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Un Accordo Stato-Regioni rivisto o un Accordo tutto nuovo?

Un Accordo Stato-Regioni rivisto o un Accordo tutto nuovo?
Rocco Vitale

Autore: Rocco Vitale

Categoria: Cultura della sicurezza

23/03/2022

E’ necessario un Accordo “nuovo”, che oltre ai nuovi obblighi legislativi e normativi, tenga conto dell’esperienza sviluppata in questi anni e ne faccia tesoro per fare, come diceva un vecchio slogan, “meno carta e più sicurezza”.

I primi dati dell’INAIL indicano che nell’anno 2021 ci sono state oltre 500 mila denunce di incidenti sul lavoro di cui 1.116 mortali: nella sostanza, abbiamo una media di 3 morti al giorno, con anche un aumento delle malattie professionali.

Sono dati che andrebbero sempre correlati con i dati dell’economia, del lavoro e dell’occupazione e computati nei costi sociali, che poi si traducono in vittime e tragedie di intere famiglie, che accompagnano la crescita economica.

Da anni assistiamo, testimoni passivi e inerti, a questi morti che ogni anno le statistiche dell’INAIL presentano e restano cronaca di una giornata. Qualcosa però è cambiato ultimamente, almeno nella percezione da parte dell’opinione pubblica: infatti, l’attenzione che la stampa ed i media dedicano alle tragedie dei morti e delle vittime del lavoro risulta, ormai, una costante giornaliera cui la classe dirigente (politica, economica e sociale) deve dare conto. Certamente, non è facile prendere provvedimenti immediati, poiché il discorso della sicurezza sul lavoro richiede un percorso culturale di lunga ed ampia portata che un articolato di legge non può risolvere con una semplice applicazione normativa. Tuttavia, l’attenzione al fenomeno non è più un semplice fatto di cronaca, ma denuncia un sistema che deve essere cambiato.

A fronte dell’evidenza di una situazione non più sostenibile il Governo è corso ai ripari: il processo sarà lungo, ma bisogna pur cominciare altrimenti non si arriva mai. Parafrasando Bixio, potremmo dire che “non si tratta di fare una nuova legge, bensì fare le persone che sappiano applicare la legge”.

 

Bisogna dire con chiarezza ed onestà che il sistema giuridico italiano, ormai noto come decreto legislativo 81/08, rappresenta un alto livello di legislazione sui temi della salute e sicurezza. Che fare allora? Si tratta di rivedere la legge, nel suo complesso, per farla funzionare meglio: tuttavia, questa revisione è lunga e complessa e, quindi, il Governo ha inteso procedere con modifiche immediate che consentano di migliorare il sistema.

Onestamente bisogna ammettere che non è sbagliato l’impianto del D.lgs. 81/08, che certamente deve essere revisionato ed aggiornato, ma è stata la sua applicazione a renderlo spesso una fonte di adempimenti formali e non sostanziali.

 

Questo modo di agire, solo formale, è alla base dei ragionamenti delle autorità di vigilanza e di coloro che sono preposti alla prevenzione ed alla tutela della salute e la sicurezza sul lavoro. Come AiFOS siamo testimoni di questa situazione: basti pensare che anni fa avevamo iniziato a sperimentare una serie di corsi per le attrezzature, nei quali per la parte teorica veniva proposta la formazione con i simulatori e non con la vera e propria attrezzatura. Ebbene, ci è stato contestato poiché la norma non prevede l’uso dei simulatori! Tutti, privatamente, riconoscevano il valore della formazione con un simulatore però “l’Accordo Stato Regioni non lo prevede e quindi non si può fare”. Insomma, formalismo e burocrazia bloccano il progresso e l’innovazione tecnologica assai utile per la promozione della salute e la sicurezza.

 

Vorrei ricordare un altro esempio che riguarda il mondo della scuola. Si ricorderà come il 22 novembre 2008 morì uno studente sotto il crollo del soffitto della sua scuola, il Liceo Darwin di Rivoli (TO): la procura di Torino aprì un'inchiesta, affidata al pm Raffaele Guariniello.

Analizzando alcuni elementi scaturiti durante il lungo processo, appare evidente come una delle cause sia da ricondurre al Documento della Valutazione dei Rischi che non aveva previsto, nell’analisi della struttura, la realizzazione non a norma del controsoffitto nell’aula poi crollata. Nulla di tutto ciò si evinceva dal DVR, redatto e firmato dal dirigente scolastico, per il semplice motivo che l’edificio era di proprietà dell’amministrazione provinciale e, quindi, il preside non era in possesso né dei disegni e neppure dell’iter degli interventi strutturali. Né tantomeno ne erano a conoscenza i diversi RSPP che si erano succeduti negli anni e che mai hanno effettuato una verifica dei controsoffitti, cosa che non potevano fare essendo il bene di altro ente.

