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La Salute e Sicurezza sul lavoro delle donne lavoratrici

La Salute e Sicurezza sul lavoro delle donne lavoratrici

Autore:

Categoria: Differenze di genere, età, cultura

08/03/2024

Un’analisi del tema della valutazione dei rischi in ottica di genere. A cura di Graziella Silipo, Responsabile SSL CGIL Piemonte.

 

Mi sono domandata che cosa avrei potuto scrivere che non fosse già stato scritto, sul tema della valutazione dei rischi in ottica di genere e quindi dell’attenzione alla salute e sicurezza delle donne lavoratrici.

 

Ho quindi sfogliato nostri lavori di ricerca, programmi formativi…e visitato più di qualche pagina sul web e ho concluso che è difficile dire e scrivere qualcosa che non sia già stato detto e scritto perché la teoria è stata più volte illustrata, molto bene, in più ambiti (sindacale, scientifico, istituzionale…); la normativa c’è, tutta; ci sono documenti mondiali, europei, nazionali, regionali; ci sono esempi di come fare una valutazione del rischio in ottica di genere, di quali sono gli elementi di cui tenere conto…ma quello che manca, mi sembra, è la pratica, è quel che davvero si fa nei posti di lavoro.

 

I/le RLS fanno una gran fatica a far applicare i “fondamentali” della prevenzione e della tutela della SSL, addirittura spesso non sono consultati in merito a tutto quel che la normativa prevede e a tutte le prerogative che la normativa affida loro e immagino alcuni dire “ma pensa se riusciamo ad occuparci anche di questo!”.

 

Lo dico sempre quando faccio formazione alle/ai RLS “mi rendo conto che io sto a dirvi che cosa dovete e dovreste fare ma poi voi che siete nei posti di lavoro fate i conto con tali e tanti difficoltà che quel che a me pare semplice – perché lo dico – è difficile per voi – da far applicare –“ .

 

E su questo, una domanda: si pone sempre tanto l’accento sulle/sui RLS e sembra quasi che non ci siano altre figure all’interno dei posti di lavoro con attribuzioni, obblighi e responsabilità in merito a SSL!

 

Ma sappiamo tutte e tutti molto bene che non è così, il “sistema” di SSL comprende il Datore di Lavoro, il Medico Competente, il RSPP e mi domando quanti sono le/i DL, in capo a cui sta la valutazione del rischio e la conseguente redazione del DVR (obbligo non delegabile), o RSPP o MC che si siano preoccupati di fare la valutazione dei rischi tenendo conto delle differenze di genere, ma anche di età e anche di provenienza.

 

Ma anche un’altra domanda mi faccio: quante RLS, quante Datrici di Lavoro, quante Mediche Competenti e quante RSPP ci sono? Non ho un dato ma penso di non sbagliare a dire che sono molto molto poche (per quanto riguarda le RLS lo posso dire con certezza!).

 

Quanto un linguaggio inclusivo è usato nel/sul lavoro, dalla scrittura dei documenti alle interlocuzioni orali, continue?

 

Saranno anche questi elementi di riflessione? Penso di sì.

 

E possiamo pensare di uscire dalla ritualità e avviare un percorso vero che vada verso la valutazione del rischio in ottica di genere, la valutazione del rischio violenze molestie (secondo quanto previsto dalla Convenzione ILO 190) e aggressioni, la valutazione seria stress lavoro-correlato?

 

Penso di sì, ce n’è bisogno, per non rimanere come in un loop! Ce n’è bisogno per non ricordarsene solo in occasione dell’8 marzo!

 

Penso che si debba chiedere una Strategia Nazionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro che preveda anche l’attenzione alle differenze di genere.

 

Penso che si debba intervenire in maniera concreta e penso che se la valutazione dei rischi fosse fatta in maniera seria, sempre e dappertutto, non si potrebbe non tener conto di tutte le differenze. Tener conto di tutte le differenze significherebbe analizzare profondamente tutto quel che nel DVR deve essere contemplato e quindi, non sembrerebbe un “di più” considerare anche la differenza di genere perché … non se ne potrebbe fare a meno.

 

Valutare i rischi sul lavoro in un’ottica di genere vuol dire tenere conto della definizione di salute dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e applicarla anche al contesto lavorativo:

Salute: stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità.

