Storie di infortunio: il quadro maledetto
Pubblichiamo la storia “Il quadro maledetto” (a cura di Cesare Ghizzi e Michele Montresor, Servizio PSAL della ATS Val Padana) tratta dal repertorio delle “ Storie d'infortunio” rielaborate dagli operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di infortunio, e raccolte nel sito del Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte ( Dors).
Arrivo sul luogo dell’infortunio
Quella mattina con la collega sono arrivato nel piazzale dell’azienda, che si trovava in una zona artigianale piuttosto isolata, circa mezz’ora dopo l’accaduto. Nessuno stava lavorando e il personale, circa una trentina di lavoratori e lavoratrici, era radunato in vari capannelli e mestamente stava commentando la tragica sorte del giovane manutentore. In un angolo i carabinieri del posto stavano chiedendo informazioni per individuare possibili testimoni in grado di riferire le circostanze della dinamica dell’infortunio. Ho notato immediatamente che una giovane ragazza di circa vent’anni stava piangendo e non faceva niente per nascondere il proprio stato d’animo, quasi un pianto di chi piange una persona cara e non solo un collega di lavoro. Confesso che questa cosa mi ha colpito e istintivamente, da subito, sentendo i primi lavoratori per ricostruire la dinamica, avevo cercato di comprendere quale relazione intercorresse tra la ragazza che piangeva e il ragazzo che era morto. Pensandoci bene, mi auguravo che la relazione fosse affettiva piuttosto che scoprire che in realtà era di altro tipo. I due si conoscevano di vista e la ragazza aveva capito che, suo malgrado, un’azione da lei compiuta sul quadro touch screen della macchina in manutenzione e in standby, si era tramutata in una mossa letale. La ragazza, che ho poi avuto modo di conoscere, era napoletana, e in me ha evocato l’immagine di una donna piena di passioni come quella impersonata da Sofia Loren in un noto film. Il suo era un pianto che chiedeva perdono ed io, per quello che può essere servito, l’ho perdonata.
Che cosa è successo
Un operaio addetto alla manutenzione di un’azienda di imballaggi in plastica, durante la fase di cambio stampi di una termoformatrice (impianto di stampaggio a caldo per la produzione di vaschette in polimero trasparente ad uso alimentare), ha subìto lo schiacciamento della testa che ha causato il suo decesso immediato.
Chi è stato coinvolto
Askan, albanese di 22 anni, operaio generico a tempo indeterminato, lavorava nell’azienda di produzione imballaggi in plastica da tre settimane ed era in addestramento sotto la supervisione di un collega esperto addetto alla manutenzione. Era arrivato in Italia da pochi mesi e, ospitato dal cugino connazionale, dopo qualche lavoretto saltuario, era riuscito a farsi assumere dall’azienda di produzione imballaggi in plastica, grazie alla sua precedente esperienza come meccanico di autovetture. Tale esperienza, praticata nel suo paese di origine, non era però stata documentata. Non gli sembrava vero di aver trovato lavoro così presto e in quell’azienda così importante e ben tenuta.
Quella mattina lavorava da solo, ma sotto la supervisione del collega più esperto che aveva l’incarico di addestrarlo. Il collega avente funzione di “tutor” era sovente impegnato in un’area diversa del capannone per eseguire altri lavori e pertanto non era sotto il suo diretto controllo.
Dove e quando
L’infortunio è avvenuto nell’estate del 2006, nelle prime ore del mattino, all’interno del reparto produzione di un’azienda in provincia di Mantova che fabbricava vaschette d’imballaggio (per uso alimentare e non). L’azienda occupava circa 25 addetti tra operai e impiegati e aveva una squadra di 3 lavoratori dedicata alla manutenzione delle linee di produzione. L’operazione frequente di sostituzione degli stampi delle termoformatrici [1], richiedeva, infatti, necessariamente la presenza di collaboratori interni. Inoltre, l’esperienza e la professionalità maturate nel corso degli anni dalla proprietà e dai manutentori avevano permesso di inserire in produzione alcuni impianti acquisiti intorno ai primi anni ‘90 da aziende del settore.
Che cosa si stava facendo
Per la produzione di un’altra tipologia di manufatti, Askan doveva attuare il cambio stampi che durava circa quattro ore. Occorreva, infatti, scollegare gli allacciamenti idraulici e pneumatici e sostituire gli stampi [2] ancorati alla struttura della macchina mediante bulloni. Per compiere tale operazione era necessario introdursi all’interno dell’impianto. L’accesso all’area stampi tramite gli sportelli laterali, dotati di microinterruttore di blocco di sicurezza, era reso difficoltoso per la presenza di altre attrezzature a servizio dell’impianto installate per automatizzare e velocizzare lo stampaggio. In particolare, si trattava di un barilotto dell’impianto per il vuoto sul lato destro e di un carrello con sopra un fornetto per la colla sul lato sinistro. Askan ha pensato di introdursi da un varco posteriore di circa 1,2 x 1,5 metri perché più rapido e più agevole. Per creare il varco bastava, infatti, spostare semplicemente il carrello di raccolta dei manufatti lavorati. A differenza degli sportelli laterali, però questo passaggio non era protetto da alcun interruttore di sicurezza (figura 1a e 1b).