Al di là della sentenza di condanna, il problema restava e non era compito della giurisprudenza rivolvere il problema ma, giustamente applicare la legge.


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Per dare una soluzione ad un problema reale, avevo fatto una proposta che mi sembrava semplice ed immediatamente efficace che consisteva nel redigere un unico DVR firmato sia dal dirigente scolastico, sia dal proprietario della struttura. Esposi questa tesi nel corso di un affollato convegno a Torino, ma fui travolto dai “formalisti” per i quali il DVR deve essere firmato dal datore di lavoro e che non si poteva pensare ad una doppia firma. Giuridicamente le cose stavano così e, probabilmente, andava scritta questa opportunità che consentiva, per la scuola, di armonizzare il DVR in merito agli aspetti strutturali dell’edificio.

 

Con il decreto-legge 146 convertito in legge 17 dicembre 2021, n. 215 si modifica l’art. 18 che di fatto consente che il DVR della scuola sia “redatto dal datore di lavoro (dirigente scolastico ndr) congiuntamente all’amministrazione tenuta … alla loro fornitura e manutenzione”. Una semplice soluzione (similare a quella che avevo proposto ma che, all’epoca, non fattibile poiché non era normata) che rappresenta un bel passo avanti, il quale, però, per essere attuato, bisognerà ancora aspettare: ciò in quanto, per la redazione, le modalità relative alla valutazione congiunta devono essere oggetto di un apposito decreto da parte del Ministro dell’Istruzione, sentita la Conferenza Stato-Città (non si tratta della nota Conferenza Stato-Regioni ma, in questo caso, della Conferenza Stato-Autonomie locali).

 

In un paese normale sarebbe bastata un circolare ministeriale ed avremmo dato soluzione a questo problema dieci anni fa. Bene dunque la legge! Ma è possibile pensare che per ogni applicazione si debba modificare la legge? Il problema è semplice, eppure di difficile soluzione in quanto non abbiamo nessun organismo che può emettere una siffatta circolare in tempi brevi. Siamo in presenza di una legislazione concorrente tra stato e regioni, si sono costruiti 21 sistemi regionali e, allo stesso tempo, circa 100 ASL intervengono per definire gli orientamenti di salute e sicurezza. La legge prevede lo strumento dell’interpello che, però, non ha poteri organizzativi ed amministrativi, ma solo di dare risposte alla norma.

 

Quale lezione trarre per non fermare il progresso e le nuove tecnologie che riguarderanno anche la formazione?

 

Che il nuovo accordo Stato - Regioni sia semplice e coerente nella sua applicazione e non dia origine ad altre 20 deliberazioni regionali di recepimento che ne modifichino le indicazioni come, purtroppo, è stato fatto per i precedenti.

 

Questa volta la burocrazia di carte, moduli e adempimenti formali non dovrà costituire la base dell’Accordo. La legge 215/21 fissa un termine perentorio del 30 giugno 2022 entro cui deve essere adottato un nuovo Accordo Stato – Regioni.

 

La legge traccia le indicazioni di questo Accordo che deve:

 

  1. Accorpare gli attuali Accordi

A tutt’oggi sono operanti ben 6 Accordi.

  • Accordo 7 luglio 2016: durata e contenuti minimi dei percorsi formativi per Responsabili ed Addetti dei Servizi di Prevenzione e Protezione (che tra l’altro contengono numerose modifiche ad accordi precedenti);
  • Accordo 22 febbraio 2012: formazione per i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature;
  • Accordo 25 luglio 2012: adeguamento e linee applicative dell’Accordo del 21 dicembre 2011;
  • Accordo 21 dicembre 2011: la formazione dei lavoratori, dirigenti e preposti;
  • Accordo 21 dicembre 2011: la formazione dei datori di lavoro per lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e di protezione;
  • Accordo 26 gennaio 2006: lavoratori addetti ai lavori in quota (pubblicato come allegato XXI del D.lgs. 81/08).

