La misura dei comportamenti è un indicatore della cultura della sicurezza
La normativa italiana in materia di sicurezza è basata su un numero molto alto di adempimenti e di obblighi. L’impostazione che è stata pensata era quella di ottenere prevenzione tramite l’evidenza di adempimenti.
Oggi chi si occupa di sicurezza (RSPP, consulenti, organi di vigilanza, enti di certificazione ecc.) si focalizza sul puntuale rispetto degli obblighi di legge, piuttosto che la sicurezza reale, ovvero come le persone si comportano realmente.
Ad esempio per quanto attiene agli obblighi formativi si discute spesso sulle ore necessarie, su chi può rilasciare gli attestati, sulle informazioni minime che devono contenere, sulla necessità o meno di informare organismi paritetici, sui requisiti dei docenti e istruttori ecc.
Non si vedono discussioni sul fatto se il lavoratore non solo ha appreso durante il corso, ma si comporta di conseguenza.
Non è affatto scontato che un lavoratore i cui attestati di formazione sono “regolari” dal punto di vista normativo, che opera in un’azienda certificata 18001/45001 e/o dotata di Modello 231, si comporti in modo sicuro.
Non è scontato che pur disponendo di procedure di sicurezza, le rispetti.
Anche per un preposto correttamente formato non è scontato vigilare se i lavoratori indossano o meno i DPI.
Non è scontato che un lavoratore che vede un near miss, lo segnali con le procedure aziendali.
Come d’altra parte, e per analogia, non è scontato che chi guida un’auto, pur formato, si comporti in modo “sicuro”.
Mentre ormai è noto agli operatori di settore che la maggior parte degli infortuni è di natura comportamentale, ci si focalizza su adempimenti che non governano il comportamento umano, stressano gli operatori, producono una mole ingente di carta che costa alle organizzazioni e produce pochissimo in termini di miglioramento della sicurezza reale.
Il motivo di ciò deriva dal fatto che il comportamento umano, obbedisce a specifiche leggi scientifiche e non a quelle giuridiche.
Che cosa ha prescritto il legislatore per tentare di vigilare, cioè di monitorare il comportamento?
I riferimenti in ambito testo unico sono:
- Comma 18 art 3-bis per quanto attiene al livello del Datore di Lavoro e dirigenti “3-bis. Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ...”
- Nell’art 19 comma 1 lettera a “obblighi del preposto” per quanto attiene la vigilanza dei preposti nei confronti dei lavoratori
- Nell’art 30 comma 1 f per quanto attiene ai modelli 231 in ambito sicurezza e salute sul lavoro “alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
Organizzare un sistema organizzativo di vigilanza, è difficile.
A livello di preposti:
- spesso non sanno che è una attività a loro carico, o fanno fatica ad attuarla
- non dispongono di sistemi snelli per effettuare tale attività (in qualche caso si usa un “quaderno del capo” in cui registrare ciò che si fa, in altri casi compilano delle schede orientate a trovare “chi sgarra” per attivare il sistema punitivo del modello 231).
A livello di Datore di lavoro/dirigenti:
- non sanno come organizzare un “sistema strutturato” di vigilanza
- che non dispongono di strumenti ad hoc
Anche in grandi organizzazioni spesso manca un efficace sistema di vigilanza in grado di misurare in modo “adeguato” ciò che avviene in campo.
Per “adeguato” intendiamo:
- un sistema di misura la cui metodologia garantisca la veridicità del dato di misura (la presenza di un osservatore distorce ciò che si sta osservando)
- un campione sufficientemente ampio
- dotato di un sistema di report utile a fare analisi a livello organizzativo
La nostra esperienza ci suggerisce di organizzare un sistema di osservazioni/vigilanza, derivato dalla Behavior Based Safety (B-BS), e strutturato in questo modo:
- - progettare un “sistema strutturato” di monitoraggio, con una frequenza di attività che sia compatibile con le esigenze di produzione e nel contempo sia sufficientemente fitta
- - progettare una checklist specifica per Datore di Lavoro/dirigente per monitorare l’attività dei preposti, magari durante specifiche riunioni ad hoc
- - progettare checklist specifiche per preposti per il monitoraggio dei comportamenti dei lavoratori (per le aziende che implementano B-BS invece l’attività è svolta da lavoratori appositamente formati chiamati osservatori)
- - Formazione sia al Datore di Lavoro/dirigenti che preposti su come condurre in modo efficace una attività di osservazione e sulle tecniche di feedback da dare agli osservati
- - disporre di un Data base su cui poter caricare in modo agevole l’esito del monitoraggio (registrazione delle osservazioni) e da cui poter estrarre facilmente alcuni grafici.
I vantaggi di questo approccio sono:
- poter documentare a terzi (anche in termini di scarico di responsabilità) un efficace sistema di monitoraggio dei comportamenti
- poter analizzare i dati per poter migliorare il sistema
- far cambiare i comportamenti nella direzione voluta.
Requisiti del Data Base
Il data base rappresenta uno strumento importante per il funzionamento del sistema complessivo.
