La Cultura della Sicurezza di un’azienda si può cambiare?
Ogni azienda ha una propria cultura della sicurezza.
In precedenti contributi, chi scrive ha fatto notare che la cultura della sicurezza è chiaramente influenzata dalla cultura organizzativa e cioè da un insieme complesso di modi espliciti e impliciti di fare e modi di pensare dove la cultura della sicurezza è il risultato dell’interazione tra numerosi attori che operano all’interno della struttura organizzativa.
Il cambiamento della cultura della sicurezza di un’azienda non è certo un processo che può essere facilmente guidato in quanto, cambiarla, non è come cambiare un organigramma, un processo di produzione o una attrezzatura di lavoro.
Molte aziende si sono impegnate modificando gradualmente il “terreno organizzativo” da cui nasce la cultura in modo che i vari attori possano, nel tempo, modificare con successo la cultura della sicurezza. Perché ciò avvenga è necessario sia verificare la sussistenza di una serie di prerequisiti che seguire una serie di passaggi.
Innanzi tutto, gli attori dell’organizzazione, piccola o grande che sia, devono essere consapevoli che l’argomento “Cultura della Sicurezza” deve essere affrontata con urgenza. Questo perché il processo di cambiamento richiede un elevato livello di impegno e può essere implementato solo se i principali attori interessati condividono la convinzione che le cose non potranno più andare avanti come prima. Tale consapevolezza può essere originata da vincoli esterni (obblighi di legge da rispettare), tensioni sociali interne, eventi indesiderati, ecc.
Credo sia chiaro alla maggior parte degli addetti ai lavori, almeno quelli che non perdono tempo dietro iniziative definibili come “Fuffa Safety”, che per cambiare la cultura della sicurezza sia necessario attribuire maggiore peso alla sicurezza nel processo decisionale da parte di tutti gli attori. È fondamentale che questa idea sia costantemente presente nel processo decisionale in quanto, l’attribuire una maggiore importanza alla sicurezza non dovrebbe mai significare che le altre priorità dell’azienda deve passare in secondo o terz’ordine nei processi decisionali. Quindi è necessario che tali priorità siano chiaramente identificate.
Deve essere ben chiaro che un cambiamento significativo della cultura della sicurezza di un’organizzazione non si ottiene in pochi mesi. Per un cambiamento significativo dobbiamo parlare almeno di 2 o 3 anni e, quindi, i vertici aziendali devono essere ben consci di dover sostenere un impegno a lungo termine.
I vertici aziendali devono essere anche consapevoli che essi da soli non possono decidere un cambiamento culturale e realizzarlo in autonomia grazie al ruolo ricoperto. Sono le interazioni tra attori che forgiano la cultura organizzativa e ne influenzano l’evoluzione e, pertanto, devono essere coinvolti nella valutazione della situazione attuale, nel riconoscere la necessità di cambiamento, nell’identificazione gli obiettivi e nell'attuazione del processo.
Altro concetto da ribadire è che non è possibile cambiare direttamente la cultura della sicurezza. Ogni iniziativa deve mirare a cambiare il “terreno organizzativo” da cui essa nasce e cioè:
- le caratteristiche della struttura organizzativa (organigramma, regole, procedure, ecc.);
- i processi decisionali (durante la progettazione, l’organizzazione e l’esecuzione del lavoro);
- le caratteristiche tecniche dei luoghi e posti di lavoro (una cultura della sicurezza non può essere migliorata se i sottosistemi tecnici sono difettosi);
- la comunicazione interna ed esterna;
- le pratiche manageriali (presenza in prima linea, sanzioni, ecc.);
- le tipologie di vincoli temporali;
- lo stile delle interazioni sociali;
- i processi di reclutamento, formazione e accreditamento;
- i criteri per la valutazione della performance dei vari attori, ecc.
Un processo di cambiamento della cultura della sicurezza, inoltre, deve essere sostenuto da una visione condivisa dei punti di forza e di debolezza della situazione attuale e dall’accordo sulle azioni da attuare da parte degli attori coinvolti.
