intima, che raccoglie dai propri clienti, ad un’associazione no-profit impegnata nel riciclaggio di questi tessuti.

 

Altrettanto importante è l’adozione da parte degli Stati di una normativa più severa in materia di gestione dei rifiuti tessili, che renda la raccolta differenziata, la selezione e il riciclaggio obbligatori. Per esempio, in base alla nuova direttiva quadro sui rifiuti nell'UE, tutti gli stati membri saranno tenuti a raccogliere in modo differenziato questa tipologia di rifiuti entro il 2025.

 

Il nostro Paese ha recepito le disposizioni della Direttiva 851/2018, con D.Lgs. n. 116 del 3 settembre 2020, anticipando il termine previsto nella direttiva e prevedendo che al il 1° gennaio 2022 debba essere istituito un sistema di raccolta differenziata della frazione tessile dei rifiuti urbani. In Italia, Utilitalia ha presentato le “Linee guida per l’affidamento del servizio di gestione degli indumenti usati”, ovvero un documento che fornisce agli attori del settore, in primis le aziende di igiene urbana, gli strumenti utili per organizzare il servizio di gestione della filiera tessile, assicurando la massima tracciabilità, trasparenza e legalità.

 

Sempre a proposito del nostro Paese, sarà anche necessaria una specifica normativa in materia di End of Waste dei rifiuti tessili, e di costituzione di sistemi di responsabilità estesa del produttore, tesi a responsabilizzare i produttori riguardo alla durata e alla riciclabilità dei prodotti tessili immessi sul mercato

 

A livello europeo, ma anche nazionale, con l’introduzione della raccolta differenziata della frazione tessile, si determinerà un aumento dei volumi di raccolta e la necessità di sviluppare ulteriori servizi di raccolta, rendendo l'intera filiera produttiva del tessile più organizzata, oltre resiliente e sostenibile.

 

L'Unione Europea è consapevole che nei prossimi anni si assisterà ad una sorta di rivoluzione, tanto che agli inizi dello gennaio scorso, la Commissione Europea ha pubblicato la Roadmap per la definizione della strategia europea per i prodotti tessili in Europa.

 

Molta importanza nella transizione verso l'economia circolare giocherà anche il design, che dovrà  garantire che i vestiti siano riciclabili, l’idea da cui si deve partire è che gli indumenti siano fatti per essere rifatti. Per andare in questa direzione è necessario pensare al capo d’abbigliamento tenendo in considerazione:

  • la durata dei materiali, gli articoli e i materiali devono essere pensati per essere usati di più e poi sottoposti a riciclaggio
  • il modo di costruire l'indumento, la separazione di materiali e componenti dovrà essere facile le lavorazioni a cui viene sottoposto il capo (ad esempio la tintura) devono tutelare il valore e le caratteristiche dell’indumento, garantendo la sua riciclabilità alla fine del suo ciclo di vita.

Per ottenere questi benefici, sono necessari investimenti

  • nelle infrastrutture di raccolta, selezione e riciclaggio, in moda da creare una rete di rivalorizzazione dei rifiuti tessili interconnessa che possa operare su ampia scala, superando il modello attuale basato su strutture spesso caratterizzate dalla frammentazione, non sempre efficaci nel raccogliere, selezionare e riciclare i prodotti tessili
  • in ricerca, ad oggi la maggiore parte dell’ abbigliamento è realizzato con fibre sintetiche, al momento scarsamente interessanti per il mercato del riciclo, bisognerà quindi trovare tecnologie efficaci in grado di recuperare il filato e produrre le materie prime secondarie.

L'infrastruttura tecnologica nel riciclo è fondamentale, specialmente per migliorare lo smistamento e il riciclaggio degli indumenti. Le tecnologie di smistamento ottico automatizzato (come la spettroscopia a infrarossi e le innovazioni tecniche che permettono la tracciabilità dei materiali e la codifica delle informazioni sui prodotti (come le etichette di identificazione a radio frequenza (RFID), potrebbero aumentare sostanzialmente la velocità e la precisione con cui gli articoli vengono smistati.

 

Si dovrà poi anche affrontare il tema dell’esportazione dei rifiuti tessili verso paesi come l'Africa, l'India e l'Est Europa, molti paesi occidentali trasferiscono all’estero il problema della gestione dei rifiuti tessili, delocalizzandolo e creando spesso inquinamento ed altri problemi nelle aree di destinazione di questi materiali.

 

Alcuni paesi di destinazione, per lo più a basso reddito, hanno chiuso l’import di questa tipologia di rifiuti perché distruggeva il mercato locale di produzione dei capi di abbigliamento, con la Pandemia, poi, si è assistito ad un’ulteriore stretta sulla circolazione degli abiti usati per limitare la circolazione del virus Covid 19.

 

Molti esportatori di abiti usati sono stati costretti ad immagazzinare gli indumenti raccolti e si stanno ponendo il problema di come ricavarne un qualche vantaggio economico, indirizzandoli ad esempio verso la rivendita di abiti usati.

 

È quindi di fondamentale importanza assicurare che le infrastrutture di raccolta, smistamento e riciclaggio siano sviluppate nelle le aree in cui i rifiuti di abbigliamento vengono creati. Solo in questo modo saremo in grado di ottenere una trasformazione su larga scala e ridurre la dipendenza dai mercati esteri.

 

In conclusione, i rifiuti tessili giocheranno nel prossimo futuro, un ruolo non marginale nella transizione verso l'economia circolare, grazie alla preparazione al riutilizzo, si potrà prolungare la vita di molti indumenti e quindi ridurre i volumi dei rifiuti da smaltire. Inoltre, gli sviluppi tecnologici futuri potranno consentire di riciclare ciò che non può essere riutilizzato, recuperando le fibre tessili e dando loro nuova vita.

 

Stefania Calleri

 

Visualizza il rapporto " The circular economy: a transformative Covid-19 recovery strategy"

 

Fonte: ARPAT

 


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