COVID-19 e formazione: mantenere l’equiparazione videoconferenza-aula
Brescia, 29 Set – La formazione alla sicurezza costituisce, come ricordiamo spesso sul nostro giornale, una delle più importanti misure di prevenzione di infortuni e malattie professionali, e di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e lavoratrici.
Tuttavia per rimanere efficace e idonea al mondo del lavoro a cui si applica, anche questa “misura” nel tempo si evolve, si adatta alle nuove richieste normative, ai nuovi strumenti per erogarla, all’evoluzione dei rischi. E dobbiamo chiederci, dopo che l’arrivo del nuovo coronavirus ha scosso dalle fondamenta il mondo del lavoro e noi tutti, come sia cambiata o stia cambiando la formazione con l’emergenza COVID-19.
Una formazione su cui l’emergenza COVID-19 ha inciso profondamente, bloccando per diversi mesi la formazione in presenza, promuovendo quella in remoto, con particolare riferimento alla videoconferenza. E tutto questo attraverso una jungla normativa complicata da interpretare e seguire e costituita da norme emergenziali e regionali in continua modifica e aggiornamento.
Per fare qualche utile riflessione sulla formazione e per fermarci a capire cosa questa emergenza possa insegnarci, intervistiamo oggi il Prof. Rocco Vitale, Presidente dell’Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro ( AiFOS).
Un’intervista che si sofferma sulla posizione assunta dalla Associazione riguardo all’equiparazione videoconferenza/formazione in presenza.
Questa equiparazione dovrebbe e potrebbe permanere nel futuro al di là dell’emergenza COVID-19?
Questi i principali argomenti affrontati nell’articolo:
- L’impatto dell’emergenza COVID-19 sulla sicurezza e sulla formazione
- La videoconferenza e l’equiparazione alla formazione in presenza
- Quali sono le richieste al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali?
L’impatto dell’emergenza COVID-19 sulla sicurezza e sulla formazione
L’emergenza COVID-19 in questi mesi ha avuto un impatto rilevante sui temi della sicurezza e salute sul lavoro. Quale crede siano le conseguenze presenti e future dell’emergenza sui temi della sicurezza sul lavoro?
Rocco Vitale: La pandemia ha prodotto due conseguenze: il concetto di “distanziamento sociale”, senza precedenti, che rivoluzionerà la vita di tutti noi anche negli anni a venire e l’incremento esponenziale nell’utilizzo di tecnologie, già esistenti, che ci hanno consentito di continuare il nostro lavoro e di svolgere a distanza le riunioni, i convegni, l’istruzione e la formazione.
Il Covid-19 ci ha insegnato l’importanza dell’igiene per la salute e la sicurezza sul lavoro.
Datori di lavoro, prima, abbastanza insensibili ai temi della sicurezza hanno giocoforza compreso l’importanza delle risorse umane, della loro salute e del loro benessere. Chi cercava il “pezzo di carta” per adempiere solo formalmente agli obblighi di legge ha dovuto ricredersi e constatare che la sicurezza delle persone è una cosa vera e da fare per davvero.
Il ruolo dei consulenti e degli RSPP è divenuto centrale.
Quali sono a suo parere le criticità che hanno riguardato la formazione alla sicurezza in questa fase di emergenza COVID-19? C’è stata abbastanza chiarezza da parte delle istituzioni nazionali e locali? Quali sono stati i principali problemi che hanno dovuto affrontare le aziende e i soggetti che erogano formazione?
R.V.: L’avvio dell’emergenza è stato caratterizzato da una intensa confusione normativa: le Regioni avevano iniziato a muoversi a macchia di leopardo con le prime ordinanze, dove in alcune si stabiliva il blocco della formazione in presenza, in altre veniva lasciata questa possibilità. Solo poi, con il DPCM dell’8 marzo, si è chiarita la sospensione totale delle attività formative in presenza.
In parallelo, si faceva avanti la possibilità di ampliare la portata della formazione a distanza. Regioni e Ministero del Lavoro e delle politiche sociali hanno espresso i propri pareri ed emanato provvedimenti. Purtroppo – lo abbiamo visto in questi mesi – la legislazione nelle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni è tutto fuorché chiara.