Estremamente importante è comprendere che per un cambiamento della cultura della sicurezza non si può ricorrere a modelli costruiti “a tavolino” o importati da altre realtà solo perché lì il modello ha avuto successo. Una cultura della sicurezza non è come il famoso “amalgama” che, un presidente di una squadra di calcio sicula negli anni ’60, voleva acquistare comprandolo sul mercato. Si tratta di qualcosa che non può essere acquistata da un fornitore ma vive all’interno di ogni azienda o reparto con i suoi punti di forza e di debolezza. Ecco perché è importante identificare il livello esistente e definire le azioni da attuare a breve, medio e lungo termine, magari confrontandosi con altre aziende, non per adottare le loro soluzioni, ma per avere informazioni e anticipare i problemi che potrebbero sorgere.
Sebbene il processo di cambiamento della cultura della sicurezza debba mirare a obiettivi chiaramente identificati (non certo obiettivi non S.M.A.R.T. come il classico “zero infortuni”), non si può certo presumere che la configurazione organizzativa si possa progettare “a tavolino” e costruire, fase per fase, un risultato che coincida con quello previsto all’inizio. Infatti, il contesto organizzativo è in continuo cambiamento e ciò originerà pressioni, resistenze al cambiamento, ecc. Un corretto approccio dovrà mirare all’individuazione di tutte quelle barriere e situazioni in grado di ostacolare il cambiamento in corso in modo da tenere la “barra dritta” nei confronti degli obiettivi fissati attuando tutti gli interventi correttivi necessari per mantenere la rotta.
In un processo di cambiamento della cultura della sicurezza di un’azienda è fondamentale il supporto costante delle posizioni apicali in quanto:
- è il comportamento dei “capi” che maggiormente influenza quello degli altri attori;
- la sicurezza sul lavoro è il risultato di sottili interazioni tra la sicurezza basata sulle regole, anticipata dall’organizzazione e la sicurezza gestita, come parte delle pratiche di lavoro di individui e gruppi.
Quindi se le posizioni apicali dell’azienda volessero dimostrare chiaramente il loro impegno, dovrebbero:
- riconoscere che non sono in possesso di “tutta la conoscenza disponibile” e che esistono diverse forme di conoscenza ed esperienza;
- considerare il costo umano di alcune pratiche richieste agli operatori;
- dare evidenza della modifica del proprio comportamento organizzativo;
- assegnare le risorse necessarie per garantire il successo del processo di cambiamento.
Un altro fattore importante della cultura della sicurezza è il livello di fiducia che i diversi attori ripongono nei rispettivi impegni in materia di sicurezza e tutela della salute. La fiducia è la convinzione che non ci saranno brutte sorprese ed è focalizzata sul futuro ma basata sulle conoscenze esperenziali. Fermo restando che la fiducia non elimina le differenze di ruoli e di interessi, essa trasmette chiaramente il messaggio che gli impegni verranno mantenuti provocando l’adeguamento dei comportamenti dei vari attori.
Come già detto prima, non c’è nessuna organizzazione che possa pensare di uscire indenne da cambiamenti radicali. Questo vale anche per i cambiamenti inerenti la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Pertanto, è necessario valutare quali erano gli aspetti positivi della precedente situazione che assicuravano un discreto livello di sicurezza e partire da questi. Si tratta, quindi, di attingere ai punti di forza della situazione precedente, integrarsi nel modo più naturale possibile con ciò che già esiste, rispettare il “modus operandi” dei vari attori e mostrare l’importanza del contributo di tutti.
Se da una parte il personale deve rendersi conto che lo sviluppo dell’organizzazione è a rischio se non si cambia, dall’altra l’azienda deve operare in modo tale da far sì che esso non si senta minacciato dal cambiamento attivato.
Infine, va evidenziato che una delle maggiori difficoltà di un processo di cambiamento della cultura della sicurezza è l’importanza dei presupposti impliciti che sono condivisi all’interno dell’organizzazione e che hanno una profonda influenza sui comportamenti pur non essendo formalmente descritti da nessuna parte. Quindi, quando un’azienda decide di cambiare la propria cultura della sicurezza, è consigliabile avvalersi anche del punto di vista di soggetti esterni che, dopo aver analizzato le particolarità dell’organizzazione, supportino l’intera attività in atto.
Passando, adesso, ad esaminare il processo di cambiamento, esso può essere articolato in sei distinte fasi.
