Uno strumento per valutare i rischi tenendo conto dell’età dei lavoratori
Tuttavia la diversità – in questo caso con esplicito riferimento alla gestione “delle diverse età” – raramente “è stata studiata dal punto di vista della valutazione dei rischi. Sono ancora rari gli strumenti pratici di valutazione che tengono conto dei rischi specifici affrontati, per esempio, da persone disabili, lavoratori immigrati, lavoratori anziani, donne e lavoratori temporanei”.
A sottolinearlo e a fornire uno strumento per analizzare le attività e sviluppare azioni migliorative che tengano conto dell’età dei lavoratori, è un contributo presente nel libro “ Aging E-book, il Libro d'argento su invecchiamento e lavoro”, un libro curato dal gruppo “Invecchiamento e lavoro” della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione ( CIIP).
Una valutazione dei rischi attenta all’inclusione
Nel contributo dal titolo “La valutazione dei rischi tenendo conto dell’età dei lavoratori”, a cura di Tiziana Vai, Olga Menoni, Donatella Talini e Marco Tasso, si ricordano innanzitutto una serie di punti chiave utili per una valutazione dei rischi ‘attenta all’inclusione’ indicati dall’Agenzia Europea.
Ne riprendiamo alcuni:
- “attribuire la debita importanza alle questioni della diversità e assumere un impegno concreto al riguardo;
- evitare presupposizioni sui pericoli e sui soggetti a rischio”;
- “considerare la diversità della forza lavoro una risorsa, non un problema. Prendere in considerazione l’intera forza lavoro, compresi addetti alle pulizie, all’accettazione, addetti alla manutenzione, lavoratori di agenzie interinali, lavoratori part-time ecc. Adeguare il lavoro e le misure preventive ai lavoratori. L’adeguamento del lavoro ai lavoratori è un principio chiave del diritto dell’UE;
- tenere conto delle necessità di tutte le categorie che compongono la forza lavoro nella fase di progettazione e di pianificazione, per evitare di trovarsi a dover introdurre adeguamenti in caso di assunzione di lavoratori disabili, anziani o immigrati;
- integrare gli aspetti legati alla sicurezza e alla salute sul lavoro in tutte le azioni a favore della parità nel luogo di lavoro, compresi i piani per la parità e le politiche contro la discriminazione;
- fornire agli incaricati della valutazione dei rischi, ai dirigenti e ai supervisori, ai rappresentanti per la sicurezza ecc. una preparazione e le informazioni pertinenti sulle questioni legate alla diversità in relazione ai rischi in termini di salute e di sicurezza;
- fornire a tutti i lavoratori una formazione adeguata sulla sicurezza e la salute sul lavoro;
- una valutazione dei rischi improntata all’inclusione deve adottare un metodo partecipativo, che coinvolga i lavoratori interessati e che sia basato su un esame della situazione effettiva di lavoro;
- adottare esempi di buone pratiche della valutazione dei rischi, possibilmente interconnesse tra loro; queste comprendono varie misure preventive (adeguamento del lavoro all’individuo, adeguamento al progresso tecnico, fornitura di appropriate istruzioni ai lavoratori, fornitura di una formazione specifica ecc.);
- partire dal presupposto che una valutazione dei rischi per le categorie di lavoratori maggiormente esposti, che elimini i rischi e affronti i pericoli all’origine, va a vantaggio di tutti i lavoratori indipendentemente dall’età, dal sesso, dalla nazionalità e dalle caratteristiche fisiche”.
La centralità della valutazione sulla persona e non sul solo rischio
Riguardo al tema della valutazione dei rischi gli autori del contributo sottolineano che è necessario “porre la centralità della valutazione sulla persona e non sul solo rischio, integrando l’approccio della valutazione basata sui soli modelli e parametri di quantificazione (checklist, algoritmi, rilevazioni)”. Occorre, dunque, indagare “la relazione tra un fattore di rischio e le caratteristiche individuali dei soggetti esposti, e quindi sviluppare un modello di valutazione che sappia pesare la probabilità che un fattore di nocività ha di divenire lesivo e di causare un danno non solo per la sua potenzialità teorica, ma anche per la diversa suscettibilità degli esposti. Questa analisi non deve essere limitata ai soli fattori di nocività abitualmente indagati in quanto esplicitamente normati, ma considerare anche i fattori perlopiù minimizzati, come l’organizzazione del lavoro, le relazioni, i tempi, le competenze, che nella analisi dei rischi in relazione all’età assumono una rilevanza ineludibile”.