Questo ha rappresentato il principale problema, oltre che la riorganizzazione di tutte le attività formative, da gestire a distanza in prima battuta e da riorganizzare in presenza con tutte le precauzioni del caso – a partire dal mese di giugno.
La videoconferenza e l’equiparazione alla formazione in presenza
Parliamo ora dell’equiparazione della videoconferenza alla formazione in presenza, un tema di cui voi, come Associazione AiFOS, vi state occupando anche con riflessioni e proposte. Prima di tutto ricordiamo quali sono le caratteristiche di una videoconferenza e, prima dell’arrivo del nuovo coronavirus, in quali occasione poteva essere utilizzata per le attività di formazione…
R.V.: La videoconferenza è uno strumento formativo che permette di erogare corsi sincroni, alla presenza contemporanea di discenti e docente, tramite una piattaforma informatica che garantisce il monitoraggio dell’attività svolta.
AiFOS già da anni ha sviluppato una programmazione di corsi di aggiornamento in videoconferenza che i professionisti del settore hanno accolto con entusiasmo e sempre maggior interesse.
Tra il 2017 e il 2019, la partecipazione ai corsi proposti in videoconferenza è aumentata del 232%.
Questo perché è una metodologia che garantendo l’interazione tra docente e discenti permette al contempo di abbattere costi di struttura e trasferta, nonché il risparmio di tempo sempre prezioso.
I corsi da noi proposti in videoconferenza erano quelli per i quali era possibile anche la metodologia e-learning, ma avevamo già avviato alcune sperimentazioni su corsi diversi.
Cosa è avvenuto nella fase di emergenza? Come si è arrivati all’equiparazione tra videoconferenza e formazione in presenza? Era la prima volta che si accennava a questa equiparazione?
R.V.: L’equiparazione della modalità videoconferenza all’aula in realtà era già prevista da un atto ufficiale a valenza normativa. Si tratta dell’ Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 25 luglio 2012, di integrazione e chiarimento rispetto all’Accordo del 21 dicembre 2011. Si prevede espressamente (pagina 55 del documento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale) che la “verifica finale” per i corsi può essere realizzata anche per tramite della “videoconferenza”: è chiaro quindi che il legislatore abbia enunciato il principio per cui la “videoconferenza” è equiparata alla “presenza fisica”. E questo è logico, perché la videoconferenza consente di controllare i discenti – per quanto “a distanza” – come se fossero nello stesso ambiente fisico del docente e permette l’interazione tra docente e discente. La ratio della previsione è, quindi, di evidenziare come dal punto di vista concreto la videoconferenza è modalità diversa da quella in presenza fisica ma ad essa equivalente, diversamente dall’e-learning in cui invece non c’è la presenza contemporanea di docente e discenti.
Durante il periodo di emergenza, il Gruppo Tecnico Interregionale Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro ha elaborato indicazioni sulla formazione a distanza tramite la videoconferenza in modalità sincrona.
Le indicazioni esposte, condivise dai rappresentanti delle diverse regioni, prevedono che le attività formative organizzate con le modalità della videoconferenza sincrona dovessero ritenersi equiparate a tutti gli effetti alla formazione in presenza e che quindi siano idonee a soddisfare gli adempimenti formativi in materia di salute e sicurezza.
Anche il Ministero del Lavoro, rispondendo direttamente ad un quesito proposto da AiFOS e poi pubblicando una FAQ ha chiarito l’equiparazione, sostenendo che fosse possibile “in via temporanea”.
Capite bene che la possibilità di utilizzare la modalità videoconferenza per l’erogazione dei corsi in materia di sicurezza non può essere vincolata ad un periodo temporale: se si riconosce tale modalità formativa come efficace ed efficiente, equiparata all’aula, lo si fa a prescindere dal permanere dello stato di emergenza.
Il timore è che alcune forzate interpretazioni possano portare a dire (in caso di mancata proroga dello stato di emergenza dopo il 15 ottobre) che dal 16 ottobre non sia più utilizzabile la modalità videoconferenza.
Questo sarebbe profondamente sbagliato e creerebbe diversi danni.
