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Qual è il profilo del lavoratore contagiato dal virus SARS-CoV-2?

Qual è il profilo del lavoratore contagiato dal virus SARS-CoV-2?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Coronavirus-Covid19

13/05/2022

Una scheda informativa traccia un identikit del lavoratore per il quale è stata inoltrata denuncia di infortunio da COVID-19 o da sospetta COVID-19. La raccolta delle schede, l’importanza del profilo, i settori lavorativi, i DPI, e la sintomatologia.

Roma, 13 Mag – Con riferimento alla pandemia da COVID-19 e al ruolo attribuito all’ Inail, in questi anni l’Istituto ha “partecipato attivamente alla lotta nazionale contro il Sars-Cov-2”.

 

E in questa lotta nazionale per fornire alle sedi Inail “uno strumento di supporto finalizzato alla raccolta strutturata delle informazioni necessarie”, la Sovrintendenza Sanitaria Centrale, con la collaborazione dei professionisti sanitari del territorio del gruppo di lavoro sul nuovo Coronavirus, ha elaborato una “scheda finalizzata a tracciare un identikit del lavoratore per il quale è stata inoltrata denuncia di infortunio da COVID-19 o da sospetta COVID-19”.

 

In questi termini viene presentata – attraverso un Fact sheet della Sovrintendenza Sanitaria – la nuova “Scheda Identikit Nuovo Coronavirus”, una panoramica unica dei dati nazionali sui lavoratori infortunati tutelati dall’Inail.

 

 

Per creare questo identikit del lavoratore infortunato Covid-19, il personale sanitario in servizio nelle strutture Inail ha somministrato su tutto il territorio nazionale - dall'inizio della pandemia fino al 31 dicembre 2021, 72483 fogli identikit ai lavoratori che hanno acconsentito a partecipare (il 40,69% del totale dei lavoratori contagiati).

 

Ci soffermiamo oggi su alcuni dati e sulle conclusioni dell’analisi che rappresenta uno studio molto importante in relazione al rapporto tra COVID-19 e la popolazione attiva:

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Nuovo Coronavirus: l’importanza del profilo del contagiato

Perché è importante avere un profilo del lavoratore contagiato dal virus SARS-CoV-2?

 

Il documento indica che le finalità della scheda Identikit Nuovo Coronavirus “possono essere riassunte nei seguenti punti focali:

  • Assistenza: sostegno ai lavoratori infortunati da COVID-19, cogliendone i bisogni assistenziali;
  • Risk management, per la qualità e l’omogeneità della prestazione: lo strumento, utile per l’istruttoria medico-legale del caso, rappresenta una check list strutturata con una serie di reminder;
  • Statistico-epidemiologica: la scheda consente di pervenire ad una rilevazione epidemiologica distribuita su tutto il territorio nazionale, con attenzione massima agli aspetti lavorativi e allo stato anteriore, ai sintomi riferiti, ai postumi e alla durata della inabilità temporanea assoluta;
  • Telemedicina: modalità sperimentale di lavoro agile per il personale sanitario, riempiendo spazi operativi di funzionalità con attività “non in presenza”;
  • Prevenzione: acquisizione di informazioni utili sull’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (DPI) e di altre misure personalizzate di natura prevenzionale”.

 

Inoltre la scheda nasce comunque dall’esigenza di “tracciare un preciso Identikit del lavoratore che ha contratto la malattia COVID-19”, con riferimento a “sesso, età, mezzo di trasporto utilizzato per gli spostamenti lavorativi, luogo di lavoro e attività svolta, utilizzo di dispositivi di protezione individuale, dato epidemiologico familiare e aziendale, sintomatologia riferita, accesso in Ospedale, modalità di conferma diagnostica, durata media del periodo di inabilità temporanea assoluta”.

 

 

Nuovo Coronavirus: settore lavorativo, DPI e sintomatologia

Nell’analisi dei dati si indica che rispetto al settore lavorativo “si è registrata una netta prevalenza in quello sanitario con 59664 schede (83,2%) seguito, tra le categorie professionali a rischio elevato, dagli operatori non sanitari operanti in strutture sanitarie con 4856 schede (7,76%)”. 

I dati relativi alle altre categorie professionali, non comprese tra quelle ad elevato rischio, hanno portato ad “evidenziare come la categoria più colpita sia stata quella degli impiegati con 5913 casi pari al 43,42% della specifica categoria, seguiti con ampio margine dagli operai con 2351 casi pari al 17,26%. Una vasta porzione dei casi, pari a 3608 (26,49%) sono stati registrati come ‘altro’, contenitore all’interno del quale ricadono altre tipologie di categorie professionali”.

 

Rispetto ai dispositivi di protezione individuale, le interviste “hanno portato alla luce che il 38,04% dei soggetti utilizzava mascherina di tipo chirurgico; nel 28,79% è stato riferito utilizzo di mascherine FFP2 e nell’1,88% dei casi utilizzo di mascherine FFP3. È stato riportato, inoltre, l’utilizzo alternativo di diverse mascherine: in particolare, il 25,43% degli intervistati ha riferito di aver indossato mascherina chirurgica e FFP2”.

