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Datore di lavoro: l’esonero dalla responsabilità civile per infortuni

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Datore di lavoro

02/04/2012

Un saggio analizza le ragioni della progressiva crisi della classica regola dell’esonero datoriale dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Crisi di effettività, crisi di legittimità e proposte interpretative.


Urbino, 2 Apr – I Working Papers prodotti da Olympus, Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro, sono una raccolta di brevi saggi dedicati al diritto della salute e sicurezza sul lavoro che valorizzano l’attività di monitoraggio svolta dall’Osservatorio e si soffermano spesso su elementi critici della nostra normativa.
 
Presentiamo oggi il Working Paper 3/2011 dal titolo “ La crisi della regola dell’esonero”, a cura di Stefano Giubboni, professore associato di Diritto del lavoro nell’ Università di Perugia, un saggio che analizza le ragioni della progressiva crisi della classica regola dell’esonero datoriale dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Stiamo parlando della regola sancita nell’art. 10 del Testo Unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali del 1965, il DPR 1124/1965 che recita “l’assicurazione a norma del presente decreto esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro. Nonostante l’assicurazione predetta permane la responsabilità civile a carico di coloro che abbiano riportato condanna penale per il fatto dal quale l’infortunio è derivato”.
 

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Quella dell’esonero è ancora oggi all’apparenza (stando, cioè, almeno alla lettera dell’art. 10)
la “regola fondamentale che presiede al riparto di competenze tra il sistema dell’assicurazione sociale obbligatoria e quello della responsabilità civile in ordine alla riparazione del danno conseguente a infortunio sul lavoro o a malattia professionale”.
L’autore ci ricorda che il principio sottostante a tale regola è ugualmente (e sempre all’apparenza) ancora molto chiaro e netto: ove operi il meccanismo di socializzazione del rischio professionale basato sugli strumenti  indennitari dell’assicurazione obbligatoria facente capo all’INAIL, la responsabilità civile non ha ragione d’intervenire, se non – in via eccezionale – per ‘sanzionare’ (assieme agli speciali strumenti di rivalsa messi a disposizione dell’Istituto assicuratore” dall’art. 11 del Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) “una condotta (omissiva o commissiva) penalmente rilevante del datore di lavoro”.
 
Tuttavia a dispetto della “sua apparente continuità formale e lessicale”, la regola “forse più longeva del nostro diritto previdenziale” è “in crisi” da molto tempo e ha subito un lento declino.
L’autore distingue due tipologie di crisi, “a loro volta riconducibili – scontando l’inevitabile dose di approssimazione propria di ogni semplificazione analitica – a cause rispettivamente ‘endogene’ ed ‘esogene’ al sistema dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro:
- una “crisi di effettività”:  con “riferimento a tutti quegli interventi, non necessariamente modificativi del testo dell’art. 10”, ma “anche semplicemente re-interpretativi del precetto in esso contenuto, i quali hanno condotto ad una graduale restrizione delle condizioni di applicazione e del raggio operativo della previsione medesima, la quale, per tal via, da regola generale è di fatto divenuta norma che solo eccezionalmente inibisce la riapertura del sottosistema dell’assicurazione contro gli infortuni al ‘diritto primo’ della responsabilità civile”;
 
- una “crisi di legittimità”: con riferimento “a quella giurisprudenza e a quelle ricostruzioni dottrinali che – trapiantando in particolare nel sistema dell’assicurazione contro gli infortuni le acquisizioni più innovative in tema di danno non patrimoniale alla persona e, comunque, principi del tutto estranei alla originaria logica transattiva di questo – finiscono per porre in discussione la legittimità in quanto tale della regola dell’esonero, minandone alla radice le residue capacità operative e, in prospettiva, le ragioni stesse della sua sopravvivenza nell’ordinamento, fosse anche come caso di ‘archeologia giuridica’”.
 
Nelle varie analisi e riflessioni presenti nel saggio, che vi invitiamo a visionare, è presente la costatazione che “l’affermazione – dovuta ad una costante giurisprudenza di merito e di legittimità – della sostanziale unitarietà della nozione di colpa, civile e penale, valevole ai fini dell’imputazione della responsabilità risarcitoria per l’infortunio in capo al datore di lavoro” costituisce un “potente fattore di erosione della rilevanza pratica della regola dell’esonero e, perciò, una delle cause storicamente più significative di crisi della sua effettività”.
L’autore ricorda anche che a partire dalla sentenza 24 febbraio 2006, n. 4184, “la Suprema Corte ha infatti innovativamente affermato che, per liberarsi dalla presunzione che nell’ambito del rapporto di lavoro deriva dal combinato disposto degli artt. 1218 e 2087 c.c., il datore deve dimostrare, anche nell’area governata dalla regola dell’esonero di cui all’art. 10 del testo unico, di avere adottato tutte le cautele e le misure atte ad evitare il danno subito dal lavoratore”.
 
Una ancor più completa “crisi di legittimità” della regola dell’esonero  è data poi dalla proposta interpretativa di Aldo De Matteis (questo saggio riporta il testo di una relazione in occasione di un incontro di studio correlato alla presentazione del volume di Aldo De Matteis, “Infortuni sul lavoro e malattie professionali”). 
 
Laproposta è di leggere il comma 2 dell’art. 10 del testo unico come se dicesse: nonostante l’assicurazione predetta, permane la responsabilità civile per danno non patrimoniale in caso di colpa penale ovvero di lesione di diritti inviolabili della persona costituzionalmente protetti. L’accoglimento di questa proposta comporterebbe il definitivo superamento della regola dell’esonero.
In questa ottica – continua l’autore – “non appare oramai più ammissibile che il diritto inviolabile alla salute del lavoratore – in quanto presidiato dalla garanzia generale dell’art. 32 Cost. ed altresì assistito dalla più intensa protezione specificamente offerta dall’art. 38 della Carta costituzionale – possa subire restrizioni sul piano della tutela risarcitoria, proprio nel momento in cui viene leso da un infortunio o da una tecnopatia imputabili alla responsabilità del datore di lavoro”.
 
L’autore conclude dunque indicando che la “caduta dell’ultimo simulacro della regola dell’esonero avrebbe del resto anche il pregio di semplificare in radice i problemi di quantificazione del danno differenziale, superando la distinzione – per certi versi incerta e artificiosa – tra questo ed il danno complementare, escluso dalla copertura assicurativo-sociale”.
È tuttavia probabile che la giurisprudenza si mantenga “su quella linea storica, di più pragmatico svuotamento dei suoi effettivi contenuti operativi”, svuotamento sintetizzato nella formula della “crisi di effettività” della regola stessa.
 
E comunque già oggi, di fronte al declino della regola dell’esonero, l’esonero del datore di lavoro non costituisce più la regola ma l’eccezione.
La crisi di effettività della regola dell’esonero “si risolve, con ogni probabilità, in una sua – pur non dichiarata – crisi di legittimità”.
 
 
 
Olympus - Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro, “ La crisi della regola dell’esonero”, a cura di Stefano Giubboni, professore associato di Diritto del lavoro nell’Università di Perugia, Working Paper di Olympus 3/2011 (formato PDF, 191 kB).
 
 


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