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Mobbing: come cambiera’ la tutela?

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Datore di lavoro

14/02/2005

Alla discussione del Senato uno schema di testo unificato che raggruppa i decreti legge presentati sull’argomento. Per i datori di lavoro obblighi di informazione periodica.

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Il Senato è al lavoro sul tema mobbing. Nei giorni scorsi si è infatti aperta la discussione su uno schema di testo unificato che raccoglie una serie di disegni di legge sulla tutela dei lavoratori dalle violenza o dalla persecuzione psicologica.

Il documento, curato dal comitato ristretto della Commissione lavoro del Senato, ha la finalità di elaborare un impianto normativo che garantisca rimedi, sia di tipo preventivo sia repressivo, rispetto al mobbing. Tale fenomeno può colpire i lavoratori dipendenti, siano essi pubblici che privati, indipendentemente dal ruolo e dalle mansioni svolte.

La definizione che viene data all’art. 1 del documento è ampia e vuole comprendere tutti i fenomeni di violenza e persecuzione psicologica riconducibili al mobbing. A definire gli atti di mobbing sono due caratteristiche: la continuità e sistematicità degli atti e dei comportamenti persecutori tenuti in ambito lavorativo e la finalizzazione specifica di tali atti, volti a danneggiare l’integrità psico-fisica della lavoratrice o del lavoratore.
Dal punto di vista della prevenzione, il documento richiama gli obblighi previsti dal D.Lgs. 626/94 per datore di lavoro, medico competente, servizio di prevenzione e protezione.

E’ stato dedicato un apposito articolo – il 3 - all’attività di informazione sul mobbing e sono stati previsti due differenti moduli informativi: uno periodico e l’altro attivabile su specifica richiesta del lavoratore.

La tutela giudiziaria – prevista dall’articolo 5 - è stata incentrata su tre piani distinti, ossia sul piano della tutela inibitoria, volta ad ordinare al responsabile del comportamento denunziato, con provvedimento motivato e immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo, nonché a disporre la rimozione degli effetti degli atti posti in essere; sul piano della tutela risarcitoria, estesa anche ai danni non patrimoniali, ed infine sul piano dell’ annullabilità degli atti illeciti con finalità persecutoria, volti a variazioni nelle qualifiche, nelle mansioni e negli incarichi o a trasferimenti, nonché delle dimissioni determinate dai medesimi atti o comportamenti.

Di seguito riportiamo il testo del disegno di legge, predisposto dal comitato ristretto della 11° Commissione, in fase di discussione al Senato.

SCHEMA DI TESTO UNIFICATO
PER I DISEGNI DI LEGGE N. 122 E CONNESSI IN MATERIA DI TUTELA DEI LAVORATORI DAL FENOMENO DEL MOBBING

Articolo 1.
(Definizione ed ambito di applicazione)
1. Ai fini della presente legge, si intende per violenza o persecuzione psicologica ogni atto o comportamento adottatidal datore di lavoro, dal committente, da superiori ovvero da colleghi di pari grado o di grado inferiore, con carattere sistematico, intenso e duraturo, finalizzati a danneggiare l’integrità psico-fisica della lavoratrice o del lavoratore.

2. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano a tutte le tipologie di lavoro, pubblico e privato, indipendentemente dalla loro natura, nonché dalla mansione svolta e dalla qualifica ricoperta.

Articolo 2.
(Attività di prevenzione e di accertamento)
1. I datori di lavoro o i committenti, pubblici o privati, e le rappresentanze sindacali adottano tutte le iniziative necessarie, intese a prevenire e a contrastare i fenomeni di violenza e di persecuzione psicologica di cui all'articolo 1, comma 1.

2. Qualora siano denunciati, da parte di singoli o di gruppi di lavoratori, atti o comportamenti di cui all'articolo 1, comma 1, il datore di lavoro o il committente, sentite le rappresentanze sindacali e ricorrendo, ove ne ravvisi la necessità, a forme di consultazione dei lavoratori dell’area interessata, provvede tempestivamente all'accertamento dei fatti denunciati e predispone misure idonee per il loro superamento.

3. Il servizio di prevenzione e protezione, nell’ambito dei compiti di cui all'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, individua le misure per la sicurezza volte a prevenire e a contrastare i fenomeni di violenza e persecuzione psicologica di cui all'articolo 1, comma 1.

4. Il medico competente, nell’ambito dei compiti di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 626 del 1994, collabora in relazione all’attuazione di misure finalizzate a prevenire e a contrastare i fenomeni di violenza e di persecuzione psicologica di cui all'articolo 1, comma 1.