“Da un mese lavoro alle dipendenze della ditta e questa mattina ho iniziato il turno alle 6:00. Sulla linea n° 9 e 10, per intenderci la 10 era quella su cui stava lavorando Askan. … Francesca (addetta alla produzione) mi spiegava di spegnere la macchina n° 10 premendo il tasto “F1” e aspettare la conferma dell’operazione che avveniva per mezzo del lampeggiante di un led di colore verde che è nel tasto medesimo. … In mezzo alle macchine c’erano una macchina incollatrice e un bancale con altre attrezzature e davanti alle stesse dei bancali di prodotti finiti. Askan aveva spostato un banchetto da lavoro per poter arrivare alla macchina a cui doveva cambiare gli stampi. Aveva spostato anche un blocco di polistirolo che si trovava davanti alla macchina n° 10 e che serviva da appoggio per i pezzi che, appena prodotti, provenivano dal nastro. Lo vedevo quindi portarsi alla macchina n° 10 ed entrare dal davanti. Lo vedevo poi salire sugli scalini mobili e mettersi a lavorare tra gli stampi.”
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Figura 1a: lato sinistro dell’impianto accessibile unicamente girando intorno. Si noti il telaio rosso a supporto delle tubazioni flessibili. L’area tratteggiata in verde rappresenta l’accesso in sicurezza all’area stampo: è costituita da una griglia scorrevole dotata di interruttore di sicurezza per la disattivazione elettrica dell’intera macchina. | Figura 1b: lato destro dell’impianto accessibile con facilità. Si noti il telaio rosso a supporto delle tubazioni flessibili. L’area tratteggiata in verde rappresenta l’accesso in sicurezza all’area stampo: è costituita da una griglia scorrevole gialla dotata di interruttore di sicurezza per la disattivazione elettrica dell’intera macchina. |
A un certo punto
Dovendo rilevare il numero di pezzi prodotti durante il turno precedente, una lavoratrice si è avvicinata al display del quadro di comando. Non accorgendosi che Askan stava lavorando all’interno della macchina, ha premuto il pulsante “F1” e ha involontariamente provocato la chiusura stampi perché, nell’impostazione della macchina di quel momento, il pulsante “F1” abilitava l’avvio del ciclo di lavoro (figure 2a e 2b). Askan, impegnato a lavorare tra gli stampi (figura 3), è rimasto schiacciato mortalmente.
“Da più di un anno lavoro alle dipendenze della ditta e una delle mie mansioni consiste nel controllo dei pezzi prodotti (addetto alla contabilità prodotto finito). Questa mattina, verso le 8:40, mi trovavo a lavorare nel capannone “produzione” nei pressi della macchina su cui stava lavorando Askan. Mi sono avvicinata per controllare i dati della macchina che figuravano sul display ma, … omissis … ho visto Askan che stava in mezzo alle due piastre a lavorare alla macchina. Siccome mi stava chiamando la mia collega Silvia, non ho terminato l’operazione che ero intenta a fare e mi sono avviata per andarmene. In quel frangente, mentre mi trovavo ancora in mezzo alle due macchine, ho sentito la macchina avviarsi e, intuendo cosa stava succedendo, mi sono precipitata a chiedere aiuto.
Figura 2a e 2b: particolari del quadro di comando dell’impianto e della pulsantiera “aspecifica” utilizzata dal collega di Askan durante il lavoro del manutentore. Si evidenzia, nella prima immagine (2a), la videata che avrebbe dovuto “richiamare” l’operatore per la conta dei pezzi prodotti nel turno precedente, mentre nella seconda (2b), il medesimo pulsante, avviava il ciclo di lavoro.
Figura 3. Area di lavoro di Askan all’interno dello stampo
Cosa si è appreso dall’inchiesta
Gli impianti erano stati completamente aggiornati dall’utilizzatore prima del 1996 (anno di emanazione della Direttiva Macchine [3] 98/37/CE) ma non era stata effettuata un’adeguata valutazione dei rischi, soprattutto per le fasi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Erano infatti state disattese molte procedure di certificazione CE della Direttiva 98/37/CE. I determinanti di questo infortunio si pongono su due distinti piani operativi, strettamente connessi al rispetto delle norme di salute e sicurezza sul lavoro:
- Il primo è relativo alla ri-costruzione della macchina trasformata in un impianto semiautomatico e all’installazione di un quadro di comando difforme dalle indicazioni delle norme tecniche. La pulsantiera, infatti, richiedeva una costante ed elevata attenzione dell’operatore che la utilizzava data la pluralità di azioni che potevano essere eseguite con un unico pulsante (“F1”);
- Il secondo è relativo alla gestione delle risorse umane e al processo di formazione e addestramento del personale; nel caso specifico, ciò riguarda tutti i soggetti di questa vicenda: l’infortunato Askan, il manutentore addestratore e l’addetto alla conta dei pezzi.