 

Introdurre le problematiche di genere nella valutazione dei rischi è considerare che gli uomini e le donne non fronteggiano gli stessi rischi e che comunque, se ugualmente esposti, non necessariamente rispondono con le stesse modalità…anzi.

 

Aiuta ad andare in questa direzione l’approvazione a giugno 2019 del “Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere (in attuazione dell’articolo 3,comma 1, Legge 3/2018)” del Ministero della Salute recepito già in alcune Regioni tra le quali la Regione Piemonte, “…per la diffusione della Medicina di Genere mediante divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie che nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura tengano conto delle differenze derivanti dal genere1 , al fine di garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) in modo omogeneo sul territorio nazionale…” .

 

Al pari la Medicina del Lavoro dovrebbe sempre di più approfondire la differenza delle esposizioni professionali e dell’insorgenza delle patologie lavorative tenendo conto delle donne lavoratrici al fine di adottare le misure di prevenzione e protezione più idonee in ottica di genere.

 

Per molte malattie professionali c’è una diversa suscettibilità fra i due generi, legata a fattori anatomici, alla struttura antropometrica, ai fattori ormonali, metabolici…

 

L’età anagrafica e biologica, sulle donne incide in maniera diversa che sugli uomini: il tempo della fertilità di una donna come anche il tempo della menopausa richiedono attenzione e prevenzione diverse nell’esposizione lavorativa e nelle misure di prevenzione da adottare.


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E’ stata condotta una prima analisi globale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) – report del dicembre 2022, che rivela che più di una persona su cinque (quasi il 23 per cento) ha subito violenza e molestie di natura psicologica o sessuale nell’ambito di lavoro.

 

Studio condotto in 121 Paesi e che ha coinvolto 75.000 lavoratrici e lavoratori

 

“È difficile quantificare la violenza e le molestie sul lavoro. Il rapporto segnala che, su scala mondiale, solo la metà delle vittime nel mondo ha rivelato a qualcun altro di aver subito violenza e molestie, e spesso solo dopo aver subito più di una forma di violenza e di molestie.

 

I motivi più comuni per non parlarne con nessuno sono stati la considerazione che fosse una “perdita di tempo” e la “paura per la propria reputazione”. Le donne sono più aperte a condividere la propria esperienza rispetto agli uomini (60,7 per cento rispetto al 50,1 per cento).

 

A livello globale, il 17,9 per cento delle lavoratrici e dei lavoratori ha dichiarato di aver subito violenza e molestie di natura psicologica durante la propria vita lavorativa, e l’8,5 per cento — più uomini che donne — ha subito violenza e molestie fisiche. Tra gli intervistati, il 6,3 per cento ha riferito di aver subito violenze e molestie sessuali, con le donne particolarmente esposte.

 

Tra i gruppi con maggiori probabilità di essere vittima da diversi tipi di violenza e molestie si includono i giovani, i lavoratori migranti e le lavoratrici e lavoratori dipendenti.

 

Rispetto alle loro controparti maschili, le giovani donne sono doppiamente esposte a violenza e molestie sessuali. Le donne migranti hanno riportato un’incidenza di violenza e molestie sessuali quasi doppia rispetto alle donne non migranti.

 

Più di tre vittime su cinque hanno affermato di aver subito più volte violenza e molestie sul lavoro e, per la maggior parte, l’episodio più recente è avvenuto negli ultimi cinque anni.”

 

I dati INAIL ci dicono che sono 1600 le aggressioni subite dal                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      personale sanitario nell’arco di un anno. Dato sottostimato del 70%! Perché molte e molti non denunciano, perché si considera insito nel lavoro che si svolge l’aggressione verbale e/o fisica.

 

E chi riguarda in particolare il dato? Tra le professionalità più colpite ci sono i tecnici della salute (infermieri, fisioterapisti) e gli operatori socio-sanitari e socio-assistenziali. E ovviamente sono i settori in cui c’è un’elevata presenza di donne lavoratrici.

 

Il tema delle aggressioni a lavoratrici e lavoratori, non riguarda solo il comparto sanitario, riguarda anche il settore dei trasporti, delle poste, delle banche…Sembra, a parer mio, riguardare quei comparti che da pubblici si sono nel tempo trasformati in privati o finti pubblici. E sembra che le lavoratrici e i lavoratori siano esposti ad un rischio aggressioni, da parte dell’utenza frustrata e insoddisfatto, determinato da inefficienze e/o disservizi che ovviamente non dipendono da loro ma di cui loro sono la faccia e il corpo e quindi diventano coloro contro cui scagliarsi. Ne possiamo riflettere?