5. Il rappresentante per la sicurezza, nell’ambito dei compiti di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 626 del 1994, espleta anche l'attività di promozione volta all'elaborazione, individuazione e attuazione di misure di prevenzione relative ai fenomeni di violenza e di persecuzione psicologica di cui all'articolo 1, comma 1.

Articolo 3.
(Attività di informazione)

1. I datori di lavoro o i committenti, pubblici o privati, e le rappresentanze sindacali pongono in essere iniziative di informazione periodica sulle fattispecie di cui all'articolo 1, comma 1. I datori di lavoro o i committenti sono altresì tenuti a dare, su richiesta del lavoratore interessato, tutte le informazioni pertinenti ai motivi soggettivi del richiedente e rilevanti, relative all'assegnazione degli incarichi, ai trasferimenti, alle variazioni delle mansioni e delle qualifiche e all'utilizzo dei lavoratori.

2. I lavoratori hanno diritto di riunirsi fuori dall'orario di lavoro, nei limiti di cinque ore su base annuale, per discutere riguardo alle violenze ed alle persecuzioni psicologiche di cui all'articolo 1, comma 1. Le riunioni sono indette e si svolgono con le modalità e con le forme di cui all'articolo 20 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

Articolo 4.
(Responsabilità disciplinare)
1. A coloro che pongono in essere gli atti o i comportamenti di cui all’articolo 1, comma 1, si applicano le misure previste con riferimento alla responsabilità disciplinare.

2. La medesima responsabilità di cui al comma 1 grava su chi denuncia consapevolmente atti o comportamenti, di cui all’articolo 1, comma 1, inesistenti, al fine di trarre vantaggio per sé o per altri.

Articolo 5.
(Tutela giudiziaria)
1. Qualora vengano posti in essere atti o comportamenti definiti ai sensi dell'articolo 1, comma 1, su ricorso del lavoratore o, per sua delega, di organizzazioni sindacali, il tribunale territorialmente competente in funzione di giudice del lavoro, nei cinque giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, se ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, ordina al responsabile del comportamento denunziato, con provvedimento motivato e immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo, dispone la rimozione degli effetti degli atti illegittimi, stabilisce le modalità di esecuzione della decisione e determina in via equitativa la riparazione pecuniaria dovuta al lavoratore per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento. Contro tale decisione è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti, opposizione davanti al tribunale, che decide in composizione collegiale, con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile. L’efficacia esecutiva del provvedimento non può essere revocata fino alla sentenza del tribunale che definisce il giudizio instaurato ai sensi del secondo periodo del presente comma.

2. Qualora dagli atti o comportamenti di cui all'articolo 1, comma 1, derivi un pregiudizio per il lavoratore, quest'ultimo ha diritto al risarcimento dei danni, ivi compresi quelli non patrimoniali. Resta comunque fermo quanto previsto dall'articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, e successive modificazioni.

3. Le variazioni nelle qualifiche, nelle mansioni e negli incarichi ed i trasferimenti che costituiscano atti o comportamenti di cui all'articolo 1, comma 1, nonché le dimissioni determinate dai medesimi atti o comportamenti sono impugnabili ai sensi dell’articolo 2113 del codice civile, secondo, terzo e quarto comma, fatto salvo il risarcimento dei danni ai sensi del comma 2 del presente articolo.

Articolo 6.
(Pubblicità del provvedimento del giudice)

1. Su istanza della parte interessata, il giudice può disporre che del provvedimento di condanna o di assoluzione venga data informazione, a cura del datore di lavoro o del committente, mediante lettera ai lavoratori interessati, per reparto e attività in relazione ai quali si sia manifestato il caso di violenza o persecuzione psicologica, oggetto dell'intervento giudiziario, omettendo il nome della persona che ha subito tali azioni.

Articolo 7.
(Norme "leggere")
1. I soggetti che stipulano i contratti collettivi nazionali di lavoro hanno la facoltà di adottare codici antimolestie e, in particolare, codici volti alla prevenzione degli atti e comportamenti di cui all’articolo 1, comma 1, anche mediante procedure di carattere conciliativo e tecniche incentivanti.

Articolo 8.
(Norme finanziarie)
1. Gli obblighi derivanti dagli articoli 2 e 3 a carico delle pubbliche amministrazioni, in qualità di datori di lavoro o di committenti, trovano applicazione esclusivamente nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio.

2. Dall'attuazione dei medesimi articoli 2 e 3 non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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