Raccomandazioni per la prevenzione
- Verifica delle effettive competenze dei lavoratori da parte di persona esperta: ad Askan era stata assegnata “d’ufficio” la qualifica di meccanico manutentore sulla base di sue dichiarazioni relative a precedenti generiche esperienze lavorative, non verificate dall’azienda. Se riscontrata l’insussistenza di un’adeguata preparazione tecnica, l’addestramento deve avvenire con la continua vigilanza da parte del preposto.
- Controllo dell’organizzazione di tutta l’area di lavoro (e non solo della macchina) che deve essere strutturata in modo tale da favorire il rispetto delle norme di sicurezza, rendendo difficoltose per il lavoratore modalità alternative (e pericolose) per facilitare lo svolgimento dei compiti.
- Utilizzo della semplice regola di apporre sul quadro di comando il cartello che avvisava dell’attività di manutenzione in corso.
- L’addestramento del manutentore deve prevedere la procedura di togliere corrente dal quadro generale prima di eseguire qualsiasi azione di manutenzione sull’impianto.
- Impiego di uno specifico quadro di comando con evidenza inequivocabile dell’azione eseguita da pulsanti, selettori e altri attuatori. Ad esempio, poteva essere adottato un selettore modale con chiave ad uso unicamente di soggetti abilitati e appositamente addestrati alla manutenzione.
- Dotazione di un interruttore di sicurezza anche per il carrello di raccolta dei pezzi finiti, in modo da poter bloccare l’intero impianto in caso di estrazione del carrello.
- Spostamento delle attrezzature che impedivano l’accesso sicuro all’area degli stampi in modo da favorire la manutenzione dell’intera linea in quanto la fase di cambio stampi poteva avvenire anche più volte alla settimana in relazione alle tipologie di prodotto in lavorazione.
- Impiego in azienda di specifiche procedure per definire le modalità di lavoro durante le operazioni di cambio stampo e di manutenzione ordinaria.
- Attuazione dei Requisiti Essenziali di Sicurezza (R.E.S.), definiti dalla Direttiva Macchine 2006/42/CE, recepita in Italia con D. Lgs 17/2010, che avrebbe integrato i diversi elementi di sicurezza dell’impianto e aiutato il costruttore/utilizzatore nell’analisi dei rischi favorendo il relativo processo di valutazione dei rischi parallelo a quello richiesto dall’allora D. Lgs 626/1994, per i rischi aziendali.
- Aggiornamento continuo del Documento di Valutazione dei Rischi: il DVR deve essere costantemente aggiornato in relazione alle modifiche organizzative e impiantistiche; nello specifico l’adeguamento tecnologico delle macchine già presenti in azienda ed aggiornate con le tecnologie disponibili sul mercato.
Sebbene la procedura di segnalazione, da parte dei lavoratori, in relazione ai mal funzionamenti delle macchine e ai mancati infortuni/incidenti non si possa considerare, nel caso di specie, una misura di prevenzione primaria, ne è riconosciuta, in letteratura, la validità prevenzionistica generale; essa crea le migliori condizioni per l’aggiornamento delle misure di prevenzione e protezione (art. 6 comma 1 della Direttiva 89/391/CEE) e di revisione della valutazione dei rischi e del documento che ne deriva.
Come è andata a finire
Verificata la necessità di regolarizzare tutti gli impianti presenti in azienda, si è proceduto alla loro messa a norma, sia per quanto riguarda la presenza di sportelli di accesso alle zone pericolose, sia per la messa in sicurezza dell’intero impianto durante le fasi di manutenzione e di sostituzione degli stampi (figura 4). Inoltre, sono stati adottati quadri di comando (figura 5) sui quali la funzione di ogni singolo pulsante è assolutamente chiara e inequivocabile, come richiesto dalle specifiche norme UNI EN 1037:1997 - Sicurezza del macchinario: prevenzione dell’avviamento inatteso e CEI EN 60204-1 Equipaggiamento elettrico delle macchine, Parte 1 – regole generali e più specificatamente UNI EN ISO 13849-1 [4], Uni EN 13849-2 [5] e CEI EN 62061 [6] (figure 6, 7).