Riconoscere il bisogno di un cambiamento
La prima fase, anche se può sembrare banale, è quella relativa alla necessità, da parte dell’organizzazione, di riconoscere il bisogno di un cambiamento. La consapevolezza iniziale della necessità di un cambiamento può essere la conseguenza di:
- eventi indesiderati (un grave infortunio, conflittualità sindacale, ecc.);
- pressione esterna esercitata dal legislatore;
- audit di prima, seconda o terza parte che producono risultati inattesi;
- un cambio dei vertici aziendali dove il nuovo “capo” è molto sensibile al tema “salute e sicurezza”, ecc.
Pertanto, prima di avviare un processo di cambiamento concentrandosi sulle “soluzioni”, è importante analizzare i punti di forza e di debolezza dell’attuale organizzazione evidenziati dalla valutazione. Ciò è necessario sia per evitare di “buttare il bambino con l’acqua sporca” che per evitare di sottovalutare le attuali debolezze possono impedire o ostacolare l’avvio del processo di cambiamento.
Condivisione dei punti di forza e di debolezza dell'organizzazione
La seconda fase riguarda la condivisione dei punti di forza e di debolezza dell'attuale organizzazione. Ciò si deve tradurre in una approfondita discussione riguardo l’attuale cultura della sicurezza in modo da giungere ad elaborare una diagnosi condivisa e porre le basi per un accordo sulla necessità di introdurre il cambiamento. Naturalmente, in questa discussione devono essere coinvolti tutti gli attori a cominciare dai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza fino ai rappresentanti di eventuali imprese appaltatrici operanti con continuità all’interno dell’azienda.
Analisi approfondita
La terza fase è quella dedicata ad un’analisi approfondita il cui obiettivo è identificare i punti di forza dell’attuale cultura della sicurezza dell’organizzazione e le caratteristiche organizzative che più influenzano negativamente la gestione della salute e sicurezza sul lavoro. Per questo motivo, va invece evitato di avere una valutazione che, individuando diversi punti problematici, proponga un piano di azioni correttive articolato in numerosi item in quanto, come l’esperienza insegna, con il passar del tempo, sia per mancanza di coerenza che di un efficace supporto, tali azioni finiscono in nulla.
Per questo motivo, trattandosi di un processo di cambiamento che necessita di tempi lunghi bisogna concentrarsi solo sui punti essenziali indirizzando su di essi gli sforzi per il cambiamento.
Definizione del programma
La quarta fase riguarda la definizione del programma. Visto che l’attuale situazione della cultura della sicurezza è stata valutata come insoddisfacente, allora è indubbio che è nell’organizzazione che vanno ricercate le cause e, in particolare, nei comportamenti organizzativi delle figure apicali. Non ci si può certo aspettare di cambiare la cultura della sicurezza dell’organizzazione se non prima si cambia il contesto in cui la stessa si è sviluppata.
Per definire un programma vanno individuate le azioni da mettere in atto per modificare ciò che, nell’organizzazione, è radicato e che ostacola il cambiamento creando delle barriere verso tutte le iniziative atte a promuovere la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Chi scrive ha avuto modo di verificare che, alcune volte, le aziende, pur animate dalle buone intenzioni riguardo il cambiamento della cultura della sicurezza, commettono alcuni errori che possono ostacolare il processo di crescita culturale.
Infatti, è capitato di dover prendere atto che l’azienda nel processo di cambiamento aveva:
- “glissato” su alcuni aspetti in quanto percepiti come azioni in grado di mettere a rischio gli obiettivi produttivi (criteri di valutazione delle prestazioni dei manager);
- incaricato manager che, per formazione e background professionale, non erano in grado di confrontarsi adeguatamente su aspetti tecnico-operativi;
- richiesto ai manager un eccessivo impegno “in back office” per adempimenti formali all’interno del processo di cambiamento;
- ecc., ecc.
In conclusione, chi elabora il programma deve condividerlo con i diversi attori ed accettare eventuali obiezioni e contributi da parte di coloro che operano sul campo. Questa attività permetterà di elaborare un programma realistico, condiviso e centrato sui punti più importanti ai fini del cambiamento.
Tempi di attuazione
La quinta fase è centrata sull’attribuzione dei tempi di attuazione delle varie azioni definite nel programma.