 

Si tratta, nella sostanza, di abolire gli attuali sei differenti Accordi sostituendoli con uno unico, che ne unifichi gli aspetti generali e ne definisca solo la specificità. A dire il vero, per fare ciò non serviva una legge e l’iniziativa poteva essere assunta dalla stessa Conferenza. In modo particolare, le Regioni stesse potevano promuovere tale processo, ma abbiamo assistito per lungo tempo all’assenza delle Regioni che, auspichiamo, possano riprendere l’attività con autorevolezza focalizzandosi sulla sostanza delle cose da fare più che sugli aspetti formali.

 

  1. Rivedere e modificare gli attuali Accordi

Il legislatore indica alla Conferenza che gli attuali Accordi non devono solo essere accorpati, ma devono essere rivisti e modificati. Quindi, non si tratta di una mera e semplice organizzazione degli Accordi attuali ma, sulla base delle esperienze bisognerà provvedere anche alla loro modifica.

 

  1. Individuare la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro

Si tratta di una questione fondamentale, da decenni reclamata da tutti i soggetti più responsabili ed attenti al ruolo del datore di lavoro che, speriamo, non si traduca in un semplicistico adempimento formale per il possesso di un pezzo di carta, bensì determini una vera e propria presa di coscienza.

La formazione del vertice aziendale punta a far comprendere a pieno ai datori di lavoro l’importanza della salute e sicurezza come pilastro dell’attività imprenditoriale. È, quindi, questa una delle novità formative più importanti e qualificanti.

Appare naturale che il datore di lavoro debba avere una formazione maggiore, o almeno uguale a quella dei lavoratori. Allo stesso tempo, non è un paradosso, dovranno essere i datori di lavoro delle micro e piccole imprese che svolgono attività con alto rischio a frequentare corsi di formazione più intensivi.

 

  1. Individuare le modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi

Viene riconosciuto quanto alcuni enti formativi seri già effettuano estendendo a tutti i corsi di formazione e di aggiornamento una verifica finale obbligatoria per tutti i partecipanti. È implicito che oltre ad un questionario finale le domande siano formulate con un sistema random. Allo stesso tempo sarà utile indicare l’importanza delle esercitazioni intermedie.

Nella definizione del numero minimo delle ore del corso è importante indicare, non a livello generale, ma per tipologie di corso quanto tempo dedicare alla verifica finale. Nei corsi di breve durata il tempo di formazione sarà compreso nel monte ore del corso mentre nei corsi più lunghi la verifica dovrà essere adeguata al corso aumentandone, quindi, le ore.

 

  1. Individuare le modalità di verifica nei corsi di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro

Si introduce una novità in quanto la verifica finale, nonostante le lacune evidenziate, viene prevista anche per i corsi di aggiornamento.

La periodicità dell’aggiornamento, di norma negli attuali Accordi di durata quinquennale, viene con un esplicito riferimento ai preposti stabilita con una periodicità almeno biennale. Ciò comporterà di conseguenza che tale periodicità sia estendibile per tutti i soggetti previsti dal D.lgs. 81/08.

 

  1. Individuare le modalità di verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa

Si tratta di un aspetto fondamentale in quanto si introduce il termine di verifica e di efficacia che deve essere attuata dopo la formazione all’interno dell’ambiente di lavoro e durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.

Ciò significa che i risultati della formazione si verificano sul campo e non tanto, come da qualcuno ipotizzato, con un questionario con risposte su aspetti normativi o legislativi. La stessa formazione deve cambiare nella previsione di verifiche durante il lavoro, che dovrà essere effettuata dal preposto o dal RSPP e non necessariamente dal docente che ha svolto il corso.

 

La legge 215/22 consente, utilizzando lo strumento dell’Accordo, di esplicitare meglio la tematica dell’addestramento, chiarendo ad esempio la procedura del processo formativo:

  1. Svolgimento dell’informazione al primo ingresso in azienda e ogni qualvolta ciò sia reso necessario, in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi o per cambio di mansione o quando si acquistano nuovi macchinari;
  2. Svolgimento della formazione come previsto dagli Accordi Stato-Regioni;
  3. Svolgimento dell’addestramento, che non rientra nella parte pratica dei corsi di formazione, direttamente in azienda ed utilizzando le attrezzature dell’azienda. Le esercitazioni saranno utili sempre nel contesto dell’addestramento non devono essere confuse con le esercitazioni svolte nell’ambito di un corso.