Primo tra tutti, verrebbe meno la possibilità di proseguire con l’adozione delle misure di contenimento del contagio perché aumenterebbero i corsi in presenza (dal 16 ottobre il virus non sparirà di certo).
In secondo luogo crea disagi organizzativi a tutti quegli enti che hanno investito sulla strumentazione necessaria per svolgere al meglio i corsi di formazione in modalità videoconferenza e che faticosamente stanno pianificando le attività formative nel lungo periodo.
Quali sono le richieste al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali?
È necessario, a vostro parere, che questa equiparazione sia mantenuta anche dopo la fine dell’emergenza COVID-19? Cosa dovrebbe fare, a vostro parere, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali?
R.V.: Considerato che l’equiparazione della videoconferenza all’aula non può essere vincolata ad un periodo temporale, ma è ormai una condizione permanente ed affermata, auspichiamo che il Ministero del Lavoro confermi la possibilità di continuare ad erogare in modalità videoconferenza tutti i corsi teorici o parti teoriche di corsi che prevedano anche parti pratiche anche nel periodo post emergenza.
Sul tema della videoconferenza serve un’interpretazione chiara ed omogenea sull’intero territorio nazionale, per evitare confusi e differenti approcci a livello regionale, che si possono trasformare anche in diversi approcci degli organi di vigilanza in questa situazione così delicata.
L’intervento del Ministero è importante soprattutto per tutelare – come accennavo prima – le attività e la professionalità di tanti enti formativi che in questa già difficile fase economica, con impegno e responsabilità, stanno organizzando la formazione per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori, la cui programmazione non può dipendere esclusivamente dalla definizione della proroga o meno dello stato di emergenza.
Non dimentichiamo poi come molte aziende e consulenti si siano attrezzati ed abbiano investito in questo ambito e non è possibile chiudere tutto come se niente fosse successo.
In questi giorni, non sole le scuole ma, soprattutto le Università stanno programmando il prossimo anno accademico con corsi in videoconferenza.
Se si possono fare i corsi in Università perché non si possono fare anche per le aziende?
Come associazione AiFOS avere realizzato, in questi mesi, molti percorsi formativi in videoconferenza? E con quali risultati in relazione ai precedenti corsi in presenza?
R.V.: Con il blocco di tutti i corsi in presenza si è dovuto far fronte alla situazione, erogando tutti i corsi fattibili in videoconferenza. Questo è stato molto utile, in quanto si è riusciti a garantire l’aggiornamento professionale in un momento molto particolare per il nostro Paese. Dal mese di marzo ad oggi, il network AiFOS ha erogato in videoconferenza poco meno di 1950 tra corsi e convegni webinar.
La soddisfazione è di tutti: docenti, discenti e aziende, che hanno valutato positivamente questo strumento per lo svolgimento dei corsi. Ha permesso infatti di proseguire le attività anche in un contesto dove i lavoratori erano a casa in smartworking.
So che in una recente ricerca dal titolo “Lavoro, sicurezza e formazione ai tempi del Coronavirus” – rivolta tra gli altri a RSPP, HSE, consulenti e coordinatori – avete trattato anche il tema dei corsi in videoconferenza. Cosa avete chiesto e quali sono state le risposte?
R.V.: Lo scopo della ricerca proposta per il Rapporto AiFOS 2020 – tra le altre cose – era di sondare il gradimento dei sistemi di didattica a distanza nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro. I destinatari sono stati 532 professionisti e formatori che operano nel campo della sicurezza e che sino a prima dell’emergenza avevano per lo più svolto la loro attività formativa in presenza.
Quasi il 65% degli intervistati ha proposto durante questo periodo corsi in videoconferenza.
L’85% ritiene che svolgere i corsi in videoconferenza è una sfida che i formatori devono saper affrontare perché rimarrà una metodologia molto richiesta e quasi l’80% ritiene che la videoconferenza sia una buona metodologia, perché permette anche di abbattere alcuni costi della formazione.
Certo, ci vogliono docenti capaci e preparati.
Ma, leggendo i risultati, è evidente che l’utilizzo forzato causa Covid di sistemi di videoconferenza per svolgere l’attività formativa abbia dimostrato che la videoconferenza sia una buona metodologia didattica, anche nel campo della salute e sicurezza sul lavoro.