Dovrebbe consentire almeno le seguenti funzioni:
- produrre un grafico con l’indicazione della “quantità” di osservazioni effettuate nel tempo (ad esempio a settimana o al mese) rispetto all’obiettivo prefissato in tutta l’azienda o in un reparto/turno come nella figura sotto riportata. Questo consente di verificare se tutti gli incaricati di attività di osservazione stanno tenendo il passo rispetto a quanto deciso in sede di progettazione del sistema. Il data base oltre a produrre dati di tipo statistico dovrebbe consentire di verificare anche il numero di osservazioni condotte in un determinato periodo di tempo dal singolo (Datore di lavoro/Dirigente/preposto/osservatore)
- possibilità di estrarre la percentuale dei comportamenti sicuri (o per usare un’altra terminologia delle “conformità”) in un determinato periodo di tempo, in un certo reparto/squadra/turno di lavoro.
Ci dovrebbe essere anche qui la possibilità di estrarre dati aggregati (ad es. tutti i comportamenti indicati nella checklist) e dati di dettaglio come un singolo comportamento (ad esempio il lavoratore alza il peso a schiena dritta piegando le gambe).
Le informazioni ottenute devono permettere di capire:
- in quali aree dell’organizzazione (reparti, squadre, turni ecc) vi sono comportamenti più a rischio
- se vi è o meno omogeneità nei dati misurati
- se i dati di alcune aree sono troppo belli per essere veri
- estrarre i “commenti” del lavoratore osservato associati a comportamenti a rischio, i quali possono evidenziare carenze organizzative, o strutturali, o di formazione/addestramento sulle quali innescare piani di azione e miglioramento.
- confrontare tra loro l’andamento temporale di singoli comportamenti all’interno di una specifica checklist per evidenziare rapidamente i comportamenti più a rischio su cui intervenire con priorità come in figura:
- possibilità di esportare i dati per ulteriori eventuali analisi
La misura della “Cultura della sicurezza”
Il parametro percentuale dei comportamenti sicuri a livello azienda (ovvero il rapporto tra quelli sicuri e tutti quelli osservati) è anche un ottimo indicatore per misurare la cultura della sicurezza nonché l’efficacia delle misure messe in atto e della formazione.
Ing. Riccardo Borghetto
Consulente di direzione. Esperto certificato in Behavior Based Safety
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Rispondi Autore: Raffaele Giovanni - Ex Ispettore tecnico del lavoro - likes: 0 | 25/07/2019 (10:37:17) |
Caro mio ingegnere ed amico Riccardo Borghetto, non puoi che trovarmi d'accordo su tutti i principi comportamentali che riporti e che proponi, ma se la norma risulta ancora latitante proprio nella sua essenza principale … la formazione del Datore di Lavoro … come tutti gli altri esseri che girano intorno la sicurezza sul lavoro (vedasi Coordinatori, RSPP, ASPP, Dirigenti,Preposti, Lavoratori MC, tutti gli incaricati emergenze, etc. etc. ) non si va oltre la situazione attuale . Non nascondo che ci sono eccellenze (che son poche) come la maggior parte sistemi arrangiati per soddisfare norme e non per fare reale sicurezza . Ci vorrà tempo …. tanto tempo …. per cambiare qualcosa, basta vedere i tantissimi correttivi che andrebbero apportati al D.lgs 81 e non vengono fatte anche per rendere meno lacunosa la normativa, non sono riusciti a completare ancora a distanza di più di 10 anni tutti i decreti attuativi …… Poi le varie Commissioni e comitati (artt. 5,6, e 7) er non parlare della Commissione Interpelli che ultimamente mette molti dubbi su quanto produce e come . Beh… caro ingegnere di strada c'è ne ancora tanta da fare . Buon lavoro a tutti |
Rispondi Autore: Rocco Vitale - likes: 0 | 25/07/2019 (18:27:37) |
sono completamente d'accordo |
Rispondi Autore: Vito Domenico Didonna - likes: 0 | 27/07/2019 (12:09:21) |
Carissimo e carissimi, il tutto dovrebbe girare sulla CULTURA della sicurezza. Orbene, quali sono le organizzazioni deputate istituzionalmente e principalnente a creare cultura? Ma le scuole di ogni ordine e grado ovviamente. Allora perché fino ad oggi, nonostante vi sia una norma del 2000 che dice chiaramente che i programmi didattici di tutte le scuole debbano essere integrati dalla materia "igiene e sicurezza sul lavoro" questo in gra parte non è stato fatto? Gli studenti con questa cultura significano lavoratori e datori di lavoro che non subiscono e non creano infortuni. Ma questo forse qualcuno non lo vuole. Buona giornata. |
Rispondi Autore: Sara Zanette - likes: 0 | 27/09/2019 (11:44:58) |
Buongiorno. Tutto verissimo. Ma torno spesso su un concetto importante. Non si costruisce a mio avviso una cultura della sicurezza se tra lavoratori e management non si instaura un contratto psicologico basato sulla fiducia. Elemento che a sentire il management c'è e a sentire i lavoratori spesso invece non c'è oppure è estremamente disomogeneo. A volte i punti di vista sono quasi opposti. Questa discrepanza dovrebbe aprire gli occhi al management sulla propria miopia in merito. Indipendentemente dai motivi della discrepanza, la sua presenza va risolta. E per risolverla bisognerà cercare i motivi. Invitarli a cercare quindi modi adeguati prima di tutto a chiedersi se davvero questa fiducia e questo "credere" nel proprio management ci sia e in secondo luogo eventualmente migliorarla. In caso contrario applicare qualsiasi azione anche sul comportamento dei lavoratori verrà percepita come una farsa. Cosa che attualmente sta già accadendo in aziende certificate anche UNI ISO 45000. |