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Smart working e rischio rumore: uffici, coworking e abitazioni

Smart working e rischio rumore: uffici, coworking e abitazioni
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Coronavirus-Covid19

28/04/2022

Le linee di indirizzo CNI sulla gestione dei rischi nelle attività in smart working si sofferma in particolare sul rischio rumore. La rumorosità negli uffici, nelle attività in coworking e nelle abitazioni. Raccomandazioni e compiti dell’azienda.

Roma, 28 Apr – Come ricordato nell’intervista “ Smart working: come gestire la valutazione dei rischi e la formazione?”, pubblicata nei mesi scorsi, anche nelle attività in smart working al datore di lavoro è richiesta la verifica della conformità dell’ambiente di lavoro dei lavoratori a distanza, ma essendo praticamente impossibile, almeno per quanto concerne i lavoratori agili, verificare tutti i possibili ambienti lavorativi indoor o outdoor è utile ricorrere a strumenti di autocontrollo con ausilio di check list compilate dal lavoratore stesso.

 

Ma quali possono essere i rischi da analizzare e valutare? E come comportarsi per le attività che avvengono in coworking?

 

Per rispondere a questa domanda abbiamo già iniziato a presentare nei mesi scorsi il documento CNILinee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smart working”, curato dall’Ing. Gaetano Fede (Consigliere CNI coordinatore GdL Sicurezza), dall’Ing. Stefano Bergagnin (GdL Sicurezza CNI) e del Gruppo Tematico Temporaneo “Smart working e lavori in solitudine”.

Il documento CNI si sofferma in particolare sui seguenti rischi:

  • rischio ergonomico;
  • rischio elettrico;
  • rischio rumore;
  • rischio da sostanze;
  • rischio incendio;
  • rischio sindrome da visione al computer;
  • rischio da campi elettromagnetici;
  • rischi psicosociali;
  • rischio stress lavoro correlato;
  • rischi microclimatici.

 

Dopo aver già accennato ai rischi microclimatici ed ergonomici ci soffermiamo oggi sui seguenti argomenti:

 


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Il rischio rumore e gli ambienti d’ufficio

Riguardo al rischio rumore il documento segnala che “sono da considerarsi a norma gli ambienti di lavoro in cui il livello espositivo giornaliero di ciascun lavoratore non sia superiore agli 80 dB(A)”.

 

In particolare in un ambiente d’ufficio “le principali cause di rumorosità sono identificabili:

  • nell’eccessivo affollamento;
  • nel sovrapporsi di conversazioni ad elevato volume;
  • nell’uso in contemporanea di cellulari, telefoni e apparecchiature rumorose;
  • nel funzionamento di impianti (impianti di condizionamento ecc.)”.

E se la rumorosità degli uffici “normalmente non compromette le capacità uditive, potrebbe tuttavia comportare in alcuni soggetti una condizione di stanchezza mentale e altre conseguenze simili non strettamente collegate all’udito. Tali effetti possono derivare da livelli di circa 70 o più dB(A) e tradursi, in soggetti sensibili, in sbalzi della pressione arteriosa, sviluppo della gastrite e riduzione della vista”.

 

Si indica poi che particolare attenzione è da porre negli uffici open space “dove sempre più lavoratori nel corso degli ultimi anni si lamentano che il livello sonoro sia elevato e per molti di loro questo rappresenta un fastidio”.

 

Si indica che in ambienti rumorosi, “il benessere dei dipendenti può subire attacchi su fronti diversi:

  • affaticamento uditivo dopo una giornata di 8 ore;
  • stress comunicativo;
  • irritazione legata al rumore del telefono dei colleghi;
  • difficoltà di concentrazione durante le conversazioni secondarie”.

E tutti questi elementi “influiscono sulla qualità della vita sul lavoro dei lavoratori, ma anche sulla loro produttività”.

 

La prevenzione e le attività in coworking

Si indica che “negli open space, così come negli altri settori, la prima misura da attuare è ridurre il rumore alla fonte. La mancanza di un’idonea progettazione all’interno di questi spazi compromette la capacità di concentrazione e la possibilità di comunicazione dei suoi fruitori”.

Studi dimostrano che “l’assenza di un’adeguata progettazione acustica ha come diretta conseguenza l’impossibilità o la ridotta capacità di svolgimento del proprio lavoro nel caso in cui questo richieda una profonda concentrazione, quindi la perdita di produttività”.