 

Il medico competente e la sorveglianza sanitaria

Svolgere un compito così complesso presuppone un’adozione dell’ottica di genere e competenze specialistiche secondo l’approccio della medicina di genere.

 

Tale sensibilità e competenza consente ai professionisti sanitari di affrontare il proprio lavoro con maggiore efficacia ed appropriatezza e quindi diviene implicita la necessità di formare sulle questioni di genere dei medici del lavoro.

 

Formazione e informazione delle/dei rappresentanti, lavoratrici e lavoratori

L’approccio alla formazione e, quindi, allo sviluppo delle competenze in materia di salute e sicurezza in ottica di genere promuove l’adeguatezza del sistema di prevenzione, valutazione e rimozione dei rischi.

 

Una buona formazione che tiene conto delle differenze di genere si qualifica:

  • nell’analisi dei fabbisogni
  • nella progettazione e nella didattica
  • nelle modalità didattiche
  • nel linguaggio e negli stili di comunicazione
  • nei tempi e nelle modalità di organizzazione ed erogazione
  • nel monitoraggio e nella verifica

 

Nel corso degli interventi ispettivi si può porre più attenzione a quanto di critico emerge in quasi tutte le aziende esaminate?

 

Formazione e informazione delle/dei rappresentanti, lavoratrici e lavoratori

L’approccio alla formazione e, quindi, allo sviluppo delle competenze in materia di salute e sicurezza in ottica di genere promuove l’adeguatezza del sistema di prevenzione, valutazione e rimozione dei rischi.

 

Una buona formazione che tiene conto delle differenze di genere si qualifica:

  • nell’analisi dei fabbisogni
  • nella progettazione e nella didattica
  • nelle modalità didattiche
  • nel linguaggio e negli stili di comunicazione
  • nei tempi e nelle modalità di organizzazione ed erogazione
  • nel monitoraggio e nella verifica

 

Nel corso degli interventi ispettivi si può porre più attenzione a quanto di critico emerge in quasi tutte le aziende esaminate?

 

Questo è un estratto di un’indagine conoscitiva in settori a più elevata presenza di lavoratrici” condotta dalla CGIL Piemonte alcuni anni fa “Donna P.E.R.LA., – Prevenzione e Rischi sul Lavoro -  (ma penso che sia ancora molto attuale!)

 

I Settori:

  • commercio (grande distribuzione);
  • alberghi e ristorazione (mense incluse);
  • assistenza agli anziani (case di riposo e riabilitazione);
  • assistenza all’infanzia (asili nido);
  • imprese e le cooperative di pulizia;
  • trasformazione e conservazione degli alimenti;
  • industria tessile e dell’abbigliamento;
  • produzione di particolari meccanici.

 

Diversi studi epidemiologici hanno evidenziato rischi più elevati a carico delle donne, rispetto agli uomini, di sviluppare alcune patologie correlate al lavoro, tra cui soprattutto: malattie muscoloscheletriche, disturbi mentali, dermatiti e asma.

 

Ci si domanda se la causa sia una maggiore suscettibilità biologica delle donne all’esposizione a fattori di rischio (fattori ergonomici, psicosociali, agenti sensibilizzanti o irritanti) o al fatto che l’esposizione delle donne a questi fattori sia più elevata di quella maschile, oppure al maggiore carico familiare delle donne.

 

Una differenza sostanziale fra l’impegno lavorativo delle donne e quello degli uomini in Europa è costituita dal fatto che le donne portano ancora il maggior carico della gestione familiare, sia per quanto riguarda la cura dei figli e/o delle persone anziane.

 

Il 63% delle donne europee dichiara di dedicare una o più ore al giorno alle faccende domestiche, rispetto al 12% degli uomini; il 41% delle donne vs. il 24% degli uomini trascorre almeno un’ora al giorno con i figli per la loro educazione.

 

Questo aumenta considerevolmente il numero di ore effettivamente impegnate e lo stress psicologico che ne deriva.

 

Inoltre, la rigidità oraria di molti dei lavori tipicamente maschili non aiuta un’alternanza degli incarichi familiari.

