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Attrezzature pericolose: il rischio da troppa confidenza
Una delle cause più frequenti di infortunio tra coloro i quali utilizzano abitualmente nella loro attività quotidiana utensili o macchine in grado di recare gravissime lesioni è la confidenza dell’individuo che si sviluppa dopo lunghi periodi in cui le attrezzature vengono adoperate.
Si assiste spesso ad una sorta di “sindrome di Stoccolma” da parte del lavoratore nei confronti dell’attrezzatura che quotidianamente adopera per il suo lavoro. In sostanza, si finisce con il dimenticare, dato l’uso giornaliero e ricorrente, che – ad esempio – una sega circolare o una pressa da materiali pesanti sono oggetti che nel momento in cui non si stiano prestando le debite precauzioni, mostrano una cattiveria ed una pericolosità che si era finito con il non considerare e che viene dimenticata a breve termine dall’intera organizzazione, continuando ad attribuire a quelle attrezzature pericolosissime qualità neutre se non benefiche.
L’impiego delle tecnologie unitamente alla riduzione del numero degli occupati adibiti ad impieghi con macchine od utensili in grado di provocare gravissime lesioni, ed ancora – per fortuna – un generalizzato aumento della cultura della sicurezza, dato dall’obbligatorietà delle pratiche previste prima dal D.Lgs.626/94 e poi dal D.Lgs.81/2008, fanno sì che il trend degli infortuni registrato tenda a scendere.
Ecco allora alcune parole chiave che dovrebbero essere a guida di tutti coloro che siano coinvolti a qualsiasi titolo in processi produttivi che richiedano l’impiego di attrezzature –fisse o portatili – in grado di produrre lesioni gravi e gravissime nel momento in cui venissero adoperate “dimenticando” le regole della sicurezza.
Monotonia: la monotonia nell’uso di una attrezzatura pericolosa è uno degli elementi centrali che fanno derivare una potenzialità di infortunio. La confidenza che si sviluppa fra il lavoratore e l’attrezzo che sta utilizzando fa sì che sia il lavoratore stesso a sottovalutare il pericolo che sta correndo e a generare comportamenti incauti e potenzialmente nocivi.
In tutte le organizzazioni in cui la ripetitività e la monotonia delle mansioni sono delle costanti, la prima regola da seguire – se possibile – è data dalla rotazione delle mansioni; se si stanno eseguendo lavorazioni a cascata successiva, lo spostamento del lavoratore dall’utilizzo di un dato attrezzo ad un altro costituirà uno dei motivi con cui si riuscirà a ridurre l’effetto “confidenza” con l’attrezzatura e a determinare un innalzamento generale dell’attenzione che avrà effetti positivi anche sul versante della sicurezza.
Che si possa o meno attivare un sistema di rotazione delle mansioni, anzi, tanto più necessaria se non si potrà far ruotare il personale, la formazione continua ad essere lo strumento principe per risvegliare la soglia dell’attenzione e generare riflessioni che innalzino da parte del lavoratore la propria soglia di sicurezza. Starà al formatore predisporre gli strumenti più adeguati perché si attivino maggiori livelli di sicurezza. Non è opportuno generalizzare- troppi sarebbero i casi da ricordare – ma certamente la qualità del formatore sarà tanto più alta quanto più sarà riuscito attraverso il tempo concessogli ad innalzare la percezione della sicurezza individuale. Certo l’attività formativa dovrà essere continuativa e costringerà l’RSPP o chi per lui ( datore di lavoro, preposto, dirigente) ad “inventare” modalità formative nuove se avrà questo come concetto di base.
Un piccolo suggerimento organizzativo: prendere a base il tema della sicurezza e farne l’oggetto di partenza di brevi riunioni cadenzate (se già sono previste in azienda come informative sull’attività, coinvolgimento sulla produttività, etc.) si utilizzeranno quegli appuntamenti, altrimenti se ne potranno prevedere di nuovi anche brevissimi; se il primo punto all’ordine del giorno della riunione sarà la sicurezza si registrerà, quali che siano gli argomenti successivi, una maggiore partecipazione ed un maggiore coinvolgimento nella produttività, generando un clima positivo che consentirà almeno il recupero della produttività del tempo dedicato agli incontri.
Solo se il concetto di sicurezza non verrà più visto come qualcosa che si è costretti a fare, ma altresì come qualcosa che si vuole fare, costruendovi intorno la filosofia aziendale, e soltanto se si riuscirà a “costringere” i formatori ad adeguare il proprio intervento alle situazioni “vere” della produzione, realizzando prima dell’intervento formativo una vera e propria analisi dei bisogni si arriveranno a determinare condizioni per cui la formazione non sarà vista come un impedimento alla produttività ma al contrario un incentivo alla stessa. Spesso, durante iniziative formative o di aggiornamento, il formatore si sente dire che dovrebbero essere i datori di lavoro a partecipare alle iniziative formative; è una richiesta condivisibile: non si insisterà mai abbastanza nel diffondere il concetto che tanto più è potenzialmente pericolosa l’attività lavorativa tanto più è necessario avere al centro dei propri valori quello della sicurezza, non per sottovalutare la produttività, ma al contrario per farla crescere di pari passo.
Altro argomento ormai quasi dimenticato è l’addestramento parola che ha finito con l’assumere quasi una valenza negativa nel lessico abituale, venendo associata quasi ovunque al mondo animale. E’ pur vero che in un mondo “ipertecnologizzato” le necessità di possedere conoscenze, abilità e capacità inerenti ad una data mansione sono in qualche modo venute meno come concetto generale, ma il termine addestramento, riferito all’utilizzo di macchine utensili potenzialmente lesive continua a restare centrale e ineludibile.
Ripartendo dal concetto di monotonia, sia che si proceda con la rotazione delle mansioni, sia che essa non sia possibile, l’addestramento, inteso come passaggio efficace di conoscenze della macchina che si sta adoperando, delle abilità e delle capacità necessarie per il suo utilizzo continuano ad essere imprescindibili e tanto maggiori debbono essere tanto più quello stesso utensile può arrecare danni gravissimi.
In definitiva mettere al centro della riflessione la monotonia, attraverso una approfondita analisi dei bisogni, che si trasformi in iniziative di formazione ed di addestramento, costituisce, tanto più saranno intense e ricorrenti tali attività a ridurre la confidenza, elemento a cui contrapporre il rispetto per la propria incolumità.
Massimo Servadio
Psicologo del Lavoro e delle Organizzazioni
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