Alcune azioni possono essere messe in atto e concluse in tempi rapidi in modo da dimostrare che il processo di cambiamento positivo è iniziato; un tipico esempio è costituito dagli interventi migliorativi su luoghi e attrezzature di lavoro. Accanto a queste ci sono una serie di azioni sostanziali, tra cui l’integrazione di fattori umani e organizzativi che, pur potendo essere attivate in tempi rapidi, richiedono fasi diverse e producono effetti gradualmente. Da non dimenticare una serie di azioni concrete volte a rafforzare i punti di forza dell'azienda al fine di mantenere o sviluppare le pratiche che già garantiscono un buon livello di sicurezza. Infine, ci sono anche le azioni che hanno come obiettivo quello di definire una corretta e bilanciata percezione del contesto ambientale in modo da correggere “visioni” distorte della realtà aziendale. Si tratta, come detto prima, di azioni che richiedono tempi diversi ma è importante che il programma definito sia in grado di combinare i diversi tempi di attuazione in modo che il processo di cambiamento sia visibile a breve e a lungo termine.
Gestione del programma
Infine, la sesta fase è centrata sulla gestione del programma. L’azienda dovrebbe gestire l'implementazione del programma di trasformazione organizzativa come se fosse un investimento tecnico dove è manifesta la volontà “politica” di svilupparlo e di raggiungere gli obiettivi di cambiamento fissati. L’attuazione delle azioni definite nel programma deve essere:
- pianificata;
- dettagliata operativamente;
- supportata a tutti i livelli;
- adattata alle mutevoli condizioni ambientali;
- comunicata efficacemente;
- monitorata;
- valutata.
Riguardo la comunicazione è necessario:
- scegliere un linguaggio adattato al pubblico che si ha davanti;
- rendere noti periodicamente i cambiamenti avvenuti confrontandoli con gli obiettivi fissati;
- dare un riconoscimento agli attori che hanno contribuito al processo di cambiamento;
- utilizzare le testimonianze degli attori per presentare gli effetti concreti del cambiamento in atto;
- condividere le difficoltà incontrate e come le stesse sono state identificate, analizzate e affrontate;
- rendere note le fasi successive da affrontare per il processo di cambiamento chiedendo agli attori di continuare a fornire il loro supporto.
In questa fase devono essere previsti appositi report sui progressi avvenuti in modo da discuterli con i vertici aziendali.
Da non dimenticare, infine, che qualsiasi infortunio che si verifica, nonostante gli sforzi intrapresi, può mettere a rischio il processo avviato. Pertanto, per sostenere lo sviluppo della cultura della sicurezza, è essenziale analizzare l’evento e risalire alle cause prime dello stesso in modo da individuare le azioni che ne impediscano il ripetersi allineandole alle altre azioni riguardanti il processo di cambiamento in atto.
Attuando il processo di cambiamento della cultura della sicurezza soddisfacendo i citati prerequisiti e sviluppandolo attraverso le fasi elencate si otterranno delle trasformazioni significative. Probabilmente non saranno cambiamenti perfettamente rispondenti a quanto originariamente previsto ma certamente andranno nella direzione giusta.
Opportuno risulterà effettuare una nuova valutazione del livello di cultura della sicurezza raggiunto in modo da misurare i progressi avvenuti ma anche individuare eventuali nuovi problemi manifestatisi nel tempo in modo da affrontarli definendo nuovi obiettivi con le relative priorità.
Carmelo G. Catanoso
Ingegnere Consulente di Direzione
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Rispondi Autore: Roberto Gentilini - likes: 0 | 19/07/2024 (10:41:08) |
Ciao Carmelo, ottimo contributo. Riferendomi alla tua prima e seconda fase, una cosa opportuna che può/deve essere fatta è valutare con grande attenzione, come tu stesso suggerisci, il punto di partenza. Chi vuole provare a generare un cambiamento ha un suo punto di vista sulla cultura organizzativa e della sicurezza che può essere parziale, influenzato da pregiudizi cognitivi o addirittura errato. Per questo motivo normalmente si utilizzano strumenti di analisi di clima (Safety Perception Survey) che sono ancora poco diffusi in Italia ma molto comuni in altri paesi anglosassoni. Ne esistono diversi a pagamento ma ne esiste almeno uno gratuito e accessibile a tutti: il NOSACQ-50 scandinavo, peraltro disponibile anche in italiano (purtroppo non posso inserire il link qui ma è il primo risultato googlando "nosacq-50") . Una raccomandazione però: mai proporre un questionario del genere se non c'è una reale volontà condivisa anche dei vertici aziendali di intervenire sui punti di debolezza che emergono per effetto di tale questionario. |