 

Dai risultati dello studio

 

Le donne risultano esposte in proporzioni superiori a quelle degli uomini a molti fattori ergonomici e psicosociali, tra cui:

  • movimenti ripetuti,
  • posture incongrue,
  • ritmi di lavoro intensi,
  • scarsa autorità decisionale,
  • bassa possibilità di utilizzo delle proprie abilità tecniche,
  • mancanza di supporto da parte dei supervisori,
  • ingiustizia nella risoluzione dei conflitti e nella distribuzione dei carichi di lavoro,

 

Diversi altri studi hanno evidenziato:

  • un eccesso di cardiopatia ischemica tra le lavoratrici con considerevoli carichi di lavoro familiare potenzialmente dovute alla contemporanea esposizione a fattori stressogeni sul lavoro e nelle attività di cura dei figli;

 

  • un eccesso di malattie muscoloscheletriche, soprattutto a carico dell’arto superiore, in parte attribuibile al doppio carico di esposizione a fattori ergonomici sul lavoro e nelle attività domestiche.

 

Un’indagine sui carichi biomeccanici cui sono esposte le casalinghe nell’esecuzione di attività domestiche ha rivelato un’esposizione a movimenti ripetuti, frequentemente accompagnati da elevati livelli di impegno dei muscoli del braccio, dell’avambraccio e della mano, e da posture incongrue.

 

Elevate frequenze di Sindrome del Tunnel Carpale sono state riportate sia a carico delle casalinghe, sia di addette alle pulizie e di assistenti di asili nido che implicano attività lavorative simili a quelle del lavoro domestico.

 

Dai risultati di questi studi si evince che nelle donne la relazione tra esposizioni lavorative ad alcuni fattori di rischio, in particolare fattori ergonomici e psicosociali, e occorrenza di selezionati disturbi e patologie (soprattutto disturbi muscolo-scheletrici e psicologici) debba essere esaminata tenendo in conto l’esposizione domestica ai sospetti agenti causali.

 

 

Quel che segue penso sia molto conosciuto ma purtroppo poco praticato!

 

Gli uomini e le donne non sono biologicamente uguali.

Bella scoperta si dirà!

Pare proprio esserla però, se nel 2024 ancora bisogna ricordarlo soprattutto in un ambito in cui, nonostante la normativa, non si tiene quasi per niente conto delle differenze tra lavoratrici e lavoratori in merito all’esposizione a fattori di rischio occupazionali e conseguenze sulla salute.

 

Che cosa dice, per esempio, l’OSHA EU (l’Agenzia Europea per la Salute e Sicurezza sul lavoro), già da tempo sottolinea che le donne:

  • lavorano in settori specifici e svolgono tipi specifici di lavoro (segregazione lavorativa);
  • coniugano una duplice responsabilità, sul luogo di lavoro e a casa;
  • sono sottorappresentate;
  • sono fisicamente diverse rispetto agli uomini, per esempio in termini di forza fisica;
  • svolgono mansioni che sono spesso erroneamente considerate sicure e semplici.

 

I suggerimenti dell’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro per includere gli aspetti di genere nella valutazione dei rischi:

  • considerare i rischi più frequenti nelle mansioni prevalentemente maschili e in quelle prevalentemente femminili;
  • considerare tanto i rischi per la salute quanto quelli per la sicurezza;
  • chiedere in forma strutturata sia alle donne che agi uomini quali problemi incontrano nel lavoro;
  • evitare di considerare qualsiasi elemento come scontato o futile in partenza;
  • non tralasciare i lavoratori part-time, a contratto temporaneo e interinali, né le persone in congedo per malattia nel periodo della valutazione.
  • esortare le donne a riferire ogni cosa che, a loro giudizio, potrebbe incidere sulla loro salute e sicurezza sul lavoro, oltre ai problemi di salute che potrebbero collegarsi al lavoro;
  • considerare le effettive mansioni svolte nel contesto lavorativo reale;
  • astenersi dal fare ipotesi riguardo all'esposizione che siano aprioristicamente basate sulla descrizione delle mansioni o sulle qualifiche aziendali.
  • esercitare accuratezza nel definire l'incidenza di genere, assegnando priorità ai rischi in termini di alto, medio e basso.
  • coinvolgere le lavoratrici nella valutazione dei rischi;
  • considerare la possibilità di formare circoli della salute e impiegare metodi di mappatura dei rischi;
  • interventi di stimolo alla partecipazione basati su questioni di ergonomia e stress possono fornire una serie di validi approcci;
  • accertarsi che gli strumenti impiegati nella valutazione comprendano elementi rilevanti sia per i lavoratori che per le lavoratrici, e in caso contrario procedere al loro adattamento;
  • prestare attenzione ad ogni aspetto di genere ove siano in programma modifiche che interessano il posto di lavoro e vengano prese in esame le conseguenze ai fini della SSL;