 

La formazione riguarda inoltre altri soggetti per i quali sono previste delle disposizioni contenute direttamente nel D.lgs. 81/08 e non negli Accordi Stato-Regioni. Si tratta della formazione relativa ai Coordinatori di cantiere, in fase di progettazione ed in fase di esecuzione (CSP/CSE) la cui organizzazione è definita dall’Allegato XIV del D.lgs. 81/08. Trattandosi di una legge è necessaria una modifica alla legge stessa: il legislatore è già intervenuto sulla modalità di svolgimento di tali corsi [1] e la Conferenza Stato-Regioni ne ha modificato alcuni aspetti circa la modalità di svolgimento dei corsi stessi.

Non è chiaro il processo intervenuto in base al quale gli Accordi Stato - Regioni, cui vengono demandati durata, contenuti minimi e modalità della formazione, non siano stati applicati alla formazione dei Coordinatori.

Col senno di poi meglio così! Infatti, l’Allegato XIV risulta semplice e chiaro di immediata applicazione senza bisogno di un apparato formale e barocco di normative che poi, con gli Accordi Stato-Regioni, si sono rilevate differenti da Regione a Regione.

 

Il medesimo ragionamento dovrà essere affrontato nella formazione degli addetti al primo soccorso, che ormai risulta datata al 2003 e, se pur utile per alcuni contenuti di base, non tiene conto dell’evoluzione sia normativa e sia dello sviluppo della tecnologia e del sistema sanitario del Paese.

 

L’art. 46 del D.lgs. 81/08 prevede la formazione degli addetti antincendio: tale formazione veniva definita dal decreto 10 marzo 1998 che è stato abrogato dal Decreto 2 settembre 2021 che entrerà in vigore il 4 ottobre 2022.

Sarà, dunque, utile ed opportuno, nel nuovo Accordo Stato - Regioni, uniformare e coordinare finalità ed anche la terminologia. Si pensi che in tale atto sono definite le modalità di formazione in e-learning (ed è allo studio quella della videoconferenza), mentre nel decreto per la parte relativa alla formazione degli addetti si descrive la formazione anche in modalità FaD (formazione a distanza) di tipo sincrono (?).

 

Vi è poi la formazione dei Rappresentanti dei Lavoratori per la sicurezza, che non è demandata all’Accordo Stato – Regioni, anche se nulla impedisce che si possano dare indicazioni e suggerimenti utili e coordinati con la formazione degli altri soggetti della sicurezza.

 

Bisogna sottolineare che vi sono però due aspetti fondamentali che dovranno costituire la centralità del nuovo Accordo: parliamo dei soggetti formatori e dei docenti [2] che andranno definiti con chiarezza. Per realizzare una buona e seria formazione, quale azione di prevenzione per la salute e la sicurezza del lavoro, non basta stabilire il fatto che serva più formazione e aumentare la cultura della sicurezza: infatti, è indispensabile stabilire chi sono i soggetti formatori e chi può fare il docente.

 

Sarà, quindi, importante un chiarimento sui soggetti formatori “ope legis” e quelli accreditati dalle Regioni cercando di porre fine alla babele attuale, che non consente di distinguere tra i soggetti seri ed i furbastri.

 

Su questo aspetto, l’Accordo Stato - Regioni non puoi limitarsi a rivedere gli attuali 6 accordi, ma dovrà sia procedere ad una semplificazione e dare una chiarezza tra chi opera a livello nazionale e coloro che operano a livello regionale. Sebbene vi sia già un Accordo sull’accreditamento, di fatto, vi sono 20 differenti modalità, tanto che in alcune Regioni le aziende private non si possono accreditare, mentre alcune obbligano alla certificazione di qualità ed in altre vi deve essere l’organismo di vigilanza 231. Una cosa è chiara ed è che in nessuna deliberazione regionale viene chiesto qualcosa che riguardi la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che ha proprie specificità e non può essere ricondotta alla gestione della formazione professionale regionale. Collegato a tutto ciò vi è il tema dei controlli e delle sanzioni che, per uniformità, potrebbero essere affidati all’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

 

Allo stesso tempo, gli attuali criteri per svolgere il ruolo di formatore sono semplicistici e blandi, senza esami finali, né verifiche e senza neppure essere soggetti a controllo.

 

La medesima Commissione ex art. 6 del D.lgs. 81/08 ha già i poteri per modificare il precedente decreto sulla base delle esperienze maturate nel tempo e coinvolgendo o, almeno, ascoltando, gli operatori che in questi anni hanno svolto corsi di formazione per i formatori.

 

Questa volta non serve un Accordo rivisto, ma un Accordo nuovo, che oltre ai nuovi obblighi legislativi e normativi, tenga conto dell’esperienza sviluppata e ne faccia tesoro per fare, come diceva un vecchio slogan, “meno carta e più sicurezza”.