Quali ritiene possano essere gli aspetti positivi o negativi della rilevanza assunta, durante l’emergenza COVID-19, dall’utilizzo delle tecnologie in remoto per le attività lavorative e per le attività formative?
R.V.: Da quello che è successo non si torna indietro.
L’emergenza ha cambiato il modo di organizzare il lavoro e le nuove tecnologie e le nuove metodologie formative saranno le protagoniste degli anni a venire.
In continuità con questa esperienza si stanno muovendo anche l’Università e la Scuola, con progetti specifici ed importanti.
A mio avviso, ci dovrà essere obbligatoriamente anche un cambiamento dei modelli formativi in materia di salute e sicurezza, i quali dovranno stare al passo del cambiamento impostoci da questa improvvisa crisi che sta mutando il nostro tessuto sociale, economico e lavorativo.
Ciò non significa che la videoconferenza debba sostituire in tutto e per tutto la formazione d’aula. L’esperienza maturata ci consente però di affermare che si tratta di un ulteriore strumento di formazione che, al pari di altri, è utile e valido.
Gli aspetti positivi si ritrovano certamente nel fatto di aver garantito modalità di lavoro e di formazione da svolgersi in totale sicurezza, nel principio del “distanziamento sociale”.
Non parlo però solo di videoconferenza: sarà necessario ripensare la formazione, in linea con il nuovo lavoro.
Ripensare alla formazione in azienda, affiancata da formazione in parte in e-learning, in parte in videoconferenza ed in parte in aula. Bisogna attivare per davvero la formazione blended.
Ciò richiede una formazione programmata e progettata. Non ha più senso fare corsi a spot solo quando servono ma perseguire costantemente l’aggiornamento. Per essere concreti bisognerebbe dare attuazione a livello nazionale (e non regione per regione) al Libretto del Cittadino sempre evocato e mai attuato. Questa è una priorità assoluta. La nostra associazione da anni rilascia un “Libretto del Cittadino” ai corsisti, ma dovrebbero farlo tutti.
Il formatore dovrà evolversi e non essere più considerato solo come colui che fa la “docenza”. Le prospettive ci fanno pensare ad un formatore-consulente, ad un coach. Un formatore di squadra, di gruppi di singoli: per l'azienda, per il management, per i dirigenti, per i lavoratori.
E se, in definitiva, il 15 ottobre prossimo non verrà prorogato lo stato di emergenza, cosa farete in merito all’erogazione dei corsi in videoconferenza?
R.V.: Spero che il Ministero che in questi mesi è stato attento e molte Regioni che hanno anticipato scelte ed indicazioni nazionali capiscano la situazione e vorranno farvi fronte per non creare ostacoli a questo modello formativo.
Nel breve periodo, dato che la pandemia non conosce il calendario, mi sembra normale ed ovvio che in tutti gli ambienti dove non è possibile garantire la sicurezza delle persone con distanziamento o la sanificazione degli ambienti la videoconferenza deve proseguire e proseguirà.
Però serve anche una riflessione su quanto abbiamo detto in questa intervista e non si può andare avanti con provvedimenti emergenziali ma cambiare il paradigma per costruire il futuro.
Personalmente non credo a modifiche, in tempi utili e veloci, per modificare Accordi Stato-Regioni. Basta interpretare bene quello che già gli Accordi non proibiscono. Vale ancora “meno carta” e più formazione.
Su questo punto anticipo che AiFOS, e spero anche gli enti formativi, non sospenderà i corsi in videoconferenza dal 16 ottobre e proseguirà con serietà il proprio lavoro.
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
Per approfondire le posizioni dell’Associazione AiFOS sull’equiparazione della videoconferenza alla formazione in presenza, rimandiamo alla lettura del documento AiFOS “ Specifiche equiparazione videoconferenza-aula” (formato PDF, 149 kB).