 

 

In particolare si segnalano alcune raccomandazioni di carattere generale “contenute negli standard di riferimento e adattabili a diversi contesti lavorativi, tra cui in particolare il coworking”:

  • “Per gli uffici dovrebbero essere previste delle sale meeting (consigliabile da 1 a 3 ogni 15 postazioni di lavoro) che, se direttamente connesse all’open space, devono essere adeguatamente isolate prestando molta attenzione sia alla chiusura che alle prestazioni degli elementi divisori;
  • Studiare le soluzioni acustiche più opportune (collocazione delle sorgenti di rumore – impianti, attrezzature e macchinari - fonoassorbimento, isolamento acustico, attenuazione, riverberazione) tenute anche conto le indicazioni in materia di sicurezza dei lavoratori;
  • È necessario predisporre un layout preliminare delle attrezzature o degli impianti a seconda della loro interazione nell’ambiente anche in base ai livelli di emissione sonora;
  • La progettazione impiantistica (in particolare quella meccanica e idraulica) rivestirà un ruolo molto importante e dovrà essere adeguatamente controllata al fine di limitare l’introduzione di ulteriori sorgenti non desiderate;
  • È preferibile utilizzare elementi con doppia funzione isolamento/fonoassorbimento. Per le sedute, a seconda del tipo di finitura a pavimento, è preferibile l’impiego di elementi in feltro o gomma per ridurre i classici rumori di trascinamento.
  • Preferire superfici in grado di ridurre il rumore derivante dallo spostamento di sedie e passi.
  • L’implementazione di sistemi fonoassorbenti a parete può essere utile per ridurre i fenomeni di riflessione tra pareti parallele e, come per i controsoffitti, contribuisce alla riduzione del tempo di riverberazione. Le pareti ovviamente devono inoltre garantire un adeguato isolamento verso l’ambiente esterno e/o gli ambienti confinanti.
  • Il controsoffitto rappresenta la superficie più grande e omogenea su cui intervenire e pertanto è opportuno privilegiare controsoffitti con alto coefficiente di fonoassorbimento”.

 

In considerazione di quanto indicato se lo smart working viene previsto in ambienti di tipologia coworking, comuni tra più lavoratori e spesso anche tra più aziende, “è necessario che l’azienda prima di scegliere i locali in cui trasferire i propri lavoratori in modalità di lavoro agile, coinvolga il proprio Servizio Prevenzione e Protezione per una valutazione delle caratteristiche acustiche al fine di garantire condizioni di lavoro ottimali, come ad esempio quelle sopra elencate. Il rapporto contrattuale tra azienda e fornitore dello spazio di coworking è necessario, pertanto, che passi in primo luogo attraverso una verifica preventiva del RSPP, evitando così di incorrere tardivamente in problemi connessi ad un’acustica di pessima qualità”.

 

Il rischio rumore e il lavoro presso l’abitazione

Diverso è invece il caso del lavoratore che, operando in modalità smart working, “non venga fornito di possibilità di svolgere il proprio lavoro in un locale di coworking preventivamente analizzato, ma gli venga concessa una libertà totale non soltanto nella scelta degli orari di lavoro ma anche nella scelta dei luoghi in cui operare”. In questi casi spesso il lavoratore agile, come ricordato anche in altri articoli, “opera presso la sua abitazione” e spetterà a lui “adoperarsi per limitare il più possibile le interferenze e i disturbi la cui sorgente deriva da attività e impianti casalinghi”.

 

Ad esempio – continua il documento del CNI - è opportuno “evitare orari in cui vi sia la costante presenza di bambini nella stessa stanza, orari in cui gli apparecchi della cucina o della lavanderia (soprattutto se nello stesso ambiente o attigue ad esso) possano contribuire ad aumentare il livello di rumorosità o a renderlo fastidioso; oppure se possibile evitare l’uso di stanze che si affacciano su ambienti esterni in cui sono ubicati impianti o attività di notevole impatto acustico”.

 

Come ricordato in alcune recenti interviste anche in questo caso, non essendo possibile per l’azienda effettuare verifiche preventive affinché le criticità evidenziate siano eliminabili preventivamente, “diventa fondamentale informare e formare il lavoratore verso una sensibilizzazione del problema, in modo tale che egli si attivi per cercare di limitare impatti che possono essere dannosi per la rumorosità che comporterebbero”.

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento CNI che riporta ulteriori indicazioni e si sofferma anche sulle informazioni di base relative al fenomeno sonoro e al rischio rumore.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Consiglio Nazionale degli Ingegneri, “Linee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smart working”, a cura dell’Ing. Gaetano Fede (Consigliere CNI coordinatore GdL Sicurezza), dell’Ing. Stefano Bergagnin (GdL Sicurezza CNI) e del Gruppo Tematico Temporaneo “Smart working e lavori in solitudine” del CNI, versione maggio 2021.

 

 

Scarica la normativa di riferimento:

Legge 22 maggio 2017, n. 81 - Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.

 

 

 

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