 

Rocco Vitale

Presidente Aifos

 

(Il presente articolo è stato scritto dall’autore per la pubblicazione originale sulla rivista Quaderni della Sicurezza AiFOS, Punto Sicuro è stato autorizzato all’anticipazione dei contenuti)

 

  

Segnaliamo inoltre che questo tema verrà trattato nel webinar gratuito “ Prevenzione e formazione. Riflessioni per la sicurezza in attesa del nuovo Accordo Stato-Regioni” che si terrà il 31 marzo 2022 dalle 14.30 - 17.00.



[1] Il D.lgs. 14 settembre 2015, n. 151 all’art. 20, comma 1, lettera o) ha previsto che “i corsi di cui all’allegato XIV, solo per il modello giuridico (28 ore)  e i corsi di aggiornamento possono svolgersi  in modalità e-learning nel rispetto di quanto previsto dall’allegato 1 dell’Accordo Stato - Regioni del 21 dicembre 2011 emanato per la formazione dei lavoratori ai sensi dell’art. 37, comma 2” Questo allegato è stato sostituito nell’Accordo del 7 luglio 2016: Il medesimo Accordo ha modificato l’Allegato XIV cancellando le ultime righe del medesimo allegato che prevedeva la possibilità che l’aggiornamento potesse anche essere svolto attraverso la partecipazione a convegni o seminari con un numero massimo di 100 partecipanti. L’Accordo del 7 luglio 2016 ha previsto una apposita modifica uniformando le modalità circa la validità delle ore relative a convegni e seminari.

[2] I criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e la sicurezza sul lavoro sono contenuti nel D.I. 6 marzo 2013 entrato in vigore il 18 marzo 2014. Dopo un anno di entrata in vigore del decreto la Commissione doveva valutarne l’applicazione e proporre eventuali proposte migliorative.





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Rispondi Autore: Gianni Soffritti - likes: 0
23/03/2022 (11:21:32)
buongiorno, per mia esperienza trentennale (RSPP e docente) la formazione è utile se erogata in presenza, senza il contatto diretto coi discenti la possibilità di replica o quesiti pertinenti la propria mansione mancano; altresì non si fanno controlli diretti su impianti, macchine, attrezzi (il registro controlli periodici alcuni non sanno nemmeno cos'è), l'RSPP spesso non si vede in azienda mentre la parte formale è la sola che risulta normalmente in regola; questa è la concorrenza con cui confrontarsi tutti i giorni, purtroppo
Rispondi Autore: Fabrizio - likes: 1
23/03/2022 (12:07:49)
Condivido quanto scritto nell'articolo e pongo alcuni ulteriori problemi: i docenti delle attrezzature, per la parte pratica dovrebbero avere una formazione non legata ai generici "3 anni", ma ad un affiancamento dimostrabile con un docente per almeno X ore di corso. Un chiarimento sempre per la parte pratica servirebbe anche sul numero di mezzi da impiegare: un docente ogni 6 partecipanti non implica un mezzo ogni 6 partecipanti, col rischio di trovarsi ad esempio un corso per carrelli elevatori di 24 persone, con 4 docenti ed un unico carrello elevatore disponibile. Questo implica che ogni persona può arrivare all'attestato avendo fatto ben 10 minuti di uso effettivo del carrello (dai quali vanno tolti magari pausa caffè, tempi per la firma dei registri, i tempi di salita e discesa dal mezzo, i tempi di pulizia del mezzo nel periodo covid ecc.).
Rispondi Autore: Giovanni Ceccanti - likes: 0
23/03/2022 (13:15:43)
Gentile Dott. Vitale, concordo pienamente con quanto ha scritto. Lavorando quale RSPP in una azienda di 12.000 lavoratori, occupandomi di formazione in materia di sicurezza sul lavoro dal 1990, anche se prediligo la formazione in presenza, non possiamo fare a meno della formazione a distanza anche asincrona. Come tutti gli strumenti, dobbiamo imparare ad usarla al meglio. Durante questi due anni di pandemia la formazione a distanza è stata fondamentale. Però la formazione alla cultura della sicurezza non può limitarsi alle ore di lezione, deve essere l'inzio di un percorso di apprendimento, di consapevolizzazione e responsabilizzazione. C'è sempre molto da lavorare!
Rispondi Autore: Rocco Vitale - likes: 1
23/03/2022 (18:08:47)
grazie per i suggerimenti

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