Si segnala poi che l’ Istituto francese INRS ha identificato una serie di condizioni di lavoro specificamente associate “ad una maggiore suscettibilità nei lavoratori maturi, e ha proposto una scheda di rilevazione sulla loro presenza e consistenza, una checklist da adattarsi alle specifiche condizioni esaminate in grado di individuare rischi e misure preventive prioritarie per lavoratori di ogni età”. Ispirandosi a questa proposta gli autori hanno cercato di sviluppare ulteriormente il modello, “estendendo l’attenzione a tutti i rischi, come previsto dalla normativa nazionale, e al diverso grado di lesività che possono avere in relazione all’età”. Una seconda integrazione rispetto alla scheda di INRS è la “rilevazione, ove possibile, per singoli compiti e non per mansioni. Il presupposto è che identificare compiti specifici nei quali è presente un fattore di rischio rilevante per l’età consente di sviluppare soluzioni preventive mirate e facilita soluzioni di adattabilità”.
Alcuni passaggi operativi
Viene così proposto un “primo strumento sperimentale di valutazione, uno strumento di ordine generale con alcuni “possibili passaggi operativi”:
- identificazione dei rischi comunemente presenti nei cicli di lavoro e abitualmente considerati nella valutazione dei rischi (VdR): “occorre individuare in particolare i rischi per i quali il fattore invecchiamento fisiologico comporta in generale una maggior suscettibilità ‘universale’, cioè estesa a tutta la popolazione lavorativa esposta. Si tratta di rischi per i quali possono essere sono necessarie azioni per prevenire l’usura precoce e per mantenere l’efficienza psicofisica, come ad esempio suggeriscono la letteratura” e le nostre esperienze professionali: “sovraccarico biomeccanico, stress posturale, lavoro notturno e a turni, clima o microclima severo, rumore intenso, vibrazioni di rilevante intensità, lavoro in condizioni di carente illuminamento, forti restrizioni di tempo, fattori di contesto e di contenuto inerenti lo stress lavoro correlato, situazioni a rischio caduta, inciampo o scivolamento”;
- compiti e mansioni nelle quali questi rischi sono presenti in modo rilevante: “occorre costruire una mappa descrittiva dei compiti, delle mansioni, dei ruoli con particolare attenzione ad identificare la distribuzione per età, ad esempio sopra e sotto i 45 anni. Questa mappa può far emergere anche aspetti collaterali come una diversa distribuzione dei compiti in relazione a capacità informatiche o tecnologiche più strutturate nei giovani, o a titoli di studio che al loro volta potrebbero discriminare le generazioni più anziane, ecc”;
- valutazione qualitativa, valutazione quantitativa, stima dei rischi: “la valutazione dei fattori di nocività individuati è l’attribuzione di un livello di probabilità che il fattore in esame raggiunga il livello potenziale di danno, non solo per la sua proprietà o qualità intrinseca, ma anche in relazione alla diversa suscettibilità connessa all’età”. Si ricorda, tuttavia, che “sono molto pochi i fattori di rischio per i quali sono disponibili e applicabili parametri di nocività corretti per età: vi sono ad esempio alcune indicazioni per il rischio biomeccanico nella movimentazione manuale di gravi ed una indicazione preventiva che sottintende una valutazione di ipersuscettibilità degli ultra cinquantenni per l’affaticamento visivo da esposizione a VDT” (videoterminali). E dunque per la maggior parte dei fattori di rischio “occorre avviare un indispensabile ed urgente approfondimento sulla frequenza di disturbi e patologie correlati all’età e lo studio di eventuali livelli di soglia di lesività in relazione all’invecchiamento”;
- condizioni soggettive connesse all’età che possono aumentare la suscettibilità ai rischi (invecchiamento con malattia): si fa riferimento ad un ambito di intervento sulla esposizione professionale che “non è strettamente dipendente dalla gestione dei rischi ma molto più connesso a condizioni individuali di salute, a malattie invalidanti con compromissione di capacità funzionali. La ricostruzione dei rischi in relazione all’età presenti nei diversi compiti, può facilitare l’identificazione di misure individuali di adattamento del posto di lavoro /mansione da gestire con il percorso della idoneità”.
In conclusione si indica che lo strumento proposto non rappresenta, in realtà, una valutazione dei rischi ma “una prima analisi di mansione o posto di lavoro, per discutere priorità, per proporre eventuali miglioramenti o per sviluppare approfondimenti nella identificazione e valutazione dei rischi”. Uno strumento che va sperimentato e può essere “agevolmente adattato a diversi comparti produttivi, integrando o sostituendo le voci oggetto di valutazione in modo tale che rappresentino le specificità settoriali”.
Nello strumento, che è presente sul sito della CIIP, per ogni voce di rischio è prevista una scheda “relativa agli orientamenti preventivi e migliorativi suggeriti: si tratta per ora di un contenitore solo parzialmente compilato, spesso con suggerimenti ovvi o ripetitivi, perché l’obiettivo non è quello di definire le soluzioni finali ma proporre uno strumento comune che permetta di raccogliere e condividere esperienze e buone prassi”.
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
CIIP, “ Aging E-book, il Libro d'argento su invecchiamento e lavoro” (formato PDF, 2.6 MB).
Link al nuovo strumento operativo proposto…
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