 

Ad esempio, nel caso dello stress, includere:

  • interfaccia casa-lavoro, e orari di lavoro sia degli uomini che delle donne; sviluppo della carriera; molestie; fattori di stress emotivo; interruzioni impreviste e necessità di fare molte cose diverse in una volta.

 

Ad esempio, per la salute della sfera riproduttiva includere:

  • i rischi per la sfera riproduttiva sia maschile che femminile; considerare tutte le aree della salute della sfera riproduttiva, non solo le donne in gravidanza.
  • Puntare all'eliminazione dei rischi alla fonte, per offrire un ambiente di lavoro sano e sicuro a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori. In questa azione sono compresi i rischi a carico della sfera riproduttiva.
  • Prestare attenzione alle diverse popolazioni e adattare il lavoro e le misure preventive al lavoratore, ad esempio a livello di scelta dei dispositivi di protezione in base alle esigenze individuali, ossia adatti alle donne e a quegli uomini che non rientrano nella “media maschile”.
  • Puntare all'eliminazione dei rischi alla fonte, per offrire un ambiente di lavoro sano e sicuro a tutti i lavoratori. In questa azione sono compresi i rischi a carico della sfera riproduttiva.

 

Possibili azioni che si possono mettere in atto nei luoghi di lavoro:

  • avviare monitoraggio e la raccolta dati e informazioni sulla salute e sicurezza in ottica di genere;
  • coinvolgere più donne nella consultazione nelle decisioni in materia di salute e sicurezza;
  • tenere conto delle peculiarità individuali a partire dal genere di appartenenza;
  • attivare processi di informazione e comunicazione per garantire coinvolgimento e partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici;
  • individuare le lacune negli accordi di lavoro, politiche e procedure che con scelte di tipo apparentemente ‘neutro’ possono produrre effetti indesiderati di non equità tra donne e uomini (es. orari);
  • migliorare le informazioni raccolte sulle esperienze negative di lavoro di uomini e donne”;

 

Che cosa dice il D.Lgs 81/2008 TESTO UNICO SULLA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO

Il D.Lgs 81/08 introduce per la prima volta la differenza di genere e la tutela delle lavoratrici (specificandole) nell’ambito della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (non era così nella precedente normativa, il D.Lgs 626/94).

Si introduce anche “il riguardo” in riferimento all’età e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati.

 

All’ Art 1 Finalità (per la prima volta si scrive lavoratrici e lavoratori)

Le disposizioni contenute nel  presente decreto legislativo costituiscono attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, …per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro, …garantendo l'uniformità della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale … anche con riguardo alle differenze di genere, di età e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati.

 

All’ Art. 6 Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro
Tra i compiti della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro quello di “…promuovere la considerazione della differenza di genere in relazione alla valutazione dei rischi e alla predisposizione delle misure di prevenzione…

 

All’ Art 8 Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro

Allo sviluppo del medesimo concorrono gli  organismi paritetici e gli istituti di settore a carattere scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della salute delle donne.

Tra i principali flussi informativi vanno segnalati:

il quadro dei rischi anche in un’ottica di genere;

il quadro della salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici;

 

 

All’Art. 11 attività promozionali

le amministrazioni pubbliche promuovono attività specificamente destinate ai lavoratori immigrati o alle lavoratrici, finalizzate a migliorare i livelli di tutela dei medesimi negli ambienti di lavoro.

 

All’Art. 28 Oggetto della valutazione dei rischi

La valutazione dei rischi, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell' accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal  decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età (9), alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale.

 

Art. 40 Rapporti del MC con il Servizio Sanitario Nazionale

Entro il primo trimestre dell’anno successivo all’anno di riferimento il medico competente trasmette, esclusivamente per via telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, relative ai dati collettivi sanitari e di rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza sanitaria…

 

Graziella Silipo

Responsabile Dipartimento Salute e Sicurezza sul lavoro CGIL Piemonte





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