 

Riguardo poi al dato epidemiologico familiare, dalle schede “è stato rilevato che nel 63% dei casi non erano presenti altri contagi, mentre erano presenti nel 34%; ove presenti, nel 69% dei casi veniva riferito che il contagio del familiare era avvenuto successivamente a quello dell’infortunato, mentre solo nel 13% dei casi veniva riferito il contagio familiare precedente”.

Riguardo, invece, al dato epidemiologico aziendale “in un’elevata percentuale di schede compilate (85%) venivano segnalati altri contagi sul posto di lavoro. Nel 50% dei casi veniva riferito un contagio precedente a quello dell’infortunato e solo nel 12% dei casi in epoca successiva”. Riguardo poi alle attività lavorative “in cui è prevista sul posto di lavoro la presenza di “utenti/ospiti”, il dato riferito ha evidenziato un 57% di casi avvenuti precedentemente al contagio del lavoratore intervistato e solo un 4% di casi avvenuto successivamente”. Nei restanti casi, come per le precedenti statistiche, “il soggetto non ha saputo rispondere”. 

 

Veniamo alla sintomatologia riferita dai soggetti coinvolti nella somministrazione della scheda.

Riprendiamo il grafico presente nel documento:

 

 

Rispetto poi alla questione relativa alle ospedalizzazioni, “il 20% degli intervistati ha riferito di aver effettuato un accesso in Pronto Soccorso, con successivo ricovero nel 12% dei casi. Dei ricoverati, solo l’1,44% è stato trasferito presso un reparto di terapia intensiva o di rianimazione, rappresentando, rispetto al numero complessivo degli intervistati, lo 0,84%.  Nella quasi totalità dei casi (96%) - in base alle definizioni fornite nelle circolari Ministero della salute n. 31400/2020, n. 705/2021 e n. 5616/2021, nella circolare Inail n. 13/2020 e nella successiva Raccomandazione della Ssc Inail n. 5/2020, nonché nel rapporto ad interim Iss-Istat-Inail n. 10/2021 - la conferma diagnostica di infezione da SARS-CoV-2 è stata effettuata tramite Test, con netta prevalenza rispetto alla conferma diagnostica su base clinico-strumentale e epidemiologica”.

 

Nuovo Coronavirus: l’identikit del paziente COVID-19

Nelle conclusioni del factsheet si ricorda che, in relazione al ruolo dell’Inail, il contagio sul lavoro da SARS-CoV-2 “è stato tutelato come infortunio professionale”.

 

Si sottolinea poi che la scheda è risultata “un valido strumento di risk management; una check-list per omogeneizzare i comportamenti attraverso la raccolta di dati con un’intervista strutturata, migliorando la qualità della prestazione sanitaria”. È stata “uno straordinario mezzo per la raccolta di dati relativi ai pazienti COVID-19, in termini di numerosità dei dati e del campione intervistato, riguardante la popolazione lavorativa, costituendo una piattaforma unica di conoscenze medico-legali del fenomeno”. 

 

In definitiva rinviando a quanto esplicitato per i singoli dati e sulla scorta dei dati raccolti tramite 72483 schede, l’identikit del paziente COVID-19 più frequente è riferibile ad “una donna di 48 anni di età che lavora come infermiera nel reparto di Medicina Interna in ambiente ospedaliero, che ha contratto l’infezione durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, utilizzando dispositivi di protezione individuale, che pure si reca a lavoro utilizzando il mezzo proprio, che vanta un dato epidemiologico familiare negativo ed epidemiologico aziendale positivo (con altri contagi sul posto di lavoro), che non ha eseguito accessi presso il Pronto Soccorso né ospedalizzazione durante l’evoluzione della malattia. La conferma diagnostica del suo contagio è stata ottenuta tramite test molecolare e il suo periodo di assenza dal lavoro (inabilità temporanea assoluta) è stato pari a 29 giorni”.

 

Rimandiamo, infine, alla lettura integrale della scheda che è ricca di grafici/dati (sesso, età, mezzo di trasporto per gli spostamenti, luogo di lavoro, attività, DPI, conferma diagnostica, periodo di inabilità temporanea, …) e che rimanda, in conclusione, alla pubblicazione di un futuro factsheet sui postumi da “Long Covid”.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, Sovrintendenza sanitaria centrale, fact sheet “ Scheda Identikit Nuovo Coronavirus”, overview unica dei dati nazionali sui lavoratori infortunati tutelati dall’Inail, edizione 2022 (Formato PDF, 1.32 MB).

 



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Rispondi Autore: Francesca - likes: 0
13/05/2022 (08:35:23)
Stiamo parlando del niete... come, nel caso, ci si infetta a "casa", ci si infetta a lavoro. Non ci sono studi sulla validità delle mascherine per la protezione da contagio. Non ci sono studi validi sulla trasmissività. Datevi pace.
Rispondi Autore: raffaele scalese - likes: 0
13/05/2022 (09:41:02)
"Non ci sono studi sulla validità delle mascherine per la protezione da contagio. Non ci sono studi validi sulla trasmissività"

E' molto strano che una lettrice di Punto Sicuro (perciò da ritenere una addetta ai lavori o, per lo meno una conoscente delle problematiche inerenti i rischi) non conosca il concetto delle probabilità.
A proposito quante sono le probabilità che la terra sia piatta ???

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