Figura 5: nuovo quadro di comando con pulsantiera digitale contenente indicazioni chiare della funzione del pulsante e aggiunta di altri comandi specifici; in particolare, si nota il pulsante di emergenza (1), il selettore modale con chiave (2), i pulsanti di avvio produzione ed altri specificatamente dedicati con colori da norma CEI 44-5 (colorimetria comandi) e pubblicazione IEC 417 (utilizzo di simboli). I simboli di uso più comune sono riportati nella norma CEI 44-8.
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Figura 6: esempio di quadro di comando con pulsantiera digitale contenenti indicazioni chiare della funzione dei pulsanti con colori da norma CEI 44-5 e targhette identificative. | |
Figura 7: esempio di quadro di comando con pulsantiera digitale contenenti chiare indicazioni della funzione dei pulsanti con colori da norma CEI 44-5. |
Epilogo
Dopo tutte le valutazioni di carattere tecnico e prevenzionistico è rimasto in me un insegnamento professionale e umano che mi ha portato a indagare lo stato d’animo di quella giovane ragazza e pensare quali segni non apparenti siano rimasti sulla sua personalità di lavoratrice e di donna. Mi ha fatto tanta tenerezza e ancora oggi quando ci penso mi commuove il pianto della ragazza, testimone ed esecutrice di una sentenza di condanna per l’ignoranza che spesso pervade il mondo del lavoro. Il Pubblico Ministero che ha svolto le indagini, una donna, non ha indagato la ragazza che con una condotta ritenuta incolpevole aveva cagionato la morte del collega. Mi è di sollievo in questa vicenda lavorativa che sia stata “perdonata” anche da chi è preposto all’esercizio della giustizia.
Scarica la storia “IL QUADRO MALEDETTO” a cura di Cesare Ghizzi e Michele Montresor, Servizio PSAL della ATS Val Padana (pdf)
[1] In azienda erano presenti 20 linee di produzione che operavano su 2 turni di lavorazione. I manutentori invece lavoravano nell’orario giornaliero.
[2] Elementi in acciaio costituiti in due parti (per permetterne la successiva apertura) nel cui interno viene iniettato il polistirolo solido. Mediante la duplice azione di temperatura e pressione, esso si deforma plasticamente (fase di rammollimento) e acquisisce la forma dell’interno dello stampo che, una volta aperto, consente l’estrazione del manufatto.
[3] Direttiva europea avente l’obiettivo di fissare uno standard minimo di sicurezza delle macchine per la libera circolazione delle stesse in tutto il territorio dell’Europa e valevole anche per coloro che utilizzavano macchine (o impianti) autocostruite per uso proprio.
[4] La seconda edizione della norma UNI EN ISO 13849-1 recepita in Italia dall’UNI a febbraio 2007, ha sostituito la precedente UNI EN 954-1. A criteri deterministici basati sulla qualità dei componenti e delle configurazioni strutturali, già propri della UNI EN 954-1, essa aggiunge un insieme di criteri probabilistici che rendono la progettazione dei sistemi di sicurezza molto più complessa ma che ne conferiscono un più elevato grado di affidabilità. La nuova norma, inoltre, non si limita a considerare i sistemi elettrici ma può essere utilizzata anche per parti e sistemi in tecnologia meccanica, pneumatica e idraulica [nota tratta dal libro “La sicurezza sulle macchine. Progettazione di nuove macchine e messa a norma di macchine esistenti” Enrico Grassani – Editoriale Delfino, Milano 2008 - per gentile concessione dell’autore.
[5] Durante la progettazione, sviluppata nel rispetto delle procedure della norma UNI EN ISO 13849-1, è necessario procedere alla validazione ovvero ad analisi e/o prove che garantiscono l’effettiva affidabilità dei componenti in relazione alle condizioni presumibili di esercizio della macchina. In processo di validazione deve essere svolto in conformità alla norma UNI EN ISO 13849-2. [vedi nota precedente]
[6] La norma CEI EN 62061, contiene prescrizioni inerenti la progettazione di sistemi di comando comprendenti parti a tecnologia elettronica complessa, tipo PLC (Programmable Logic Controller – Controllore a Logica Programmabile). Anch’essa può essere considerata una evoluzione della precedente UNI EN 954-1, nata in anni in cui l’ambito della sicurezza era considerato ancora off limit per le apparecchiature elettroniche e soprattutto per quelle programmabili.
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Rispondi Autore: Francesco B. - likes: 0 | 22/03/2018 (11:08:15) |
Formazione, va bene; Aggiornamento delle macchine, va bene; procedure, va bene. Ricordiamoci però che l'errore umano esiste e che anche le funzioni sicurezza possono guastarsi. Ritengo che ci sia un solo modo per rendere tale tipo di operazioni il più possibile sicure: applicare sistemi LOTO. |