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Rispondi Autore: Riccardo Borghetto - likes: 0 | 29/09/2020 (07:55:24) |
Ottimo articolo che condivido integralmente. |
Rispondi Autore: Guido - likes: 0 | 29/09/2020 (08:42:11) |
mi risulta che in regione Piemonte siamo già ritornati da mesi alla possibilità della formazione in videoconferenza (streaming sincrono) solo per i casi in cui è ammesso l'e-learning ... cerco conferme o smentite |
Rispondi Autore: Fabio Pecoraro - likes: 0 | 29/09/2020 (10:28:39) |
Confermo quanto detto da Guido, in Piemonte già dal 30/06 non è più possibile usare le videoconferenze in deroga all'accordo stato-regioni |
Rispondi Autore: Marco Zanchin - likes: 0 | 29/09/2020 (11:18:08) |
Condivido le argomentazioni a favore della videoconferenza come strumento di formazione; tuttavia osservo che trattasi di formazione e-learning, normata in dettaglio dall'Allegato II e V dell'Accordo Stato-Regioni 07 luglio 2016. Al termine dell'emergenza, per esempio, il Mod B e C per RSPP andranno erogati solo in presenza, e così la formazione specifica a rischio alto per lavoratori...se poi qualche ente continua a erogare la formazione in contrasto alle indicazioni , se ne assume la responsabilità... |
Rispondi Autore: Giovanni - likes: 0 | 29/09/2020 (14:19:34) |
la formazione in fad-elearning- videoconferenza necessaria in periodo di pandemia legalizzarla e renderla obbligatoria in futuro vorrà dire favorire solo i grandi gruppi ed associazioni a discapito dei tantissimi formatori che onestamente si guadagnano il pane con sacrifici ed in aula dialogando con i discenti e formandoli sicuramente con più entusiasmo (tranne le solite eccezioni) ..... non venitemi a dire che la lezione in videoconf. è uguale come in aula !! Forse viene comodo a chi la impartisce che organizzato e raggiunge migliaia di utenti con lauti guadagni e che poi si concludono che la gente lascia aperto il PC si fa i comodi suoi ....tanto il pezzo di carta arriva lo stesso ...... Contenti voi !! |
Rispondi Autore: Andrea RSPP - likes: 0 | 29/09/2020 (14:49:23) |
Se è per questo c'è anche un sacco di gente che va in aula e si fa i comodi suoi, basta tenere aperto il PC per prendere appunti (e invece ti fai i comodi tuoi), o messaggiare col telefono e la distrazione è assicurata, per non parlare del fatto che basta avere altro per la testa per non seguire una lezione sia che essa sia in aula, in video o in elearning. Non prendiamoci in giro e non facciamo i carabinieri, siamo tutti adulti in grado di decidere quanto di quello che ascoltiamo vogliamo fare entrare nella nostra testa. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 29/09/2020 (15:23:38) |
Diciamo che il problema vero di un corso è la qualità del docente. Quindi, magari, prima verifichiamo chi è il docente, cosa ha fatto nella vita professionale, con chi l'ha fatto, che risultati ha raggiunto con le aziende con cui ha lavorato, ecc. Oggi il nostro settore è pieno sia di tromboni e di parafangari che non hanno mai visto "dal di dentro" un'organizzazione che di soggetti improvvisati che si sono inventati un RdF e cioè un reddito da formazione. Quindi, se in un corso vi ritrovate questi come docenti, farlo in aula o in FAD il risultato non cambia. Rimane solo tempo perso e soldi buttati. |
Rispondi Autore: carlo zamponi - likes: 0 | 29/09/2020 (18:42:53) |
Ottimo .... pienamente condivisibile ed aggiungo. Adesso diventa necessario, ancor prima dei partecipanti, formare il docente. |
Rispondi Autore: GRAZIANO FRIGERI - likes: 0 | 01/10/2020 (13:22:35) |
Naturalmente concordo in pieno con Rocco, con qui del problema abbiamo parlato più volte, ben da prima dell'emergenza COVID. Sia nell'ambito della mia attività professionale che come Assoprev, utilizzo la videoconferenza dal 2012, all'epoca appunto del provvedimento citato da Rocco, peraltro confermato dall'interpello n. 12 del 2014. Qualche volta (per la verità raramente) ho dovuto superare l'ingiustificata diffidenza anche di qualche operatore ASL, e spiace che per superare i pochi e ingiustificati dubbi non siano in questi casi bastati il buon senso (e la conoscenza della norma), ma sia dovuto intervenire addirittura il COVID! |